sabato 9 maggio 2009
Il sindaco di Gerusalemme: «Sotto questa terra le radici sono ebraiche. Il Papa? Lo aspetto a braccia aperte»
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E la sua città non conoscerà divisioni: zona ebraica e zona araba devono vivere senza confini territoriali. Nir Barkat è da soli sei mesi sindaco di Gerusalemme, ma la strada sembra già tracciata. L'obiettivo è «trasformare la città in una delle più influenti del mondo».
Del resto, lui è un pratico. Uno che a trent'anni decide di lasciare la brillante carriera militare e scommettere sull'imprenditoria high tech. E se oggi nei nostri computer abbiamo un software anti-virus lo dobbiamo anche alla sua azienda fondata negli Anni Ottanta, la Brm. È così che Nir Barkat diventa un imprenditore facoltoso, che solo nel 2003 decide di tuffarsi in politica. Un percorso che lo porta alla vittoria delle ultime elezioni municipali nella Città Santa. Barkat, Benedetto XVI atterrerà in Israele per la sua prima visita ufficiale in Terra Santa. Gerusalemme come lo accoglierà? «Attendiamo Papa Benedetto XVI a braccia aperte nella Città Santa di Gerusalemme. Io stesso sarò lì a porgli il nostro messaggio di benvenuto, e il Comune saprà fornire il pieno sostegno ai servizi di sicurezza israeliani». Cosa le dirà? «Sarà un messaggio in cui chiederemo impegno nel perseverare una pace continua in tutta Gerusalemme, nel rispetto della libertà di tutte le religioni». Dopo alcuni mesi di tensione (la revoca della scomunica al lefevriano negazionista e la polemica su Pio XII, ndr) sarà anche l'occasione per archiviare i malintesi? «Aspettiamo il suo saluto. Ma è certo che noi abbiamo già degli ottimi rapporti con la Comunità cattolica in Israele e con i rappresentanti della Santa Sede». La pace in Medio Oriente passa per Gerusalemme. Per ottenerla sarebbe disposto a ritrattare la sovranità territoriale della zona Est della città? «Gerusalemme deve assolutamente rimanere unita. Io non supporto alcun piano per dividere la città. Questa è una nostra convinzione. È radicata. Fa parte delle nostre idee per il semplice fatto che ovunque si inizi a scavare con una pala, a Gerusalemme si trovano radici ebraiche. E al di là delle ideologie, la divisione non sarebbe un modo pratico di gestire la città. Non vi è alcun buon esempio con una città divisa. Non è un modello che può funzionare oggi e non ha mai funzionato nella storia. Soprattutto, dividendo Gerusalemme non si fa altro che concentrarsi sulle nostre differenze. La mia convinzione è che le persone devono essere avvicinate, ma possiamo farlo solo puntando su una città unita». In campagna elettorale parlò di grandi cambiamenti. Cosa è stato fatto? «Per cambiare Gerusalemme ci vorrà molto tempo. Abbiamo già mutato l'approccio amministrativo col cittadino, lavorando molto su accountability e trasparenza. Inoltre tutti i comitati comunali ora sono aperti al pubblico. Abbiamo anche quadruplicato il bilancio del comparto Cultura, passando da 5 a 20 milioni di shekel. In pochi giorni è stato lanciato il primo grande piano per Gerusalemme, che durerà cinquant'anni e garantirà una migliore pianificazione della città. Abbiamo accelerato sulla costruzione della Light Rail System mettendo un comitato di supervisione con 30 dei 31 membri del Consiglio della città. Le sfide sono molte». Tra queste, Gerusalemme sta vivendo il problema della «fuga» dei giovani dalla città. Come invertire la tendenza? «Stiamo cercando di capire le ragioni per cui i giovani lasciano Gerusalemme. Quello che stiamo già facendo è regolamentare il mercato degli immobili, in modo da creare abitazioni a prezzi accessibili in tutta la città. Stiamo dando un importante impulso anche nel campo dell'economia, con la creazione di nuovi posti di lavoro per i residenti. Io stesso voglio coinvolgere direttamente i giovani, a tutti i livelli, nelle attività della città». E a breve, quando il Papa sarà tornato in Vaticano, sfileranno i carri del Gay Pride. Teme scontri con gli ultraortodossi? «Nella mia storia mi sono sempre contraddistinto per far camminare assieme più gruppi. Mi adopererò per assicurare che lo stato di diritto sia rispettato e le sue leggi protette, e che gli organizzatori siano il più possibile sensibili alle diverse realtà della città».
© Copyright Il Tempo, 9 maggio 2009 consultabile online anche qui.
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