mercoledì 30 settembre 2009
Perché il Progetto culturale di Ruini è essenziale e non c’è alcun piano B della Cei (Maurizio Crippa)
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Vaticanismi
Perché il Progetto culturale di Ruini è essenziale e non c’è alcun piano B della Cei
di Maurizio Crippa
“Il Progetto culturale, tuttora vivo e attivo, non è portato avanti con la stessa convinzione”, anzi c’è “un’inspiegabile freddezza a livelli anche alti della gerarchia”.
Così il giudizio tagliente e accorato, sul Foglio di ieri, del vaticanista Sandro Magister.
Il lento cambio della guardia ai vertici della chiesa italiana, fattosi burrascoso dopo la drammatica vicenda Boffo, ha posto all’ordine del giorno, non solo ecclesiale, il tema di una presunta “crisi” – o addirittura del possibile abbandono – del Progetto culturale della chiesa italiana, varato nel 1994 proprio da Ruini. Abbandono smentito in realtà non solo dalle dichiarazioni ufficiali ma anche dai fatti (l’imminente convegno su Dio), ma che, se fosse vero, dovrebbe porre un’altra domanda: la chiesa italiana ha pronto un “piano B”, ovvero un “progetto” differente? L’impostazione del problema non convince appieno Luigi Accattoli, decano dei vaticanisti, che prova ad allargare la veduta: “Non bisogna confondere quello che è un cambio avvenuto nel governo della chiesa italiana con una presunta crisi del progetto culturale, che invece non c’è.
Nella Cei è indubbio che i nuovi vertici – scelti però dal Papa, va ricordato – intendono seguire una linea di minor intervento in quello che chiamo il ‘conflitto legislativo’. E questo è in sintonia con una parte maggioritaria dell’episcopato, che era da sempre in sofferenza rispetto alla guida ruiniana”. Ma, spiega Accattoli, il Progetto culturale inteso come “lavoro per incrementare la rilevanza pubblica della fede e per sostenere una visione antropologica, quello non cambierà. Perché è un progetto ‘pedagogico’ di lunga durata. E soprattutto perché è frutto di una visione filosofica, culturale profonda e sedimentata, che inizia con l’ultimo pontificato di Montini e prosegue senza soluzione di continuità da allora. Un giudizio sulla modernità che non passa in fretta”. Il resto, compresi certi toni polemici, invece sì. Alla vitalità del Progetto serve però maggior freschezza. Al cuore del pontificato di Benedetto XVI c’è infatti l’esigenza di una “comunicazione della fede” più diretta ed essenziale.
Non è un caso che la filosofia di un sito di informazione religiosa molto vivace e seguito come Korazym.org, nato da un gruppo di giovani nel 2002 dopo la Giornata della gioventù di Toronto, sia proprio di “comunicare la vita, quindi anche quella della chiesa e il suo giudizio, attraverso i fatti e la realtà”, come dice una delle responsabili della giovanissima redazione, Angela Ambrogetti. “Chi non comunica non esiste”, si legge nella presentazione del giornale online, “ed è chiaro che i grandi temi che devono essere comunicati dai cristiani siano quelli che hanno a che fare con l’oggi, quindi la ‘questione antropologica’, la bioetica”, prosegue Ambrogetti, che non vede necessario alcun “piano B” per rendere diversamente presente la chiesa. Solo, aggiunge usando un termine caro al cardinal Ratzinger, “i cristiani dovrebbero essere meno ‘autooccupati’, autoreferenziali”.
