mercoledì 20 maggio 2009

Il Papa, Obama ed i giornali Usa che sanno mettersi in discussione (Battista)


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IL PAPA, OBAMA E I GIORNALI USA CHE SANNO METTERSI IN DISCUSSIONE

Pierluigi Battista

Il New York Times non è mai stato indulgente con Benedet­to XVI.
In tutte le sue analisi su Israele traspare sempre l’allarme per tutti i se­gni del nuovo antisemitismo che mi­naccia la stessa esistenza dello Stato ebraico. Il viaggio del Papa in Israele aveva suscitato nel giornale dubbi e perplessità, appesantiti dalle tensioni che ultimamente hanno esacerbato i rapporti tra il Vaticano e gli ebrei, a co­minciare dal famigerato «caso William­son».
Registrati i distinguo che hanno accompagnato il discorso papale allo Yad Vashem, avrebbe potuto vantare una primogenitura critica. Non lo ha fatto, e anzi ha argomentato il suo giu­dizio positivo sul viaggio papale, an­che a costo di smentire una sua prece­dente previsione rivelatasi fallace: la prevalenza della lucidità intellettuale sull’ostinazione cieca e sorda a ogni smentita.
Anche la stampa liberal americana, commentando le ultime scelte di Oba­ma, ha privilegiato l’onestà critica sul­l’appartenenza e sul giustificazionismo di chi sceglie una volta per tutte di schierarsi, a prescindere dai fatti che potrebbero turbare certezze e fedeltà.
Non ha gradito la retromarcia della Ca­sa Bianca sulla sorte dei tribunali mili­tari, né quella, di analoga portata sim­bolica, sui tempi di chiusura di Guanta­namo. Non è d’accordo nemmeno sul­la scelta di non rendere pubblico tutto il materiale, comprese le fotografie più raccapriccianti che peraltro stanno fa­cendo il giro dei blog di tutti il mondo, che avrebbe documentato l’uso della tortura nella guerra al terrorismo inter­nazionale. Nessuno ha rinnegato l’en­dorsement pro-Obama. Ma nessuno ha ritenuto che quella scelta avrebbe do­vuto comportare la sordina su ogni va­lutazione critica a proposito delle mos­se del nuovo presidente.
Due prove a favore delle sane abitu­dini del giornalismo americano. Un giornalismo vivace, aggressivo, privo delle ipocrisie che si nascondono die­tro la maschera di un’imperturbabile neutralità. Però un giornalismo che sa rivedere le sue posizioni. Che si fa «as­salire dalla realtà», anche se la realtà può incrinare incrollabili certezze e mettere in discussione le proprie ragio­ni. Due scelte esemplari. Americane, non italiane (purtroppo).

© Copyright Corriere della sera, 19 maggio 2009

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