mercoledì 30 settembre 2009

Magister, Ruini e il Progetto culturale (Padre Giovanni Scalese)

Clicca qui per leggere il commento di Padre Giovanni Scalese segnalatoci da Alessia.

Niente sentimentalismi nella dottrina sociale. Come leggere la «Caritas in veritate» (Osservatore Romano)


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Come leggere la «Caritas in veritate»

Niente sentimentalismi nella dottrina sociale

Carità globale. Commento alla Caritas in veritate (Città del Vaticano - Roma, Libreria Editrice Vaticana - Ave, 2009, pagine 178, euro 8) è il titolo di un volume che raccoglie alcune letture dell'ultima enciclica di Benedetto XVI. Pubblichiamo ampi stralci del contributo del preside della Facoltà teologica dell'Italia settentrionale, vescovo ausiliare di Milano.

di Franco Giulio Brambilla

Lungamente attesa, annunciata più volte come imminente, l'enciclica sociale di Benedetto XVI è giunta, tuttavia, come una sorpresa. Non solo per la sua felice pubblicazione in prossimità del vertice di risonanza internazionale dell'Aquila, che ha ritrovato il protagonismo dei Paesi emergenti, non ancora per la ripresa della Populorum progressio di Paolo vi, poco dopo il quarantesimo anniversario della sua pubblicazione (1967), ma soprattutto per la riproposizione del tema dello sviluppo integrale dei popoli nel contesto globalizzato sullo scenario della terribile crisi internazionale del 2008-2009.
Vent'anni dopo la caduta del Muro e delle ideologie allo scoccare preciso dei duecento anni - nemesi storica! - della Rivoluzione francese (1989), è avvenuta l'implosione dell'economia occidentale globalizzata, che perde il contatto vivo con la radice sociale e umana.
L'enciclica è un forte richiamo che rappresenta quasi un manifesto per il nuovo bisogno di "etica sociale" che tenti di regolare l'avidità e talvolta la truffaldina voracità della finanza internazionale, senza riferimento al legame sociale, al rischio dell'imprendere e alla fatica del lavoro umano. Sullo sfondo sta lo scenario della terribile disparità tra i popoli del globo.
Del manifesto, però, l'enciclica non ha il tono declamatorio, ma quello di un disteso e pacato disegno argomentato, di una riflessione tenace che tesse pazientemente la trama di un arazzo di dimensioni mondiali, attraversato da tutte le armoniche che devono risuonare nell'ora presente. Né altrimenti ci si poteva aspettare dal "Papa teologo", che ci ha abituati allo spessore e al sapore della parola che dischiude al vero e al bene.
La cosa più sorprendente, che appare a un incontro più avvicinato con la scrittura dell'enciclica, è l'esercizio di interpretazione della dottrina sociale della Chiesa che il Pontefice ci propone. Si tratta di un caso di interpretazione "magisteriale" del Magistero sociale che, dalla Rerum novarum fino ai nostri giorni, ha assunto il tratto di un vero e proprio corpus dottrinale. All'analisi dei teologi di morale socio-politica, questo corpus appare come una costellazione dottrinale che non ha, e non pretende di avere, la forma di una trattazione organica e completa, ma piuttosto intende offrire il discernimento delle istanze del tempo a cui i diversi interventi papali fanno riferimento. Tuttavia, proprio l'embricatura degli anniversari, che sovente motivano la "ripresa" della dottrina sociale, suggerisce l'idea di un discorso completo della visione della fede cristiana in re sociali. Fino a farne materia di una trattazione di "Dottrina sociale della Chiesa", la quale assumerebbe la consistenza teologica del trattato di morale sociale. Nello spazio accademico, molte volte avviene che questa regione della morale cristiana sia concepita e proposta come un "commentario" al Magistero sociale, al massimo collocato nello sviluppo storico degli oltre cent'anni dalla "prima" enciclica sociale di Leone xiii.
Ed è qui che cade il tratto sorprendente dell'intervento di Papa Benedetto: esso si presenta come un esercizio emblematico di quell'""ermeneutica della riforma", del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa", che il Papa aveva proposto in forma inattesa e nella cornice inconsueta del Discorso alla Curia Romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi, il 22 dicembre 2005, appena all'inizio del suo pontificato. Quell'intervento colpì molti perché, celebrando i quarant'anni della chiusura del concilio Vaticano ii, rivendicava la continuità nel rinnovamento della Chiesa prima e dopo il concilio, rispetto a una superficiale "ermeneutica della discontinutà e della rottura" che si fondava sulla separazione tra spirito del concilio e sua traduzione testuale, inevitabilmente contrassegnata dal compromesso tra le diverse anime dei Padri conciliari. Per di più propiziata - non è un caso che il riferimento principale dell'enciclica sia a Paolo vi - dalla volontà del Papa bresciano di raccogliere attorno ai pronunciamenti conciliari il massimo del consenso.