Non esiste invece alcun “piano B”, secondo Marco Politi, “semplicemente perché il ‘piano A’ – inteso come definizione di un’antropologia culturale che valesse per tutti i cattolici – non è mai decollato in quanto irrealizzabile”. Storico vaticanista di Repubblica e autore del saggio polemico “La chiesa del no”, Politi spiega che il Progetto culturale, nel senso di organizzazione, convegni e studi come quello appena presentato sull’educazione (“lavoro eccellente”) continuerà tranquillamente sui suoi binari. “Ma la vera necessità culturale per la chiesa, al di fuori del ruolo politico che Ruini le ha garantito, sarebbe di iniziare a compiere una vera ricognizione di come a tutti i livelli, nella base, nelle assiociazioni, vengono oggi vissuti i contenuti della fede”. Perché, secondo Politi, la questione antropologica si gioca innanzitutto nel riconoscimento delle antropologie reali oggi presenti nella chiesa e nella società. Detto ciò, secondo Politi più che un “piano B” alla chiesa italiana “servirebbe un ‘piano ABC’, cioè il ripartire da un confronto interno più libero su tutti i grandi temi, che in questi anni è mancato, e non a caso poi si alimenta sui giornali, e non nelle riunioni ecclesiali”. E’ anche per questo, dice, che oggi come oggi “non ci sarebbe una gerarchia pronta e in grado di esprimere una visione culturale e antropologica”.
© 2009 - FOGLIO QUOTIDIANO
© Copyright Il Foglio, 30 settembre 2009 consultabile online anche qui.
Interessanti le riflessioni di Luigi Accattoli ed Angela Ambrogetti.
Non sono affatto d'accordo con Politi.
Egli parla sempre "pro domo sua" pensando che i Cattolici siano sempre su posizioni diverse rispetto alla gerarchia.
Il fatto che Repubblica (e gli altri giornali) vadano ad intervistare sempre e solo gli oppositori, non significa che tutti i Cattolici italiani la pensino allo stesso modo...anzi!
Inoltre la stragrande maggioranza dei cattolici italiani (e non solo) non aderisce ad alcun movimento.
In questo ha ragione da vendere Magister quando afferma "Si ragiona sempre in termini di cattolici praticanti, assidui, formati secondo curricula particolari, che hanno nei movimenti come le Acli e l’Azione cattolica le loro matrici. In realtà, c’è una massa sterminata che con questo tipo di curricula non c’entra affatto: è l’ossatura del cattolicesimo italiano".
Forse anche i vescovi dovrebbero iniziare a tenere in maggiore conto questo tipo di Cattolicesimo, non aderente ai movimenti, e, in maggioranza, fedele al Papa.
R.
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7 commenti:
Purtroppo negli ultimi anni (decenni) molti si sono abituati a pensare e vedere l’essere cattolico nelle sue forme (minoritarie) di organizzazione associativa (penso innanzitutto ai cosiddetti “nuovi movimenti”). Si è dimenticato così che “chiesa” mai è riducibile a una qualsivoglia costruzione sociale. Era troppo semplice soffermarsi dinanzi al cospetto di un raduno di massa di una parte minoritaria che non addentrarsi nel vero tessuto ecclesiale (che nella sua sostanza non è fatto di movimenti e quant’altro.). Sarebbe ora, dunque, di prendere sul serio un progetto culturale veramente ecclesiale.
Sottoscrivo e voglio sottolineare l’affermazione di Magister (che non riguarda solo l’Italia ma la chiesa ne suo insieme):
"Si ragiona sempre in termini di cattolici praticanti, assidui, formati secondo curricula particolari, che hanno nei movimenti come le Acli e l’Azione cattolica le loro matrici. In realtà, c’è una massa sterminata che con questo tipo di curricula non c’entra affatto: è l’ossatura del cattolicesimo italiano".
Secondo me, il vero progetto culturale sarebbe prendere sul serio la parrocchia invece dei movimenti. E' lì che si fa (o si dovrebbe fare) la formazione del popolo cattolico, quello che dice Magister, che però è rimasto un po' trascurato.
