lunedì 16 marzo 2009
Il Papa da martedì in Africa: «Stop a guerre e ingiustizie» (Bobbio)
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Il Papa da martedì in Africa
«Stop a guerre e ingiustizie»
Dal Camerun all'Angola per sette giorni, nel pieno della crisi economica
Corruzione, ricchezza per pochi, ruolo della donna, colonizzazione cinese
Alberto Bobbio
Città del Vaticano
Lo aveva annunciato all'inizio di gennaio al Corpo Diplomatico, accreditato presso la Santa Sede, il viaggio in Africa che comincia martedì. Benedetto XVI auspicava che i cattolici del continente vivessero in Vangelo «costruendo la pace e lottando contro la povertà spirituale e materiale». E poi aveva aggiunto: «Chiedo a coloro che hanno responsabilità politiche, a livello nazionale e internazionale, di prendere tutte le misure necessarie per risolvere i conflitti in corso e porre fine alle ingiustizie che li hanno provocati».
Joseph Ratzinger, dunque, arriva nel continente più povero del mondo nel pieno della crisi economica mondiale. E per sette giorni si avrà l'impressione che almeno c'è un uomo al mondo disposto a diventare l'avvocato dell'Africa: Benedetto XVI. Arriva a Yaoundé, capitale del Camerun, cuore dell'Africa, sede di una prestigiosa università cattolica, dove è stata elaborata buona parte della teologia dell'uomo africano, intrecciata di riconciliazione, giustizia e pace. E poi vola a Luanda, capitale dell'Angola, Paese poverissimo che cresce tuttavia a ritmi vertiginosi, con un prodotto interno lordo che ha cifre positive a due zeri, ma dove la ricchezza finisce nelle mani di pochi, e dove sta andando in scena la nuova colonizzazione cinese del continente.
Il Pontefice va soprattutto per consegnare ai vescovi africani il documento che prepara il prossimo Sinodo speciale per l'Africa che si svolgerà in Vaticano ad ottobre. Il tema è impegnativo, «La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace», cioè un'analisi sulla missione integrale della Chiesa africana. Parlerà ai vescovi, ai giovani e a Luanda dedicherà il pomeriggio di domenica prossima ai movimenti cattolici che si impegnano nella promozione della donna. È la donna in Africa che soffre di più, ma è sulle donne che punta la Chiesa cattolica africana. La missione di Benedetto XVI serve per portare speranza e parlare chiaro, perché l'Africa è il «continente più bisognoso». Lo aveva detto all'Onu l'anno scorso, osservando che rimane perfino «ai margini della globalizzazione».
La scelta di Camerun e Angola diventa in qualche modo simbolica. Il Camerun è il cuore dell'Africa, dove già Giovanni Paolo II era andato nel 1995 a consegnare ai vescovi del continente l'Esortazione, quella volta post-sinodale, della prima assemblea speciale per l'Africa. Ma è anche tra i Paesi più corrotti del pianeta e tra quelli dove la rapina delle materie prime, soprattutto legname pregiato, intreccia interessi poco virtuosi delle grandi multinazionali e dei governanti locali. L'Angola esce da una spaventosa guerra civile, durata 27 anni e da un difficile processo di pace. Ma l'Angola è anche il simbolo della nuova colonizzazione cinese del continente africano e di una globalizzazione che arricchisce una parte piccolissima della popolazione e affama sempre di più milioni di persone.
Rileva Silvestre Ndoumou, direttore dell'«Effort Camerounais», il giornale della Conferenza episcopale del Camerun: «Cattolici, protestanti e anche musulmani ritengono che il viaggio del Papa porti speranza sia sul piano spirituale, che su quello sociale. In Camerun bisogna stimolare lo spirito evangelico per lavorare per lo sviluppo e per lottare con determinazione contro la corruzione, che provoca miseria e povertà in un Paese potenzialmente ricco». Il vescovo di Maroua, monsignor Stevens, ha chiesto: «Dove sono i quadri cristiani? Sono proprio questi, purtroppo, che si ritrovano nelle appropriazioni illecite dei fondi pubblici e hanno grandi responsabilità nella catena della corruzione». Ecco perché il Papa solleciterà i cattolici a fare i conti per primi con il Vangelo. In Angola la Chiesa ha più volte denunciato le questioni aperte. E non sempre i rapporti con lo Stato sono stati facili. Il presidente Dos Santos è un marxista convertito al turbocapitalismo. Nei mesi scorsi il governo ha chiuso molte stazioni di Radio Ecclesia, la radio nazionale cattolica, che ora può trasmettere solo nella capitale. Ma la Chiesa non sta zitta e si impegna nella riconciliazione nazionale, in un luogo in cui la ricostruzione si chiama colonizzazione e la corruzione prende il nome di sviluppo.
© Copyright Eco di Bergamo, 15 marzo 2009
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