L'encilica fa un esplicito riferimento (al numero 12 e alla nota 19) a questo discorso di metodo: "Non ci sono due tipologie di dottrina sociale, una preconciliare e una postconciliare, diverse tra loro, ma un unico insegnamento, coerente e nello stesso tempo sempre nuovo" E se è "giusto rilevare le peculiarità dell'una o dell'altra Enciclica, dell'insegnamento dell'uno o dell'altro Pontefice, mai però perdendo di vista la coerenza dell'intero corpus dottrinale", d'altra parte "coerenza non significa chiusura in un sistema, quanto piuttosto fedeltà dinamica a una luce ricevuta" (Caritas in veritate, 12).
Nel Discorso del 2005 l'esemplificazione della "fedeltà dinamica" riguardava con grande piglio il punto più controverso della dottrina conciliare circa la libertà religiosa (si veda, in quell'intervento, la bella pagina con cui a partire dal caso Galileo si approda alla formulazione conciliare). Nell'enciclica l'esercizio dell'ermeneutica conciliare si distende pacatamente a rettificare la cesura tra prima e dopo il concilio per quanto concerne la dottrina sociale: "La Populorum progressio e il concilio Vaticano ii non rappresentano una cesura tra il magistero sociale di Paolo vi e quello dei Pontefici suoi predecessori, dato che il concilio costituisce un approfondimento di tale magistero nella continuità della vita della Chiesa" (n. 12).
L'idea di "fedeltà dinamica", di "rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa" riprende la nozione di Chiesa che è traditio tradens e che trova nel traditum un suo necessario, ma non esaustivo discernimento delle istanze della storia. Essa esige, dunque, un'ermeneutica che non accentui le rotture, ma ritrovi sempre la continuità creativa (di guardiniana memoria) della vita e nella vita della Chiesa per potersi "rinnovare alle origini". L'atto ermeneutico è anzitutto un atto pratico con cui la Chiesa non solo ripensa i suoi principi dottrinali connettendoli all'origine della Parola di Dio, ma insieme discerne il tempo attuale dentro l'alveo della tradizione vivente.
Nel contesto del Discorso programmatico, il Papa ribadiva che "è proprio in questo insieme di continuità e discontinuità a livelli diversi che consiste la natura della vera riforma". Continuità a livello dei principi e delle decisioni strategiche, necessaria flessibilità a livello dei discernimenti pratici riferiti alle "decisioni (riguardanti) cose contingenti". Così il Papa suggeriva allora che "bisognava imparare a riconoscere che, in tali decisioni, solo i principi esprimono l'aspetto duraturo, rimanendo nel sottofondo e motivando la decisione dal di dentro. Non sono invece ugualmente permanenti le forme concrete, che dipendono dalla situazione storica e possono quindi essere sottoposte a mutamenti. Così le decisioni di fondo possono restare valide, mentre le forme della loro applicazione a contesti nuovi possono cambiare" (ivi).
L'"ermeneutica della riforma" rimanda dunque a una "pratica del discernimento storico" (la vita della Chiesa nella sua creativa continuità), di cui la dottrina sociale della Chiesa rappresenta, per così dire, la condensazione della voce del magistero papale che rilegge e si riposiziona di fronte al mutamento sociale.
Prima di procedere a svolgere il tema dell'enciclica (lo sviluppo integrale dei popoli), il Papa sente il bisogno di collocarlo nel quadro del suo magistero complessivo, in particolare nel punto focale della sua prima enciclica programmatica Deus caritas est. L'audace introduzione riveste una duplice funzione: collegare la dottrina sociale con il centro del Mistero trinitario, mostrando come la caritas teologale si irradi in re sociali; fornire un'interpretazione forte della caritas come principio istitutivo della dottrina sociale, che la sottragga a una comprensione ridotta e irrilevante. Come se la carità fosse solo un correttivo accanto e parallelo al principio della giustizia, su cui soltanto si reggerebbero i rapporti sociali: "La carità è tutto perché, come insegna san Giovanni (cfr. 1 Giovanni, 4, 8. 16) e come ho ricordato nella mia prima Lettera enciclica, "Dio è carità": dalla carità di Dio tutto proviene, per essa tutto prende forma, ad essa tutto tende. La carità è il dono più grande che Dio abbia dato agli uomini, è sua promessa e nostra speranza" (Caritas in veritate, 2).
