domenica 12 aprile 2009

Benedetto XVI: «Dio salva chi ha perso la speranza» (Marroni)


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Benedetto XVI: «Dio salva chi ha perso la speranza»

Ai terremotati dice: «Non cedete allo sconforto»

Carlo Marroni

CITTÀ DEL VATICANO

C'erano tutte le sofferenze del mondo, ieri sera tra le pietre millenarie del Colosseo.
E negli occhi di tutti erano ancora impresse le immagini strazianti dei funerali delle vittime del terremoto. Benedetto XVI alle esequie ha inviato un messaggio di grande partecipazione e vicinanza alle vittime, che si è legato idealmente alla meditazione di avvio della Via Crucis di ieri notte, dove ha lanciato un forte messaggio di speranza di fronte alle tragedie: calamitá, guerre, rivoluzioni e conflitti possono mettere a dura prova la fede in Dio, ma sotto questi eventi c'è sempre un'azione «divina mirata» perché dal male nasca il bene e perché Dio salva «coloro che hanno perduto ogni speranza».
Le meditazioni di quest'anno per le 14 stazioni della Via Crucis sono state affidate al vescovo indiano di Guwahati, monsignor Thomas Menamparampil, salesiano di 72 anni, espressione di una chiesa sofferente e perseguitata, come testimoniato dai tragici fatti in Orissa: ha elencato in modo impressionate le piaghe del pianeta, dalle persecuzioni alle ingiustizie che si consumano nei tribunali, dalla corruzione ai soprusi che colpiscono i poveri, le minoranze, i rifugiati e i migranti.
E c'è un vero e prioprio attacco alla malapolitica, a quegli amministratori pubblici che, come Ponzio Pilato, prendono decisioni non per integrità ma per «opportunismo, più attenti ai propri interessi professionali che alla giustezza di una questione ». Il presule indiano – che guida una diocesi dove ci sono 50mila cattolici su 6 milioni di abitanti nell'estremo est del subcontinente – raccoglie tra l'altro il testimone del cardinale cinese Joseph Zen, il porporato (anche lui salesiano, come il Segretario di Stato, Tarcisio Bertone) noto per l'opposizone dura al regime di Pechino cui il Papa affidò le meditazioni lo scorso anno, rimarcando così una continuità con le chiese di frontiera.
«Vogliamo dire a noi stessi- ha scritto il Papa – che tutto non è perduto nei momenti di difficoltá. Quando le cattive notizie si susseguono, siamo oppressi dall'ansia. Quando la disgrazia ci colpisce più da vicino, ci scoraggiamo. Quando una calamità fa di noi le sue vittime, la fiducia in noi stessi è del tutto scossa e la nostra fede è messa alla prova». In veritá, scrive Benedetto XVI, «in tempi difficili non vediamo nessun motivo per credere e sperare. Eppure crediamo. Eppure speriamo. Questo può succedere nella vita di ognuno di noi. Questo succede nel più vasto contesto sociale ».
Insomma, è «in Cristo che comprendiamo il pieno significato della sofferenza » e il «suo valore redentivo». In questo senso, ha spiegato Ratzinger, «sotto la superficie di calamitá naturali, guerre, rivoluzioni e conflitti di ogni genere, vi è una presenza silenziosa, vi è un'azione divina mirata perché dal male nasca il bene sia nei piccoli eventi quotidiani che nei grandi accadimenti».
Ai funerali dell'Aquila Benedetto XVI – che nei prossimi giorni si recherà in Abruzzo – ha inviato i suoi due più stretti collaboratori: il cardinale Tarcisio Bertone e il suo segretario personale, monsignor Georg Gaenswein.
E proprio don Georg – presente per sottolineare la personale partecipazione del Papa, è stato detto – ha letto le parole del Pontefice, interrompendo una tradizione che vuole affidata al segretario di Stato la trasmissione dei messaggi apostolici. Il terremoto che ha colpito L'Aquila e l'Abruzzo «è un'immane tragedia» ma bisogna «continuare a sperare senza cedere allo sconforto», ha affermato nel messaggio, «sono spiritualmente presente in mezzo a voi, per condividere la vostra angoscia, implorare da Dio il riposo estremo per le vittime, la pronta ripresa per i feriti, e per tutti il coraggio di continuare a sperare senza cedere allo sconforto».
In un momento come questo di sconforto e tragedia «fonte di luce e speranza resta la fede che proprio in questi giorni ci parla della sofferenza del Figlio di Dio fattosi uomo per noi. La sua Passione, morte e resurrezione siano per tutti sorgente di conforto e aprano il cuore di ciascuno alla contemplazione di quella vita in cui non vi sarà più la morte, né lutto, nè lamento, nè affanno perché le cose di prima sono passate». E c'è chi, come il predicatore di casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa, ieri pomeriggio davanti al Papa e alla curia, ha lanciato un'accusa chiara: «Perché nelle case c'era sabbia al posto di cemento?».

© Copyright Il Sole 24 Ore, 11 aprile 2009

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