martedì 19 maggio 2009
Benedetto XVI e il solco tracciato verso la pace (Grana)
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Benedetto XVI e il solco tracciato verso la pace
DI FRANCESCO ANTONIO GRANA
Il Papa inginocchiato in preghiera sulla pietra dove fu deposto il corpo di Gesù.
È l’immagine conclusiva del pellegrinaggio che Benedetto XVI ha compiuto in Terra Santa, dall’8 al 15 maggio, per pregare per il dono della pace in Medio Oriente e in tutto il mondo.
“La tomba vuota - ha affermato il Papa - ci parla di speranza, quella stessa che non ci delude, poiché è dono dello Spirito della vita”. Questo è il messaggio che Ratzinger ha voluto lasciare “sempre di nuovo” ai cristiani che vivono nella martoriata terra di Gesù.
Benedetto XVI ha esortato la Chiesa in Terra Santa a non perdere mai la speranza alla luce del messaggio evangelico, che ci ricorda che la storia non necessariamente si ripete e un futuro di giustizia, di pace, di prosperità e di collaborazione può sorgere per ogni uomo e donna in tutto il mondo.
Nel suo viaggio in Medio Oriente, il Papa si è speso in favore del buon esito dei negoziati di pace fra israeliani e palestinesi, lavorando affinché “ambedue i popoli possano vivere in pace in una patria che sia la loro, all’interno di confini sicuri e internazionalmente riconosciuti”.
A Betlemme ha aperto il suo cuore ai palestinesi. “So quanto avete sofferto - ha detto loro il Papa - e continuate a soffrire a causa delle agitazioni che hanno afflitto questa terra per decine di anni”.
E ha invitato i giovani palestinesi a “non permettere che le perdite di vite e le distruzioni suscitino amarezze o risentimento nei cuori”, resistendo così a ogni tentazione di ricorrere ad atti di violenza e di terrorismo.
Visitando il campo profughi di Aida, il Papa ha affermato che “è tragico vedere che vengono tuttora eretti dei muri” e che “gli sforzi diplomatici potranno avere successo soltanto se gli stessi Palestinesi e Israeliani saranno disposti a rompere con il ciclo delle aggressioni”.
Benedetto XVI non ha mancato di sottolineare che “la religione viene sfigurata quando viene costretta a servire l’ignoranza e il pregiudizio, il disprezzo, la violenza e l’abuso”. E ad Amman ha chiesto ai cristiani che vivono in Medio Oriente di “dare testimonianza all’amore che ci ispira a “sacrificare” la nostra vita nel servizio agli altri e così a contrastare modi di pensare che giustificano lo “stroncare vite innocenti”.
Visitando la moschea di Amman, Benedetto XVI ha ricordato che i cristiani e musulmani sono impegnati insieme per oltrepassare i propri interessi e servire il bene comune.
Incontrando i capi religiosi della Galilea, il Papa, prendendo per mano un rabbino e un musulmano, ha ricordato che “i cristiani volentieri si uniscono a ebrei, musulmani, drusi e persone di altre religioni nel desiderio di salvaguardare i bambini dal fanatismo e dalla violenza”.
Al Patriarcato Greco-Ortodosso di Gerusalemme il Papa ha incontrato il patriarca Teofilo III, quarantacinque anni dopo lo storico abbraccio di Paolo VI con Atenagora, che diede inizio all’ecumenismo contemporaneo.
Ratzinger, inoltre, è stato il primo Papa a visitare la Cupola della roccia, il più antico monastero islamico in Terra Santa. Accolto dal Gran Muftì che gli ha chiesto di “operare attivamente perché abbia fine l’aggressione israeliana contro i palestinesi”, Benedetto XVI ha ricordato che il dialogo tra la Chiesa cattolica e l’Islam deve proseguire senza “riluttanza o ambiguità”.
Durante la visita al Gran rabbinato di Gerusalemme, il Papa ha espresso la sua soddisfazione per i frutti che sta producendo il dialogo tra il popolo dell’alleanza e la Chiesa di Roma.
“Ebrei e cristiani sono ugualmente interessati ad assicurare rispetto per la sacralità della vita umana, la centralità della famiglia, una valida educazione dei giovani, la libertà di religione e di coscienze per una società sana”.
Benedetto XVI ha sottolineato, poi, che la Chiesa cattolica è irrevocabilmente impegnata sulla strada decisa dal Concilio Vaticano II per un’autentica e durevole riconciliazione fra cristiani ed ebrei.
Tra le tappe significative del viaggio di Benedetto XVI non poteva mancare la visita al memoriale della Shoah, lo Yad Vashem di Gerusalemme.
Qui, il Papa ha sottolineato con forza che le sofferenze dei sei milioni di ebrei vittime dell’olocausto non devono mai essere negate, sminuite o dimenticate. Parole che assumono, se possibile, maggior rilievo dopo le polemiche sulle dichiarazioni negazioniste del vescovo lefebvriano Williamson.
Dinanzi al Muro del Pianto di Gerusalemme, Benedetto XVI ha rivolto una preghiera per la pace in Medio Oriente e nel mondo intero.
Il Papa l’ha scritta su di un foglio che ha deposto tra le antiche pietre, come fece Giovanni Paolo II nel 2000 e come ripetono quotidianamente tanti ebrei. Gesti e parole che costituiscono un’enciclica destinata a rimanere indelebile e a segnare profondamente il prosieguo del pontificato di Benedetto XVI.
La pace, il “dialogo trilaterale” tra ebrei, cristiani e musulmani, la dignità dell’uomo che non viene meno quando la malattia mina la sua efficienza, il carisma femminile, la sacralità della vita dal suo concepimento fino al suo termine naturale, la santità della famiglia, tutti temi che stanno a cuore a Benedetto XVI e che sono al centro dell’agenda del suo pontificato.
È certo che i detrattori di questo Papa, che pure hanno cercato di sovrapporre anche stavolta la loro voce su quella di Benedetto XVI, rimarranno delusi dalla riuscita di questo suo pellegrinaggio nella terra di Gesù per pregare il dono della pace.
Non domani o dopodomani, ma oggi.
© Copyright L'Avanti, 19 maggio 2009 consultabile online anche qui.
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1 commento:
siamo sempre di più ad accorgerci di quanto sia grande il nostro Papa. Maria Pia
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