domenica 16 novembre 2008

La Chiesa: la nostra voce inascoltata ma basta parlare di assassinio (Politi)


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La Chiesa: la nostra voce inascoltata ma basta parlare di assassinio

MARCO POLITI

CITTà DEL VATICANO

La Cei e il Vaticano scelgono la via della prudenza. Al di là delle dichiarazioni battagliere rilasciate da singoli prelati, i vertici della Chiesa hanno deciso di non lanciarsi in una crociata sulla vicenda Englaro, ma di ribadire le proprie posizioni con un tono fatto per non esacerbare gli animi. «Affettuosa partecipazione alla vicenda drammatica di Eluana, di suo padre e dei suoi familiari», sono le prime parole di un commento che il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, affida al Tg1. Poi, naturalmente, c' è il fermo ripudio di questo «primo passo verso l' eutanasia». Però la preoccupazione prevalente sembra essere quella di attestarsi su un piano pastorale e di non scivolare in una polemica sfrenata. E meno che mai di cadere nella trappola di atteggiamenti rozzi e violenti come il comunicato di Scienza e Vita che chiede di «registrare in video» la morte di Eluana, a perenne memoria di chi ha voluto la sua «condanna a morte». O come l' editoriale di Avvenire di giovedì, in cui venivano aggrediti i giudici della Cassazione, sospettati di pronunciare la «prima condanna a morte dell' Italia repubblicana». Pesa nell' atteggiamento della gerarchia ecclesiastica la consapevolezza che larga parte dell' opinione pubblica è istintivamente vicina a Beppino Englaro e si indigna se lo chiamano «assassino». Scrive la storica Lucetta Scaraffia sulla prima pagina dell' Osservatore Romano che i mass media hanno dato correttamente spazio alle prese di posizione cattoliche, eppure «questa volta sembra che la voce del pensiero cattolico sia stata poco ascoltata». Come se le ragioni portate in campo (e contro la sentenza dei giudici di Milano, che autorizzano il padre a dare pace al corpo mantenuto artificialmente in vita) «non fossero abbastanza convincenti». La conclusione non è una chiamata alle armi, ma l' appello affinché i cattolici sappiano «pensare e lavorare per diffondere i nostri principi e calarli ogni volta nelle nuove questioni che il progresso scientifico crea». D' altronde il patriarca di Venezia Scola, sposando in pieno le dichiarazioni della Cei (no all' eutanasia, no all' interruzione di idratazione e alimentazione), tiene espressamente a sottolineare di non voler usare termini come «omicidio o sentenza di morte» sia per rispetto verso le sofferenze dei familiari sia perché un suo amico è in stato vegetativo permanente da un anno e mezzo: «Ho in mente lo sguardo del mio amico Gianni - confessa il patriarca - ed è difficile dire che uno così non vive, anche se certamente vive in un modo assai misterioso». Sintomatica è anche la posizione del cardinale Tettamanzi. Ha scritto una lettera alle suore, che tengono in cura Eluana, e ne loda la dedizione come veri segno di spirito cristiano. Tettamanzi spera in un ripensamento di Beppino Englaro, ma al tempo stesso lancia una frecciata contro le «facili e continue dichiarazioni di principio» a favore della vita. C' è un secondo motivo nella linea prudente della Cei. La legge sul "fine vita" - come la chiamano in Vaticano - ha bisogno di un clima disteso per arrivare in porto. «Serve una legge», afferma il cardinale Bagnasco, ma ha già posto tre paletti: volontà certa del paziente, ruolo del medico, esclusione dell' idratazione e dell' alimentazione dal novero delle terapie.

© Copyright Repubblica, 15 novembre 2008 consultabile online anche qui.

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