domenica 26 aprile 2009
L’elogio di Papa Ratzinger alla «coscienza dell’uomo» (Calabrò)
Vedi anche:
DISCORSI, TESTI, INTERVISTE E OMELIE DEL TEOLOGO E DEL CARDINALE JOSEPH RATZINGER
Cardinale Ratzinger: il Papa non impone dall'esterno ma sviluppa la memoria cristiana e la difende (da "Il Sabato", 16 marzo 1991)
Benedetto XVI, "Elogio della coscienza. La verità interroga il cuore", Cantagalli 2009
Joseph Ratzinger: «La libertà di coscienza conta più del Papa» (Tornielli)
Elogio della coscienza: raccolti in un libro gli interventi del cardinale Joseph Ratzinger sulla verità interiore (Radio Vaticana)
J. Ratzinger: Bisogna rifuggire dalla falsa concezione della coscienza soggettiva altrimenti si giustificano le SS (Izzo)
Su segnalazione di Scenron leggiamo:
Il volume Lezioni, conferenze, incontri: un’analisi del papato
I maestri Il pensiero di Platone e Agostino, fino a John H. Newman
L’elogio di Ratzinger alla «coscienza dell’uomo»
Etica, difesa della vita, libertà: una raccolta di saggi
dal nostro inviato
MARIA ANTONIETTA CALABRÒ
Sorprendente Ratzinger.
Dignità della persona umana, aborto, eutanasia, leggi dello Stato, interventi del magistero della Chiesa: Benedetto XVI spariglia giochi e luoghi comuni.
E scrive L’Elogio della coscienza perché «la Verità interroga il cuore».
Il teologo, il cardinale, il Guardiano della Fede, il Papa che più di ogni altro combatte— da oltre mezzo secolo — quella che lui stesso definisce «la dittatura del relativismo» come vera malattia mortale del mondo contemporaneo, nel suo ultimo libro indica un nuovo punto di prospettiva.
Andando dritto verso la trincea estrema, quella più fortificata e che sulla carta appare addirittura inespugnabile, di tutti i relativisti. E cioè la coscienza di ciascuno e la sua libertà.
Centosettantacinque pagine.
Sul tappeto i temi della vita e della morte, della procreazione, della pietà verso i piccoli bambini non nati e verso i malati terminali.
Testi preparati in dieci anni da Ratzinger, tra il 1991 e il 2000, per lezioni universitarie, conferenze, incontri in Italia e all’estero. Ma che, pubblicati oggi, a quattro anni dall’elezione al pontificato, con un lavoro di revisione e collazione tra le varie parti che ha comportato un impegno di due anni ed è continuato fino a un mese fa, costituiscono un discorso organico e un compiuto progetto tematico.
E assumono il grande valore di spiegare cosa sia per lui fare il Papa quando parla dei temi eticamente sensibili o quando interviene su materie che magari si stanno dibattendo nelle aule parlamentari. Benedetto XVI parla della coscienza di ciascuno e parla insieme del ministero del successore di Pietro.
E sulla scia dell’insegnamento del grande convertito inglese dell’Ottocento, il cardinale John Henry Newman, «brinda prima alla coscienza che al Papa».
Un paradosso, se si vuole, per un Pontefice.
Ma solo a un’analisi superficiale.
Perché è lì, nel cuore di ciascun uomo — che secondo la definizione di Sant’Agostino è «capax Dei», capace di Dio, e quindi strutturalmente in grado di conoscere e aderire alla Verità — che si fonda la stessa missione del Papa, tanto più «nell’attuale crisi della Chiesa». Ratzinger si affida al concetto di anàmnesis elaborato da Platone: la coscienza come ricordo o meglio come il riemergere di ciò che già esiste da sempre nella nostra interiorità, cioè quelle verità assolute, prime, il cui affermarsi ci permetterà di essere integralmente uomini. Scrive Benedetto XVI: «Il significato autentico dell’autorità dottrinale del Papa consiste nel fatto che egli è il garante della memoria cristiana. Il Papa non impone dall’esterno, ma sviluppa la memoria cristiana e la difende. Per questo il brindisi per la coscienza deve precedere quello per il Papa, perché senza coscienza non ci sarebbe nessun papato.