Per evitare un'interpretazione "marginale" e "sentimentale" della carità rispetto ai rapporti sociali in ipotesi regolati dalla (sola) giustizia (e compresi alla luce della "sola" ragione, magari "laica"), Benedetto XVI sente il bisogno di potenziarne la nozione riferendola alla verità della visione dell'uomo, su cui non solo essa si deve misurare, ma che esprime esattamente la forma piena della vita umana, personale e sociale.
Di qui l'importanza strategica dell'introduzione all'enciclica, che forma, per così dire, il quadro di riferimento teorico della successiva ripresa della nozione di sviluppo integrale. Caritas in veritate indica l'asse con cui la carità è coestensiva a una comprensione solidale dei rapporti sociali: essi sono giusti non solo se danno a ciascuno il suo, ma se si radicano e, insieme, alimentano quei legami sociali e culturali con cui l'uomo perviene a se stesso (la coscienza di sé), decidendosi dinanzi al proprio destino (il compimento personale) all'interno dell'alleanza sociale (il bene comune).
Proprio questo ingresso, che a taluni potrà apparire persino ardito, come se ci si trovasse in una baita davanti alla parete altissima che svetta sulla cima maggiore, è l'antidoto a una comprensione terapeutica e medicinale della caritas. Esso, infatti, curerebbe i rapporti nella città dell'uomo e nel concerto delle nazioni, una volta che la giustizia avesse fallito il suo compito, compensando i rapporti "giusti", quando fossero feriti e lacerati, con i rapporti "buoni" che provengono dall'iniziativa libera dei soggetti privati e/o di gruppo. In tal modo la carità teologale (la comunione con Dio e la comunione fraterna) non avrebbe un risvolto pubblico: la "fraternità" che pure l'Illuminismo aveva emblematicamente indicato nella sua triade, nientemeno come erede della tradizione occidentale, non avrebbe alcun rilevo pubblico, se non perché raccoglie le vittime e cura i feriti lasciati sul campo nell'agone sociale.
Il valore "politico" della carità è risolto nella sua funzione terapeutica, ma non presiede e non alimenta il rapporto sociale. Per questo il Papa sente "il bisogno di coniugare la carità con la verità non solo nella direzione, segnata da san Paolo, della "veritas in caritate" (Efesini, 4, 15), ma anche in quella, inversa e complementare, della caritas in veritate. La verità va cercata, trovata ed espressa nell'"economia" della carità, ma la carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità. In questo modo non avremo solo reso un servizio alla carità, illuminata dalla verità, ma avremo anche contribuito ad accreditare la verità, mostrandone il potere di autenticazione e di persuasione nel concreto del vivere sociale" (n. 2).
La caritas in veritate è, dunque, la sfida per sottrarre la dottrina sociale della Chiesa a una comprensione "sentimentale" dell'aspetto solidale che deve animare i rapporti tra gli uomini e tra i popoli. In un'espressione icastica, il Papa indica con chiarezza questa deriva: "Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali" (n. 4). "Marginali" rispetto alle regole del vivere civile, il quale non si lascerebbe in nessun modo dirigere dalle forme della relazione buona con l'altro, come se le forme buone della relazione libera fossero solo o terapeutiche o compensative dei modi vincolanti della relazione giusta, una volta fallita o ferita.
Occorre, dunque, arrivare a discutere lo schema che separa e accosta giustizia e carità. Afferma il Papa, infatti, che: "La verità preserva ed esprime la forza di liberazione della carità nelle vicende sempre nuove della storia. E, a un tempo, verità della fede e della ragione, nella distinzione e insieme nella sinergia dei due ambiti cognitivi" (n. 5). La verità è ciò che consente di tenere insieme l'eccedenza della carità rispetto alla necessità della giustizia: la carità eccede la giustizia solo se la include e la supera; la giustizia, però, può essere se stessa solo se si alimenta alla forma buona del rapporto sociale che deriva dall'eccedenza del dono e del perdono. Essa ha bisogno dell'alleanza tra gli umani che tende al "bene comune" (e non solo alla salvaguardia parcellizzata dei "beni comuni") come l'atmosfera che fa respirare i rapporti giusti, regolati dal diritto. Nei numeri 6 e 7, giustizia e bene comune sono indicati come le mediazioni operative della caritas in veritate. Essi non possono non riferirsi all'immagine dello sviluppo integrale dell'uomo. All'interno di tale quadro si dispiega il tema dell'enciclica.

