lunedì 16 marzo 2009

Il viaggio in Africa sotto la protezione di San Giuseppe (Zavattaro)


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Il viaggio in Africa sotto la protezione di San Giuseppe

Fabio Zavattaro

Dalla cima della collina, si vede tutta la capitale, Yaoundé. La chiesa dello Spirito Santo è la prima edificata in Cameroun, nel 1906.
Una costruzione che richiama molto lo stile delle chiese in Germania: furono i primi europei venuti qui negli anni della presenza tedesca, durata praticamente fino alla prima guerra mondiale, a costruirla. La natura africana, il verde delle piante il rosso della sua terra, ci accompagna mentre saliamo verso la chiesa. Incrociamo volti soprattutto giovani; uomini che indossano, alcuni, abiti tradizionali e donne fasciate in tessuti dai vivaci colori, tipici di questa terra. È un giorno particolare, per la chiesa dello Spirito Santo. A celebrare è il vescovo di Yaoundé, proprio nell’ora in cui, in San Pietro, papa Benedetto XVI, all’Angelus, parla del suo imminente viaggio in Africa: Cameroun e Angola le tappe. Monsignor Simon-Victor Tonyé Bakot, nell’omelia, ricorda l’imminente visita e parla di una chiesa aperta al dialogo, capace di scoprire nei tradizionali valori della cultura africana i segni di una presenza evangelica.
Perché l’inculturazione non è solo una capacità di trovare ritmi e parole africane per dire il Vangelo.
L’inculturazione è uno dei grandi temi della seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi, che si svolgerà in Vaticano in ottobre, e che il Papa aprirà, in un certo senso, proprio qui a Yaoundé consegnando ai vescovi del continente lo Strumento di lavoro del Sinodo. Poi la seconda tappa del viaggio, Luanda, Angola: “Un Paese – dice il Papa all’Angelus – che, dopo la lunga guerra interna, ha ritrovato la pace ed ora è chiamato a ricostruirsi nella giustizia”.
Interessanti le coincidenze di questo viaggio: proprio qui a Yaoundé, Giovanni Paolo II firmò l’esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Africa”, a conclusione dei lavori del primo Sinodo dei vescovi dedicato al continente, settembre 1995, dieci anni dopo la sua prima visita nel Paese. Ancora, questo 2009 per papa Benedetto sarà segnato proprio dall’Africa: il primo viaggio dell’anno è nel continente; l’ultimo, come dire, virtuale, ancora in Africa, con i vescovi riuniti in Vaticano per quasi un mese per il Sinodo. Una visita, sottolinea il Papa all’Angelus, nella quale abbracciare “idealmente l’intero continente africano: le sue mille differenze e la sua profonda anima religiosa; le sue antiche culture e il suo faticoso cammino di sviluppo e di riconciliazione; i suoi gravi problemi, le sue dolorose ferite e le sue enormi potenzialità e speranze. Intendo confermare nella fede i cattolici, incoraggiare i cristiani nell’impegno ecumenico, recare a tutti l’annuncio di pace affidato alla Chiesa dal Signore risorto”.
Una terra, l’Africa, che trova menzione solo a causa della fame, delle malattie, della guerra e delle povertà, e mai per la sua bellezza, per la sua cultura, per quella mentalità semplice e pulita del suo popolo, per quei valori tradizionali che spesso sono schiacciati da ideologie e politiche più attente agli interessi di pochi. È a quest’Africa pulita che si rivolge, nel suo viaggio, il Papa. Dice: “Parto per l’Africa con la consapevolezza di non avere altro da proporre e donare a quanti incontrerò se non Cristo e la Buona Novella della sua Croce, mistero di amore supremo, di amore divino che vince ogni umana resistenza e rende possibile persino il perdono e l’amore per i nemici. Questa è la grazia del Vangelo capace di trasformare il mondo; questa è la grazia che può rinnovare anche l’Africa, perché genera una irresistibile forza di pace e di riconciliazione profonda e radicale. La Chiesa non persegue dunque obbiettivi economici, sociali e politici; la Chiesa annuncia Cristo, certa che il Vangelo può toccare i cuori di tutti e trasformarli, rinnovando in tal modo dal di dentro le persona e le società”.
Temi, la pace, la riconciliazione, che troveranno quasi certamente spazio nelle parole che il Papa pronuncerà in Angola, in occasione dell’incontro con il corpo diplomatico, quasi messaggio al nord ricco del mondo e al sud che cerca il suo futuro. “Non lasciate che le differenze e le distanze fra di voi si cristallizzino in muri che possano dividervi”, diceva papa Wojtyla ai vescovi riuniti a Yaoundé. Parole che ancor più possono essere dirette a coloro che rappresentano popoli e nazioni e che devono guardare proprio allo sviluppo nella solidarietà. Tanti sono i mali che affliggono l’Africa. Questo perché ci sono ancora molte, troppe guerre nel continente, molte dimenticate, nascoste. Guerre che spesso sono alimentate da interessi economici esterni ai Paesi e al continente. La pace non può essere costruita se c’è sfruttamento dell’uomo sull’uomo, se si costruisce il futuro dei popoli nella violenza, nella corruzione.
Pensate, nell’elenco Onu dei Paesi più corrotti del mondo, nel 2007, il Cameroun appariva al primo posto, e i vescovi hanno più volte espresso la loro preoccupazione sottolineando le appropriazioni indebite, i favoritismi, lo spreco delle risorse pubbliche: “La vita cristiana non riflette la fede in Cristo principe della giustizia e della verità”.
Il Sinodo africano avrà successo e sarà un’occasione favorevole alla crescita del continente nella misura in cui la Chiesa, i laici sapranno trovare la forza per proporre un loro modo di essere testimoni credibili e artefici dei cambiamenti: “Si tratta di far penetrare il Vangelo nel più profondo delle culture e delle tradizioni del vostro popolo – diceva papa Benedetto proprio ai vescovi camerunensi nel marzo del 2006 – caratterizzate dalla ricchezza dei loro valori umani, spirituali e morali, senza smettere di purificare tali culture, attraverso una necessaria conversione di ciò che in esse si oppone alla pienezza di verità e di vita che si manifesta in Gesù Cristo”.
Il viaggio di Benedetto XVI diventa così sospiro di speranza, passo che invita a costruire un futuro nuovo dove la promozione umana sia coniugata con l’evangelizzazione, lo sviluppo con la fine dei colonialismi. Viaggio ancora, che il Papa pone sotto la protezione di San Giuseppe, il 19 marzo lo festeggerà a Yaoundé, insieme a tutte le popolazioni dell’Africa “con le sfide che le segnano e le speranze che le animano”. In particolare il Papa pensa “alle vittime della fame, delle malattie, delle ingiustizie, dei conflitti fratricidi e di ogni forma di violenza che purtroppo continua a colpire adulti e bambini, senza risparmiare missionari, sacerdoti, religiosi, religiose e volontari”.

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