mercoledì 8 luglio 2009

Enciclica, tutti hanno diritto a un lavoro decente e dignitoso. I migranti non sono merci


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Enciclica, il Papa: i lavoratori immigrati non possono essere considerati come una merce o una mera forza lavoro

IL TESTO INTEGRALE DELL'ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE"

ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE": LO SPECIALE DEL BLOG

Ratzinger ribadisce il «no» allo sfruttamento e al precariato che ostacola i normali percorsi di vita

Tutti hanno diritto a un lavoro decente e dignitoso

VATICANO

No al precariato che, ormai endemico, ostacola i normali percorsi di vita, no alla delocalizzazione che porta allo sfruttamento, no all'abbassamento delle tutele di fronte ad un sindacato indebolito. È un richiamo ai diritti di ogni lavoratore, senza eccezione per quelli immigrati, quello che Benedetto XVI lancia nell'Enciclica «Caritas in Veritate», un'enciclica sociale che invoca per ogni uomo ed ogni donna un lavoro «decente», in grado di garantire la dignità e il rispetto della persona umana.
Decenza, spiega il Papa, «significa un lavoro che, in ogni società, sia l'espressione della dignità: un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa».
E che consenta a ciascuno di trovare quel minimo di stabilità necessaria allo sviluppo naturale della vita nelle sue varie fasi, dalla giovinezza alla maturità. Se la mobilità, «è stata un fenomeno importante, non privo di aspetti positivi», riconosce il Papa, la sua trasformazione in precariato «endemico» rischia di gettare la persona in un deleterio «degrado umano». «Quando l'incertezza circa le condizioni di lavoro, in conseguenza dei processi di mobilità e di deregolamentazione, diviene endemica, si creano forme di instabilità psicologica, di difficoltà a costruire propri percorsi coerenti nell'esistenza, compreso anche quello verso il matrimonio. Conseguenza di ciò – avverte – è il formarsi di situazioni di degrado umano, oltre che di spreco sociale».
Il Papa richiama quindi i governi a porre le persone al centro della loro attenzione, soprattutto in questa fase di riscrittura delle regole dopo la tempesta della crisi economica. «Rispetto a quanto accadeva nella società industriale del passato, oggi la disoccupazione provoca aspetti nuovi di irrilevanza economica e l'attuale crisi può solo peggiorare tale situazione. L'estromissione dal lavoro per lungo tempo, oppure la dipendenza prolungata dall'assistenza pubblica o privata, minano la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano psicologico e spirituale. Desidererei ricordare a tutti, soprattutto ai governanti impegnati a dare un profilo rinnovato agli assetti economici e sociali del mondo – esorta il pontefice - che il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l'uomo».
Ma non è solo a capi di Stato e di governo che il Papa si rivolge. Nel suo lungo excursus sul mondo del lavoro, Benedetto XVI non trascura il ruolo dei sindacati, di cui riscontra un «indebolimento», e a cui viene invece richiesto un nuovo sforzo di riconoscimento e tutela dei più deboli. «Il contesto globale in cui si svolge il lavoro – afferma il Pontefice – richiede anche che le organizzazioni sindacali nazionali, prevalentemente chiuse nella difesa degli interessi dei propri iscritti, volgano lo sguardo anche verso i non iscritti e, in particolare, verso i lavoratori dei Paesi in via di sviluppo, dove i diritti sociali vengono spesso violati».
Papa Ratzinger ribadisce quindi la necessità di separare il ruolo del sindacato dalla politica per far sì che le organizzazioni sindacali possano concentrarsi sui «lavoratori sfruttati e non rappresentati».

© Copyright Gazzetta del sud, 8 luglio 2009 consultabile online anche qui.

Gli extracomunitari recano un contributo significativo allo sviluppo economico del Paese

Confermate le critiche al ddl sicurezza: i migranti non sono merci

VATICANO

I migranti non sono merce e hanno pieni diritti che vanno rispettati da tutti. Non c'è solo la crisi economica nella nuova enciclica sociale di Benedetto XVI.
Ampio spazio il papa dedica anche al tema dell'immigrazione, con parole che hanno dato nuova linfa alle critiche più volte espresse dalla Cei sul pacchetto sicurezza e ribadite dai vescovi lombardi.
«Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione», scrive Ratzinger nella sua «Caritas in Veritate», sgombrando il campo da ogni equivoco. Di fronte al fenomeno epocale delle migrazioni, afferma il pontefice, «nessun Paese da solo può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori» mentre, aggiunge, «tutti siamo testimoni del carico di sofferenza, di disagio e di aspirazioni che accompagna i flussi migratori». Benedetto XVI compie un'analisi di ampio respiro sulla migrazione e ammette che «il fenomeno è di gestione complessa». È "accertato» però, afferma Ratzinger, che i lavoratori stranieri, «nonostante le difficoltà connesse con la loro integrazione, recano un contributo significativo allo sviluppo economico del paese ospite con il loro lavoro, oltre che a quello del paese d'origine grazie alle rimesse finanziarie».
Gli immigrati non vanno quindi «considerati come una merce o una mera forza lavoro» e non devono essere trattati, ammonisce il Papa, «come qualsiasi altro fattore di produzione». Benedetto XVI vede i migranti come una risorsa.
Raccoglie così l'immediata reazione dei vescovi lombardi che, nell'esprimere apprezzamento per il testo papale, si affrettano a firmare tutti e dieci una nota in cui chiedono «al legislatore» di realizzare «procedure praticabili, sensate ed efficienti per la regolarizzazione degli stranieri che si trovano da tempo nella nostra regione ma solo formalmente irregolari». Insomma di dare il via libera a quella sanatoria proposta dal sottosegretario alla Famiglia Carlo Giovanardi, auspicata ieri anche da Avvenire. Un provvedimento da adottare in nome «della convenienza», «ma non senza una certa vergogna» per il carattere «discriminante» di «una corsia preferenziale di regolarizzazione per badanti e baby sitter» – afferma il quotidiano dei vescovi.
Una richiesta alla quale il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha replicato ieri stesso con un secco no.
Un plauso al richiamo dei diritti degli immigrati lanciato da Ratzinger arriva anche da Amnesty International. Le parole del papa hanno «un'importanza straordinaria», afferma il portavoce della sezione italiana, Riccardo Noury, «in un momento in cui i migranti sono spesso visti come un problema». Apprezza il messaggio di Benedetto XVI anche l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).
«Il richiamo ai diritti inalienabili dei migranti – afferma Unhcr Italia in una nota – riveste estrema importanza in un periodo nel quale le politiche di contrasto all'immigrazione irregolare rischiano di non tenere in debito conto i diritti umani dell'individuo e in particolare dei rifugiati, persone in fuga da guerre e persecuzioni».
Anche se «non è opportuno schierare il Papa», le sue parole nell'enciclica «Caritas in Veritate» riguardo agli immigrati «vanno in direzione opposta a quella del ddl sicurezza approvato in questi giorni».
È il commento di Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell'Arci.
Secondo Miraglia Benedetto XVI «ha voluto parlare a chi nega l'umanità dei migranti, e quindi in primo luogo agli esponenti della Lega che dicono che gli stranieri sono buoni solo per lavorare e poi un calcio e via; ma anche alla maggioranza e al Governo, che condividono questo approccio».
«Ora – continua – il Governo non potrà dire che il Papa non rappresenta la Chiesa cattolica così come ha fatto con monsignor Marchetto». «In fondo – aggiunge – il pontefice ha solo detto ciò che è scritto nella Costituzione e nelle Convenzioni internazionali».

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