(©L'Osservatore Romano - 1 ottobre 2009)

La voce del Papa in un cd (Repubblica online)

Uscirà a fine novembre "Alma mater", album di canti religiosi, preghiere e musica con la "partecipazione speciale" di Benedetto XVI. Un cd benefico in vista delle feste natalizie (di Laura Fugnoli). Grazie Alessia :-)
IL SERVIZIO DI REPUBBLICA TV

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Riceviamo e con grandissimo piacere pubblichiamo:

CEI: CROCIATA, PROGETTO CULTURALE NON E' IN DISCUSSIONE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 set.

Non e' in discussione da parte dei vescovi il Progetto Culturale della Chiesa Italiana, strategia - avviata sotto la presidenza del card. Camillo Ruini - che e' basata sul dialogo e il confronto tra la comunita' ecclesiale e le altre istanze della societa'. Lo afferma il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, in un'intervista alla Radio Vaticana.
''Non credo - spiega il presule - che ci sia l'esigenza o meglio la necessita', di parlare di una fase nuova, nel senso che quello che colgo nel cammino di questi anni, e in quest'anno in particolare, e' non solo il mantenimento dello sviluppo di cio' che il Progetto culturale ha significato, significa, vuole significare, come animazione a livello alto e anche ad un livello pastorale della coscienza dei credenti in Italia''.
Nell'intervista, mons. Crociata si riferisce poi al ''caso Boffo'', per ''ribadire con molta sobrieta' il dispiacere per quello che e' successo''.
Secondo il segretario della Cei, ''quando la lotta delle idee si trasforma in attacco alle persone, peraltro con modalita', strumenti indebiti, vuol dire che non siamo piu' nello stile e nel clima di una serena convivenza civile''. Per quanto riguarda l'impegno della Conferenza Episcopale nei mezzi di comunicazione, che e' parte integrante del Progetto Culturale, Crociata, il vescovo assicura che ''non c'e' nessun cambiamento da attendere o da mettere in conto, perche' nei tempi ragionevoli si procedera' alla nomina delle figure necessarie.
E intanto - spiega - il servizio di questi strumenti continua e continuera' come e' avvenuto finora con lo stesso impegno per la verita' e per una comunicazione serena, pacata, leale, ma anche non timorosa del messaggio che la Chiesa in Italia vuole far giungere a tutti il piu' possibile''.
A cominciare dai temi etici, ai quali, rileva il segretario della Cei, come vescovi ''siamo profondamente interessati, sensibilmente interessati, non in quanto direttamente attori di un dibattito politico, in senso partitico, ma in quanto vogliamo essere attori e protagonisti di un dibattito sociale, culturale ed etico, in cui tutti hanno spazio legittimamente''.
Rispetto alla discussione specifica sulla legge per il ''fine-vita'', per Crociata il testo uscito dalla discussione, dall'approvazione del Senato, rappresenta ''un punto di equilibrio sul quale ci si possa ritrovare rispetto a quei principi e auspichiamo che questo equilibrio sia mantenuto nel dibattito e nell'esito della discussione alla Camera con il consenso piu' largo possibile. E riguardo alla RU486 - conclude - noi non abbiamo altro da dire che questo farmaco rischia di esporre ad un gravissimo pericolo di banalizzazione dell’aborto''.

© Copyright (AGI)
SINODO PER L'AFRICA: LO SPECIALE DI RADIO VATICANA

Caso Boffo: cattolicesimo politico al tramonto. La condizione nuova del rapporto Chiesa e politica (Gianfranco Brunelli)

Clicca qui per leggere l'articolo di Gianfranco Brunelli per "Il Regno" (cliccare su Visualizza il testo dell'articolo in pdf).
Grazie per la segnalazione :-)

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Il Papa: il Cristianesimo è religione di felicità non di mortificazione (Izzo)

Il Papa: "Il sacerdote, certamente uomo della Parola divina e del sacro, deve oggi più che mai essere uomo della gioia e della speranza. Agli uomini che non possono concepire che Dio sia puro amore, egli dirà sempre che la vita vale la pena di essere vissuta e che Cristo le dà tutto il suo senso perché Egli ama gli uomini, tutti gli uomini" (Video Messaggio)

La Cei: per i sacerdoti italiani rischio "professionalizzazione" (Izzo)

Il Papa: «Servono persone credenti e credibili» (Galeazzi)

Testo integrale dell'intervista al card. Castrillòn Hoyos. Con interessanti sorprese (Messainlatino)

Il cardinale arcivescovo di Praga, Miloslav Vlk: la visita del Papa ha riportato la Chiesa ceca al centro della vita sociale (Radio Vaticana)

Il tema scelto da Benedetto XVI per la 44ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Comunicato

Il viaggio del Papa si è felicemente concluso. E' tempo di bilanci: doverosi ringraziamenti e qualche tirata di orecchie

Melloni su Benedetto XVI: la riflessione di Padre Giovanni Scalese

I ragazzi di Starà Boleslav: Quel giovane calore che sa sciogliere gli idoli (Ognibene)

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Ratzinger, il Papa maestro. La bellissima definizione del card. Caffarra (Francesco Antonio Grana)

DISCORSI ED OMELIE DEL SANTO PADRE NELLA REPUBBLICA CECA

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE NELLA REPUBBLICA CECA (26-28 SETTEMBRE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

Riceviamo e con grandissimo piacere pubblichiamo:

PAPA: FUTURO EUROPA SI GIOCA SU TERRENO CULTURALE

(AGI) - CdV, 30 set.

