lunedì 28 settembre 2009
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«C'è chi vuole emarginare la Chiesa»
Il viaggio a Praga: Benedetto XVI incontra il mondo dell'università e le altre religioni
«Il cristianesimo ha molto da offrire alla società. Ma il Vangelo non è un'ideologia»
nostro servizio
Alberto Bobbio
Praga
Ci sono i rettori delle università della Repubblica Ceca, i professori, alcuni studenti.
Canta il coro dell'Università Carlo, la più antica dell'Europa centrale, voluta da Papa Clemente VI nel 1347 e fondata dall'Imperatore Carlo IV l'anno successivo. Il rettore Vaclav Hampl guida il corteo di accademici con le toghe bordeaux e nere ornate di ermellino, che precede il «professor» Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI, all'ingresso della sala di Vladislav nel Castello di Praga.
Ecco gli intellettuali di Praga, ecco il mondo accademico che fece l'impresa della democrazia ceca, vent'anni fa. La «rivoluzione di velluto» partì dagli studenti e dalle università e fu il movimento degli intellettuali di «Charta 77», che indicò una strada non violenta e accorta per superare 40 anni di regime comunista.
La libertà e la ricerca
Benedetto XVI rende omaggio a quegli avvenimenti, a quei professori e studenti: «I grandi cambiamenti che vent'anni fa trasformarono la società ceca furono causati dai movimenti di riforma che cominciarono nelle università e nei circoli studenteschi». Ma le parole del Papa non sono solo un ricordo del passato.
Benedetto XVI sottolinea che «quella ricerca di libertà deve continuare a guidare il lavoro degli studiosi», perché ciò è «indispensabile al benessere di ogni nazione». È un discorso sul ruolo degli intellettuali, quello che il professor Ratzinger ha pronunciato ieri sera nell'incontro con i professori universitari.
Premette che «chi vi parla è stato un professore» e dunque sa cosa dice. Sottolinea che non è assolutamente vero che la «fede e l'etica» non hanno posto nell'«ambito della ragione pubblica», anche se qualcuno continua a dirlo. Anzi occorre ampliare il «concetto di ragione» ed evitare quella «frammentazione del sapere», che porta alla divisione tra fede e ragione. Ciò non significa che le istituzioni accademiche non possano essere autonome. Ma un conto è l'autonomia, un altro la responsabilità verso la verità. Il Papa ha ricordato che la «tradizione formativa aperta al trascendente» è stata «sistematicamente sovvertita» in diverse parti dell'Europa, dalla «riduttiva ideologia del materialismo, dalla repressione della religione e dall'oppressione dello spirito umano». Ma nell'89 quel progetto è fallito. Eppure non tutto va bene e oggi vi sono altri rischi, prodotti dalla «massiccia crescita dell'informazione e delle tecnologie» che tentano di «separare la ragione dalla verità».
Secondo il Papa si tratta di un «relativismo» che provoca un «camuffamento» dietro a cui «possono nascondersi nuove minacce all'autonomia delle istituzioni accademiche». Le preoccupazioni del Papa sono molto forti e la sua domanda precisa: «Oggi nel mondo l'esercizio della ragione e la ricerca accademica sono costretti, in maniera sottile e a volte nemmeno tanto sottile, a piegarsi alle pressioni di gruppi di interesse ideologici e al richiamo di obiettivi utilitaristici a breve termine e solo pragmatici?». Poi continua: «Cosa potrà accadere se la nostra cultura dovesse costruire se stessa solamente su argomenti alla moda, con scarso riferimento ad una tradizione intellettuale storica genuina o sulle convinzioni che vengono promosse, facendo molto rumore o che sono fortemente finanziate?».
Il mondo ha bisogno di fedi
Ha posto insomma ancora una volta la questione della verità e delle ragione, come aveva già fatto l'anno scorso al collegio dei Bernardini a Parigi e come fece nel famoso discorso a Ratisbona. I professori lo hanno ascoltato con grande attenzione e il rettore Hampl ha ricordato, salutando il Papa, quando venne qui a Praga nel 1992 per tenere una conversazione proprio all'Università Carlo sul tema della rilevanza pubblica delle religioni.
Ieri Benedetto XVI ha rilevato che «una ragione sorda al divino, che relega le religioni nel regno delle subculture, è incapace di entrare in quel dialogo tra la cultura e le fedi di cui il nostro mondo ha urgente bisogno».
E alla fine sul libro d'oro dell'Università Carlo ha lasciato scritto in latino una frase del Vangelo, che suona come un ammonimento: «La verità vi farà liberi».
Sul ruolo anche politico della verità e dei cristiani Benedetto XVI ha invece parlato nella sala del trono dell'arcivescovado di Praga, davanti a ortodossi, protestanti ed ebrei. Anche qui è tornato all'89, sottolineando che quell'impresa fu possibile anche per l'impegno dei cristiani.
Nella Germania comunista il movimento che portò alla caduta del Muro iniziò nelle Chiese evangeliche e qui a Praga furono i cattolici a organizzare una delle prime manifestazioni. Eppure oggi, ha denunciato il Papa, si tende a mettere ai margini il cristianesimo nella vita pubblica «talora con il pretesto che i suoi insegnamenti sono dannosi al benessere della società». Invece il cristianesimo ha «molto da offrire sul piano pratico e morale» e pochi sono coloro che lo «potrebbero contestare».
Le radici dell'europa
Ma ciò avviene solo se l'Europa ascolta «la sua stessa storia», cioè non nega l'esistenza delle sue radici religiose. Sono «più tenui», ammette il Papa, ma restano indispensabili per assicurare al Continente «il sostegno spirituale e morale» indispensabile per il dialogo con le altre culture. C'è tuttavia una avvertenza, che il Papa rilancia, cioè essere consapevoli che «il Vangelo non è un'ideologia e non pretende di bloccare entro schemi rigidi le realtà socio politiche che si evolvono». Il Vangelo, rimarca Ratzinger, è solo «luce gettata sulla dignità della persona umana in ogni epoca».
© Copyright Eco di Bergamo, 28 settembre 2009
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