A mio modesto parere, il problema non è tanto il PROGETTO CULTURALE ruiniano, nella sua titanica presunzione di contrapporsi al laicismo imperante, divenato per molti cosiddetti giovani occasione di un posto di lavoro, che oggi difendono a denti stretti a colpi di slogan, ma l'assenza di qualsiasi progetto comunque qualificabile e pstoralmente significativo nelle varie Diocesi italiane. Provate a girare e a chiedere dove c'è un progetto pastorale comune condiviso tra vescovie preti escoprirete che nella maggior parte dei casi si va avanti alla giornata, senza prospattive nè coesione.
Ben vengano i grandi convegni di Ruini e tutta la catena massmediatica guidata per anni da Boffo e amici, che fanno versare fiumi di inchiostro agli addetti ai lavori. Il problema è che dietro atutto questo c'è soltanto il deserto. E questo Papa Benedetto lo sa bene! E a questo si dovrebbe e si vorrebbe porre un rimedio. Bartolo
Trovo insensato contrapporre i movimenti ai cattolici "generici" o alle parrocchie. Mi sembrava, tra l'altro, che l'opposizione fosse meno sottolineata, da qualche tempo, dall'una e dall'altra parte. Parecchi interventi di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI andavano in questo senso, cosi come altri pronunciamenti dell'allora cardinal Ratzinger. I movimenti, di principio, sono nella Chiesa, (nella Diocesi e nella Parrocchia), servono la Chiesa e non se stessi, testimoniano negli ambienti di vita quotidiana. Se non è così non lo è per incoerenza non per statuto.
Io, che ho avuto la grazia di approfondire il dono del Battesimo e l'appartenenza ecclesiale attraverso il carisma di un movimento, non sopporterei neppure per un istante un'appartenenza che non fosse nitidamente ecclesiale, pur nella specificità di una storia attraverso la quale si esprime l'unico Spirito di cristo.
"Si ragiona sempre in termini di cattolici praticanti, assidui, formati secondo curricula particolari, che hanno nei movimenti come le Acli e l’Azione cattolica le loro matrici. In realtà, c’è una massa sterminata che con questo tipo di curricula non c’entra affatto: è l’ossatura del cattolicesimo italiano".
Per quanto mi riguarda per scelta, non mi sono mai identificata in nessun movimento di quelli elencati da Magister ne in altri. Sono convinta che c'è da fare un grandissimo lavoro nelle parrocchie che, oltre a costruire campetti da calcio con relativi chioschi di bibite , affittare sale interne per rinfreschi, dovrebbero un pò di più curare l'aspetto pastorale inteso come far conoscere meglio ai fedeli il Magistero, le encicliche del Pontefice ed il loro significato applicato alla vita di tutti i giorni e se possibile, curare l'aspetto spirituale; dando la possibilità ad esempio della confessione, non solo negli orari d'Ufficio ma, ogni qualvolta un fedele ne senta il bisogno. La Parrocchia a mio avviso dovrebbe essere un luogo di crescita spirituale e non solo mentre molto spesso, viene scambiato per una multiservizi, dove allocare figli grandi e piccoli per evitare problemi più gravi.
Forse anche i vescovi dovrebbero iniziare a tenere in maggiore conto questo tipo di Cattolicesimo, non aderente ai movimenti, e, in maggioranza, fedele al Papa.
Già! Giusta osservazione.........ma, evidentemente questa maggioranza non interessa anzi!!!!!!
Un momento: non si tratta di movimenti in generale, ma di Azione Cattolica, ACLI, FUCI, insomma di tutta quella roba ("associazionismo") che da quarant'anni ha preteso di trascinare il laicato cattolico a sinistra. I veri movimenti sono altri: CL, i carismatici, i focolarini... Al limite Sant'Egidio. A parte quest'ultimo e in parte CL, gli altri non hanno connotazione politica e, anche se non contengono tutto il cattolicesimo, non vanno disprezzati né schivati. In altre parole: ma perché a dirigere "Avvenire", a occupare i posti chiave ecc. dev'esserci sempre qualcuno dell'Azione Cattolica o simili? Che cos'hanno di migliore?
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