(di Salvatore Izzo)

Mentre la Chiesa Italiana rilancia con diverse iniziative il suo Progetto Culturale - e alcuni media si interrogano su ipotetici tentativi di affossarlo - Benedetto XVI conferma il suo imprimatur all'idea centrale che ha ispirato l'iniziativa del card. Camillo Ruini riproponendo "l'unita' della conoscenza radicata nella verita', per contrastare una nuova dittatura, quella del relativismo abbinato al dominio della tecnica".
"Per le comunita' dell'Europa centro-orientale - ha detto il Pontefice nel riassunto sul suo viaggio nella Repubblica Ceca proposto all'Udienza Generale di oggi - questo e' un momento difficile: alle conseguenze del lungo inverno del totalitarismo ateo, si stanno sommando gli effetti nocivi di un certo secolarismo e consumismo occidentale".
Per questo, ha detto, "ho incoraggiato tutti ad attingere energie sempre nuove dal Signore risorto, per poter essere lievito evangelico nella societa'" e impegnarsi in attivita' caritative ed educative.
A vent'anni da "quello storico evento" che e' stata la "Rivoluzione di velluto", che parti' dagli intellettuali cattolici e laici di Carta 77, il Pontefice ha cosi' riproposto "l'idea della formazione umana integrale, basata sull'unita' della conoscenza radicata nella verita', per contrastare una nuova dittatura, quella del relativismo abbinato al dominio della tecnica".
Per il Papa teologo, "la cultura umanistica e quella scientifica non possono essere separate, anzi, sono le due facce di una stessa medaglia" come ce lo ricordano grandi scrittori e scienziati, figli della patria ceca come Kafka e l'abate Mendel.
Un invito al dialogo con le culture diverse - che deve trovare le diverse confessioni ciristiane in sintonia - e' stato lanciato anche nell'incontro ecumenico di domenica pomeriggio nell'arcivescovado di Praga, ugualmente ricordato oggi dal Pontefice, per il quale "lo sforzo di progredire verso una unita' sempre piu' piena e visibile tra noi, credenti in Cristo, rende piu' forte ed efficace il comune impegno per la riscoperta delle radici cristiane dell'Europa".
Nella sua catechesi il Papa ha poi ricordato l'invito rivolto ai giovani cechi "a riconoscere in Cristo l'amico piu' vero che soddisfa le aspirazioni piu' profonde del cuore umano", sottolineando che "una sintesi tra verita' e bellezza e' la
splendida cattedrale di Praga, intitolata ai santi Vito, Venceslao e Adalberto", dove si e' svolta la celebrazione dei Vespri con i sacerdoti, i religiosi, i seminaristi e una rappresentanza dei laici impegnati nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali.
Nelle due grandi Messe, a Brno e Stara Boleslav, ha rilevato Benedetto XVI, il messaggio forte e' stato quello della speranza fondata sulla fede in Cristo: "la speranza dei Santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi e di San Vencenslao che antepose il regno dei cieli al fascino del potere terreno e, per questo, e' rimasto sempre nel cuore del popolo ceco". In proposito il Papa si e' soffermato sul motto della visita: "L'amore di Cristo e' la nostra forza", scelto perche' testimonia "la certezza dei cristiani di oggi" che solo il Vangelo "ispira e anima le vere rivoluzioni, pacifiche e liberatrice, e che ci sostiene nei momenti di crisi, permettendo di risollevarci quando la liberta', faticosamente recuperata, rischia di smarrire se stessa, la propria verita'".
L'amore di Cristo, ha osservato, ha iniziato "a rivelarsi nel volto di un Bambino". Per questo, ha detto, la prima tappa del suo viaggio e' stata per pregare davanti alla statuina del "Bambino di Praga" in Santa Maria della Vittoria, "per tutti i bambini, per i genitori, per il futuro della famiglia", invocando "la vittoria dell'amore e della vita nella famiglia e nella societa'".
In questa prospettiva, il Papa si e' posto anche negli incontri con i responsabili politici e il mondo accademico nel Castello di Praga, un contesto nel quale il Pontefice ha potuto "toccare l'ambito civile e quello religioso, non giustapposti, ma in armonica vicinanza nella distinzione".
E proprio al Castello, dopo aver firmato il "libro d'oro" sotto la frase, scritta di suo pugno, "la verita' vi fara' liberi", il Papa ha ricordato "il legame indissolubile che sempre deve esistere tra liberta' e verita'".
"Non bisogna aver paura della verita', perche' - ha ripetuto oggi - essa e' amica dell'uomo e della sua liberta'; anzi, solo nella sincera ricerca del vero, del bene e del bello si puo' realmente offrire un futuro ai giovani di oggi e alle generazioni che verranno".
"Solo un serio impegno di rettitudine intellettuale e morale e' degno del sacrificio di quanti hanno pagato caro il prezzo della liberta'", ha ricordato citando ancora il suo discorso alle universita' ceche.
"Chi esercita responsabilita' nel campo politico ed educativo deve saper attingere dalla luce di quella verita' che e' il riflesso dell'eterna Sapienza del Creatore; ed e' chiamato a darne testimonianza in prima persona con la propria vita", ha raccomandato di nuovo facendo sua la richiesta di una presenza forte nei campi della cultura e dell'impegno socio-politico, che ha caratterizzato da sempre anche la Chiesa italiana come testimonia l'"esempio luminoso" di don Luigi Sturzo, rievocato dal Pontefice a conclusione dell'Udienza: "la sua testimonianza di amore, di liberta' e di servizio al popolo sia stimolo e incoraggiamento - ha chiesto - per tutti i cristiani, e specialmente per quanti operano in campo sociale e politico perche' diffondano, con la loro coerente testimonianza, il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa".

