domenica 26 aprile 2009
Discorso del card. Ratzinger a Gerusalemme nel 1994: "Quelle parole che spiazzarono Cattolici e rabbini" (Bernardelli)
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IL TESTO
Quelle parole che spiazzarono cattolici e rabbini
di Giorgio Bernardelli
C’è molta attesa per il viaggio che Benedetto XVI – dall’8 al 15 maggio – compirà in Terra Santa.
E uno degli elementi che dominano questa vigilia sono le domande sugli incontri che il Papa a Gerusalemme avrà con gli ebrei.
Ci si chiede se – dopo gli episodi che ultimamente hanno segnato momenti di difficoltà nel rapporto tra la Chiesa cattolica e il mondo ebraico – l’incontro a Gerusalemme potrà avere lo stesso calore che segnò quello con Giovanni Paolo II nel 2000.
Per andare oltre certi timori può essere, dunque, interessante rileggere questo discorso che lo stesso Joseph Ratzinger pronunciò proprio a Gerusalemme nel febbraio 1994.
L’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede era stato invitato a un incontro sul dialogo organizzato dal rabbino David Rosen, un altro grande protagonista nel cammino di comprensione reciproca tra ebrei e cristiani. In quella sede il cardinale Ratzinger parlò del rapporto tra la Chiesa e Israele alla luce del Catechismo della Chiesa cattolica, con parole che sono poi diventate il primo dei quattro saggi raccolti nel libro Molte religioni un’unica Alleanza (pubblicato in Germania nel 1998 e riedito in Italia dalle Edizioni San Paolo nel 2005, all’indomani dell’elezione di Benedetto XVI).
Quelli che riportiamo qui a fianco sono ampi stralci del discorso tenuto a Gerusalemme, dove Ratzinger affronta il tema della fedeltà di Gesù alla Legge (la Torah).
Rileggendolo oggi si capisce fino a che punto da teologo l’attuale Pontefice si fosse spinto avanti nella riflessione sul tema dell’unità tra i due Testamenti. Ratzinger, ad esempio, inquadra in una prospettiva del tutto nuova la polemica con i farisei. Ricorda l’intima connessione tra il comandamento dell’amore e lo Shemà Isra’el.
E – citando il Catechismo della Chiesa cattolica – invita a guardare alla morte di Gesù a partire dai segni del Giorno dell’Espiazione (cioè la festa ebraica dello Yom Kippur).
Questo discorso sorprese gli stessi organizzatori del convegno.
«Solo più tardi – scrive Ratzinger in una nota esplicativa pubblicata sul libro – compresi che l’incontro non era propriamente dedicato al dialogo religioso tra cristiani ed ebrei, ma doveva trattare la questione di come esercitare una guida religiosa in un mondo secolarizzato. Dal momento però che la questione dei fondamenti non poteva essere messa del tutto da parte, parve sensato che io mi attenessi alla mia traccia originaria». Che non fosse un’attenzione isolata il teologo Ratzinger l’avrebbe poi confermato nella prefazione scritta nel 2001 al documento Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana, un’altra pietra miliare del dialogo ebraico-cristiano. Fino alle parole pronunciate nel 2005, una volta diventato Papa, nella sinagoga di Colonia: «Dobbiamo conoscerci a vicenda molto di più e molto meglio – disse –: solo così sarà possibile giungere a un’interpretazione condivisa di questioni storiche ancora discusse e, soprattutto, fare passi avanti nella valutazione, dal punto di vista teologico, del rapporto tra ebraismo e cristianesimo». L’abbraccio di Gerusalemme sarà certamente un’altra tappa in questo cammino.
© Copyright Avvenire, 26 aprile 2009
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