sabato 15 novembre 2008

Card. Bagnasco: «Eluana non è già morta, né vive in una condizione grigia tra la vita e la morte» (Accattoli)


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«Non è già morta, né vive in una condizione grigia tra la vita e la morte. E' viva». «Ho assistito per anni mia mamma»

Luigi Accattoli

ROMA — «Eluana è ancora viva» e la vita «non è mai a disposizione», afferma il cardinale Angelo Bagnasco presidente dei vescovi italiani che in questa intervista segnala due urgenze: quella cristiana della preghiera «affinché la speranza prevalga anche in questa ora difficile» e quella civile di una legge che affermi e difenda il «valore indisponibile della vita».
Perché intaccare quel principio equivarrebbe ad «avvelenare» la «convivenza sociale» e ad avviarsi verso «una società disumana». Il cardinale nega che vi sia stato uno scontro tra la Chiesa e la famiglia Englaro: «Non c'è stato nessuno scontro, semmai una vicinanza sincera al dolore della famiglia di Eluana, così duramente provata. Le Suore della Clinica Talamoni che l'hanno accolta amorevolmente da anni sono un segno di questa prossimità. Proprio in queste ore le Suore hanno riaffermato la loro disponibilità a "continuare a servire oggi e in futuro Eluana". Aggiungendo: "Non chiediamo nulla in cambio, se non il silenzio e la libertà di amare e donarci a chi è debole, piccolo e povero". La loro vicinanza e insieme la loro volontà sono anche le nostre».

Eminenza, in casi come questo la predicazione della Chiesa non rischia di fare violenza alle persone coinvolte? Non sarebbe auspicabile una maggiore discrezione?

«Discrezione non vuol dire indifferenza. Eluana, così come le migliaia di persone che vivono nella sua stessa situazione ci interpellano da vicino e sono un invito alla solidarietà materiale e spirituale, a causa dei difficili percorsi che sono riservati alle famiglie coinvolte. Anche a me è capitato — sia pure in un contesto clinico diverso — di assistere per anni la mia mamma immobilizzata e non più autosufficiente: so cosa vuol dire. E tuttavia Eluana non è già morta, né vive in una condizione grigia tra la vita e la morte. E' ancora viva e la vita non è mai a disposizione. Di nessuno. Credo dunque che in questo momento sia importante pregare, anzi — come hanno chiesto le Suore — "invocare il Signore Gesù affinché la speranza prevalga anche in questa ora difficile, in cui sperare sembra impossibile"».

Che dice del ruolo che hanno avuto nella vicenda i medici, i magistrati e i politici?

«Non spetta a me giudicare alcuno. Osservo però che impercettibilmente si va estendendo un po' ovunque una mentalità relativista, che si presenta all'apparenza sotto le sembianze del buon senso e perfino dell'umano, ma che in realtà erode il principio base della convivenza che è l'indisponibilità della vita. Se ciò accade non è intaccata una questione religiosa o una tradizione morale, ma è avvelenata l'aria stessa che respiriamo. E dunque diventa difficile non solo la fiducia reciproca, ma fatalmente la stessa convivenza sociale».

La legge sul «fine vita» da lei auspicata in settembre è ancora attuale?

«Coloro che oggi ritengono superata una legge sulla fine della vita sono gli stessi che fino a poco tempo fa la invocavano a gran voce, nonostante non ce ne fosse bisogno. Oggi, al contrario, alla luce di ciò che sta accadendo dal luglio scorso, si impone una determinazione legislativa. Per decidere su questa delicatissima frontiera dell'esistenza è necessario che la parola passi ora a quelli che sono stati eletti dal popolo e che hanno la responsabilità di promuovere una convivenza sempre più degna dell'uomo, di tutti e di ciascuno. Sapendo per esperienza che alla base di una società veramente umana non vi può essere altro che il valore indisponibile della vita, anche e soprattutto nelle sue forme più deboli. Specialmente queste richiedono da parte della società intera particolare cura, difesa e accompagnamento, ricco di professionalità ma anche di affetto. Ecco perché se si affermasse una concezione dell'esistenza che dipenda esclusivamente dalla sua efficienza andremmo verso una società disumana».

Cosa dovrebbe prevedere la legge?

«Al di là dei lati tecnici che non competono alla Chiesa, riaffermo l'assoluta certezza di eventuali dichiarazioni sul fine vita da parte del paziente, la responsabilità del medico in rapporto con il malato e la chiara distinzione tra le terapie e le funzioni vitali, come sono la nutrizione e l'idratazione, funzioni queste normali di ogni essere umano».

© Copyright Corriere della sera, 15 novembre 2008 consultabile online anche qui.

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