© Copyright (AGI)

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Mons. Nikola Eterovic presenta il prossimo Sinodo dei Vescovi per l'Africa, a pochi giorni dall'inizio dell'assise in Vaticano

La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. “Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo”. Su questo tema, si svolgerà dal 4 al 25 ottobre, in Vaticano, il Sinodo dei Vescovi per l’Africa. Si tratta della seconda Assemblea Speciale dedicata a questo continente, dopo la prima tenutasi nel 1994. Riconciliazione, giustizia e pace, dunque, i temi principali in esame. Ma perché questa scelta? Isabella Piro lo ha chiesto a mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi:

R. - Il tema è importante, in quanto fa riferimento alla prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che ha avuto luogo 15 anni fa, ma che adesso i Padri sinodali vogliono approfondire perché è un’esigenza pastorale e, possiamo dire, anche del servizio della Chiesa per il bene di tutti gli uomini di buona volontà, per le società di tutti i Paesi di tutto il Continente.

D. - Abbiamo citato il primo Sinodo speciale per l’Africa. Quale eredità ha lasciato?

R. - Una grande eredità: è stato veramente un’intuizione profetica del Servo di Dio Giovanni Paolo II che aveva, come scopo, quello di preparare la Chiesa in Africa al Grande Giubileo del 2000. Ed è bene che la Chiesa in Africa si riunisca di nuovo con il Vescovo di Roma per ringraziare Dio per i grandi doni che ha elargito sulla Chiesa cattolica in Africa. È una Chiesa che ha conosciuto un impressionante dinamismo apostolico. La Chiesa vuole anche riflettere sull’attuale momento storico, ecclesiale, sull’attività pastorale, esaminare anche le linee-guida di questa attività anche per aumentare ancora di più l’opera di evangelizzazione e di promozione umana. La Chiesa ha sempre, come priorità, l’annuncio del Vangelo, l’evangelizzazione, ovviamente dappertutto e in modo particolare in Africa. L’evangelizzazione è, necessariamente, accompagnata dalla promozione umana. Il Sinodo sarà anche un momento propizio per vedere quanto la Chiesa fa in questo campo, soprattutto nell’educazione, nella salute e anche nella promozione di vari progetti di sviluppo integrale della persona e della società.

D. - A questo proposito, ricordiamo che l’Instrumentum Laboris, che il Santo Padre ha consegnato nelle mani dei Vescovi Africani nel marzo scorso, durante il suo Viaggio apostolico in Camerun e Angola, non è un documento solo ecclesiale…

R. - Ovviamente, i temi della riconciliazione, della giustizia e della pace riguardano tutta la società. La Chiesa può offrire un servizio prezioso, insostituibile in questi campi. La riconciliazione, come nucleo di tutto il processo, richiede una comunità ecclesiale riconciliata: ogni persona riconciliata con Dio e le persone riconciliate tra loro. Una Chiesa di persone riconciliate può promuovere e annunciare la riconciliazione con credibilità, anche in tutto il mondo, nelle società civili dei singoli Paesi. La Chiesa cattolica già lo fa: basta ricordarsi delle Commissioni per la Riconciliazione che sono esistiti nei vari Paesi, ma probabilmente dopo il Sinodo tale processo di riconciliazione sarà ancora più sentito e promosso.

D. - A Suo parere, l’opinione pubblica che idea ha dell’Africa?

R. - Purtroppo, si ha un’idea parziale, forse anche troppo negativa dell’Africa perché - almeno nei mass media occidentali - prevalgono notizie negative sul continente. Invece, ci sono tante notizie positive: sì, ci sono anche i conflitti, le guerre, ma, grazie a Dio, riguardano una piccola parte di Paesi. Altre nazioni hanno fatto grandi progressi, per esempio il Ghana, la Liberia, la Costa d’Avorio. Speriamo che questo processo si possa allargare anche ad altri Paesi, ad altre zone in cui purtroppo c’è ancora violenza e guerra.