Tutto il potere che egli ha è potere della coscienza: servizio al duplice ricordo, su cui si basa la fede e che dev’essere continuamente purificata, ampliata e difesa contro le forme di distruzione della memoria, la quale è minacciata tanto da una soggettività dimentica del proprio fondamento, quanto dalle pressioni di un conformismo sociale e culturale».
Questo servizio alla coscienza è propriamente maieutico (usa questo termine).
Si fa carico del nostro ricordo, affinché non siamo dimentichi di noi stessi, della nostra origine e del nostro destino. Tanto che la coscienza viene paragonata a «un organo». Come la capacità di parlare che è innata, ma cresce e si sviluppa soltanto se qualcun altro parla al bambino, così la coscienza ha bisogno di qualcuno esterno a sé che la susciti e la renda forte e salda. Allo stesso tempo — spiega Ratzinger — «capax Dei» vuol dire anche che l’uomo è «sacro » e «sotto la protezione personale di Dio», per questo intangibile. È questo il nesso stretto che esiste tra verità, coscienza e dignità umana, un nesso senza il quale l’uomo e la stessa convivenza civile, secondo Ratzinger, si autodistruggono grazie al prevalere della «grande deriva attuale in materia di diritto alla vita» che attacca proprio quei diritti umani che pure ormai sono universalmente riconosciuti. «Così per una dialettica intrinseca alla modernità, dall’affermazione dei diritti della libertà, sganciati però da ogni riferimento oggettivo in una verità comune, si passa alla distruzione dei fondamenti stessi di tale libertà.
Il 'despota illuminato' dei teorici del contratto sociale è divenuto lo Stato tiranno, di fatto totalitario, che dispone della vita dei più deboli, dal bambino non ancora nato al vecchio, in nome di una utilità pubblica che non è più in realtà che l’interesse di alcuni».
Affermazioni che non hanno solo conseguenze nella sfera morale del singolo individuo, ma anche in quella sociale e politica «dal momento in cui Stati e perfino organizzazioni internazionali si fanno garanti dell’aborto o dell’eutanasia, votano leggi che le autorizzano e pongono i mezzi a loro disposizione al servizio di coloro che li eseguono».
A proposito della contrapposizione tra potere e verità, e del reciproco ruolo della Chiesa e dello Stato, Ratzinger esamina l’analisi elaborata da Kelsen in relazione alla domanda — Che cos’è la verità? — che Ponzio Pilato pose a Gesù Cristo al momento della condanna. Era stato il popolo a scegliere Barabba e secondo Kelsen Pilato aveva agito da perfetto democratico, poiché il rappresentante del potere non sa che cosa è giusto e lascia quindi che sia la maggioranza a decidere. Ratzinger invece sottolinea il rischio totalitario di una simile impostazione e la necessità di salvaguardare quello che definisce il nucleo della democrazia. A riprova, cita quanto Heinrich Schielier ha scritto proprio negli anni dell’ascesa al potere del nazismo in Germania. Insomma, Ratzinger invita a non lasciare «il cielo ai passerotti», secondo la parafrasi del motto brechtiano. «La speranza nei cieli non è nemica della fedeltà alla terra», reclamata da Nietzsche, ma «è speranza anche per la terra». Anche se la Chiesa «sa che essa sulla terra non può di per sé divenire 'Stato'... e che non le è dato di istituire sulla terra lo 'Stato di Dio'». Ma proprio rimanendo «fuori», «nel contempo, essa pone una barriera all’onnipotenza dello Stato: poiché 'bisogna ubbidire piuttosto a Dio che agli uomini' ».
Per questo a Socrate e John Henry Newman, come «guide della coscienza», Benedetto XVI affianca Tommaso Moro, il Lord Cancelliere di Enrico VIII, che sacrificò la vita per rendere testimonianza alla verità piuttosto che al potere.
© Copyright Corriere della sera, 26 aprile 2009 consultabile online anche qui.
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2 commenti:
Bello.
Bello.
Bello.
Antonio
Ottimo, vien voglia di leggere il libro. Luca
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