E di Sinodo per l’Africa si parlerà anche, da oggi fino a venerdì, al workshop promosso da Pax Romana, Movimento internazionale degli Intellettuali cattolici. Tre giorni di lavori per riflettere soprattutto sul ruolo dei laici nello sviluppo dell’Africa. L’evento è stato presentato questa mattina a Roma e uno dei temi "caldi" subito emersi è stato quello della vendita delle armi e della regolamentazione di questo mercato. C’era per noi Isabella Piro:

In quale direzione va lo sviluppo africano? A questa domanda tenterà di rispondere il workshop di Pax Romana. Un aspetto è predominante: gli indicatori di sviluppo non devono essere solo economici, ma devono guardare alla promozione umana. D’altronde, i dati lo confermano: il Gabon, ad esempio, ha un Pil pari a 14 mila dollari, con una mortalità infantile di 60 bambini su mille. Il Madagascar, con un Pil di 878 dollari, ha una mortalità infantile simile, pari a 66 bambini su mille. L’economia, dunque, da sola non basta. Occorre una cultura dello sviluppo, in cui la società civile diventi protagonista, assumendosi impegni precisi. I laici, allora, devono agire in prima persona ed il loro ruolo diventa fondamentale. Carlo Cirotto, presidente nazionale del Movimento ecclesiale di impegno culturale:

“E’ fondamentale, perché soprattutto in questa situazione di crisi globale, i cristiani a contatto con tutti i problemi concreti, immediati, della vita di questa gente, devono portare il loro contributo. Sui laici pesa la responsabilità del rinnovamento e della soluzione per quanto possibile delle crisi”.

L’Africa necessita di riforme istituzionali, si è detto in conferenza stampa, e di una redistribuzione equa delle risorse naturali. Ma soprattutto occorre adottare un Trattato internazionale che regolamenti il commercio delle armi. Un Trattato che deve rispondere a tre criteri. Zobel Behalal, membro del Comitato cattolico contro la fame e lo sviluppo:

“Le premier devrait être ...
Il primo criterio è quello di impedire la vendita delle armi là dove c’è il rischio di violazioni dei diritti umani. Poi là dove si teme la violazione del diritto internazionale ed infine ovunque venga impedito lo sviluppo del Paese e la lotta alla povertà. I Paesi che non rispettano tale trattato devono essere sanzionati”.

Ribadita, infine, l’importanza della Chiesa senza la quale, come è il caso della Repubblica Democratica del Congo, la gestione degli ospedali e delle infrastrutture sarebbe impossibile. Senza dimenticare, infine, le Commissioni Giustizia e Pace che formano ed educano la popolazione, aiutandola ad emergere dalle difficoltà.

© Copyright Radio Vaticana

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Strana bonaccia sul caso Williamson: il commento di Messainlatino.it

Omelia del Papa su San Venceslao: il commento di vari vaticanisti (Insardà per Liberal)

Che cosa dice alla Cina la Caritas in Veritate (Teresa Enhui Xiao)

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE NELLA REPUBBLICA CECA (26-28 SETTEMBRE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

Il Papa all’udienza generale dedicata al viaggio nella Repubblica Ceca: l’Europa ha bisogno di Dio per ritrovare la speranza nel domani. Ed esorta i politici a testimoniare la verità nella propria vita

Nell’udienza generale di stamani in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha ripercorso idealmente il suo recente viaggio apostolico nella Repubblica Ceca.
Il Papa ha rinnovato ai fedeli cechi un messaggio di speranza e un invito a costruire con coraggio il futuro dell’Europa. Nei saluti in italiano, il Papa ha esortato i cristiani impegnati in politica a seguire l’esempio di don Luigi Sturzo, di cui ricorre il 50.mo della morte. Il servizio di Alessandro Gisotti:


Un pellegrinaggio e al tempo stesso “una missione nel cuore dell’Europa”: Benedetto XVI ha sintetizzato così il senso del suo viaggio apostolico nella Repubblica Ceca ed ha subito sottolineato che l’Europa “ha bisogno di ritrovare in Dio e nel suo amore il fondamento della speranza”. Quindi si è soffermato sul motto della visita: “L’amore di Cristo è la nostra forza”. Un’affermazione, ha rilevato, che vuole “interpretare la certezza dei cristiani di oggi”:

“Una forza che ispira e anima le vere rivoluzioni, pacifiche e liberatrice, e che ci sostiene nei momenti di crisi, permettendo di risollevarci quando la libertà, faticosamente recuperata, rischia di smarrire se stessa, la propria verità”.

L’amore di Cristo, ha affermato, ha iniziato “a rivelarsi nel volto di un Bambino”. Per questo, ha spiegato, la prima tappa del suo viaggio è stata nella chiesa praghese di Santa Maria della Vittoria, dove si venera il “Bambino Gesù”:

“Dinanzi al Bambino di Praga ho pregato per tutti i bambini, per i genitori, per il futuro della famiglia. La vera ‘vittoria’, che oggi chiediamo a Maria, è la vittoria dell'amore e della vita nella famiglia e nella società”.

Ha così rammentato gli incontri avvenuti nel Castello di Praga, un contesto nel quale ha potuto “toccare l’ambito civile e quello religioso, non giustapposti, ma in armonica vicinanza nella distinzione”. In particolare, ha offerto una riflessione sul suo discorso al Corpo diplomatico nel quale ha voluto richiamare “il legame indissolubile che sempre deve esistere tra libertà e verità”:

“Non bisogna aver paura della verità, perché essa è amica dell’uomo e della sua libertà; anzi, solo nella sincera ricerca del vero, del bene e del bello si può realmente offrire un futuro ai giovani di oggi e alle generazioni che verranno (…) Chi esercita responsabilità nel campo politico ed educativo deve saper attingere dalla luce di quella verità che è il riflesso dell’eterna Sapienza del Creatore; ed è chiamato a darne testimonianza in prima persona con la propria vita”

“Solo un serio impegno di rettitudine intellettuale e morale – ha avvertito – è degno del sacrificio di quanti hanno pagato caro il prezzo della libertà”. Ha quindi rivolto il pensiero alla celebrazione dei Vespri con il clero e il laicato cattolico ceco:

“Per le comunità dell’Europa centro-orientale questo è un momento difficile: alle conseguenze del lungo inverno del totalitarismo ateo, si stanno sommando gli effetti nocivi di un certo secolarismo e consumismo occidentale”.

Per questo, ha detto, “ho incoraggiato tutti ad attingere energie sempre nuove dal Signore risorto, per poter essere lievito evangelico nella società” e impegnarsi in attività caritative ed educative. Nelle due grandi Messe, a Brno e Stará Boleslav, ha affermato Benedetto XVI, il messaggio forte è stato quello della speranza fondata sulla fede in Cristo. La speranza dei Santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi e di San Vencenslao che antepose il regno dei cieli al fascino del potere terreno e, per questo, è rimasto sempre nel cuore del popolo ceco. Il Vangelo, ha osservato il Papa, come “un fiume di acque risanatrici attraversa la storia e i continenti”, portando vita e salvezza. Ancora, ha ricordato l’invito rivolto ai giovani cechi “a riconoscere in Cristo l’amico più vero che soddisfa le aspirazioni più profonde del cuore umano”. Il Pontefice non ha mancato di menzionare l’incontro ecumenico avvenuto nell’arcivescovado di Praga:

“Lo sforzo di progredire verso una unità sempre più piena e visibile tra noi, credenti in Cristo, rende più forte ed efficace il comune impegno per la riscoperta delle radici cristiane dell’Europa”.

Da ultimo, il Papa ha parlato del suo incontro con il mondo accademico ceco, evidenziando che proprio nelle università prese le mosse, vent’anni fa, la cosiddetta “Rivoluzione di velluto” che portò alla caduta del regime comunista in quel Paese:

“A vent’anni da quello storico evento, ho riproposto l’idea della formazione umana integrale, basata sull’unità della conoscenza radicata nella verità, per contrastare una nuova dittatura, quella del relativismo abbinato al dominio della tecnica”.

La cultura umanistica e quella scientifica, ha concluso, “non possono essere separate, anzi, sono le due facce di una stessa medaglia” come ce lo ricordano grandi scrittori e scienziati, figli della patria ceca come Kafka e l’abate Mendel. Al momento dei saluti ai pellegrini italiani, ha rivolto un pensiero particolare ai partecipanti al Convegno Internazionale Sturziano, organizzato nel 50.mo della morte di don Luigi Sturzo:
“L’esempio luminoso di questo presbitero e la sua testimonianza di amore, di libertà e di servizio al popolo sia stimolo e incoraggiamento per tutti i cristiani, e specialmente per quanti operano in campo sociale e politico perché diffondano, con la loro coerente testimonianza, il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa”.

© Copyright Radio Vaticana

Il Papa: "Mio fratello mi ha raccontato tante belle cose della sua visita a Sulmona"

Il Papa ha ricordato la visita del fratello, Mons. Georg Ratzinger, a Sulmona (clicca qui) in occasione dei saluti in lingua italiana al termine dell'udienza generale.

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Papa: Sturzo sia esempio per chi opera in politica e nel sociale

"Diffondano con coerente testimonianza fede e dottrina sociale"

Il Papa invita "tutti i cristiani", e specialmente "quanti operano in campo sociale e politico", a considerare don Luigi Sturzo un esempio da seguire con "coerente testimonianza". Benedetto XVI ha ricordato la figura del fondatore del Partito popolare italiano al momento di salutare, a conclusione dell'udienza generale in piazza San Pietro, i partecipanti al Convegno internazionale sturziano organizzato nel cinquantenario della morte di don Luigi Sturzo. "L'esempio luminoso di questo presbitero e la sua testimonianza di amore, di libertà e di servizio al popolo - ha detto Ratzinger - sia stimolo e incoraggiamento per tutti i cristiani, e specialmente per quanti operano in campo sociale e politico, perché diffondano, con la loro coerente testimonianza, il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa".

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