venerdì 8 maggio 2009

Benedetto in Terra Santa: la sfida d’un Papa mai “politically correct” (Rodari)


Vedi anche:

Oggi l’incontro del Papa col re Abdallah di Giordania (Il Giornale)

Viaggio del Papa in Terra Santa: la programmazione della Rai

Il Papa che piace agli ebrei d'Israele (Di Giacomo)

BENEDETTO XVI IN TERRA SANTA: LO SPECIALE DE "IL GIORNALE"

Il nunzio in Israele: Per la Terra Santa la speranza di una convivenza pacifica nella giustizia (Osservatore Romano)

Benedetto XVI in Terra Santa: Un pellegrinaggio nel rispetto dei diritti di ogni popolo (Osservatore Romano)

Ratzinger e l'ebraismo. Tra confronto autentico e rafforzamento di legami profondissimi (Osservatore Romano)

La Terra Santa di Ratzinger e quella di Wojtyla (Navarro-Valls)

Benedetto XVI in Terra Santa: il viaggio più importante (Tornielli)

Card. Ruini: la teologia elaborata da Joseph Ratzinger rappresenta una teologia storica consapevole delle sfide attuali al Cristianesimo (Ansa)

Benedetto Israele e l`islam (Jacob Neusner)

Vian sul pellegrinaggio del Papa in Terra Santa: "Alle radici della fede" (Osservatore Romano)

Viaggio del Papa in Terra Santa: il dossier della Fraternità San Pio X

Mozione anti-papa: il cinismo (con autogol) dei promotori, la coerenza di Nassauer, il fioretto di alcuni eurodeputati e le mie considerazioni...

La difficoltà del viaggio in Terra Santa è perfino semantica (Il Foglio)

Incantevole sorpresa dal New York Times: la statura gigante di Benedetto XVI (Sartori)

Le troppe interpretazioni già pronte del viaggio di Papa Ratzinger (Il Foglio)

Intenzione di preghiera per il viaggio del Santo Padre in Terra Santa

PELLEGRINAGGIO DEL SANTO PADRE IN TERRA SANTA (8-15 MAGGIO 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

Benedetto in Terra Santa: la sfida d’un Papa mai “politically correct”

mag 8, 2009

il Riformista

Il giusto equilibrio senza tradire la verità. Questo cercheranno d’essere le ventotto meditazioni che Benedetto XVI terrà in occasione del pellegrinaggio in Terra Santa - quarantacinque anni dopo Paolo VI, nove dopo Giovanni Paolo II - in programma da oggi a venerdì prossimo.
Un giusto equilibrio che coloro che hanno coadiuvato il Pontefice nella stesura dei testi (saluti, omelie e discorsi), promettono verrà mantenuto.
Anche se, a ben vedere, l’impresa non è facile.
Benedetto XVI non guarda mai a quel politically correct che la maggior parte dei suoi uditori, immancabilmente, si aspetterebbe facesse.
Non l’ha fatto a Ratisbona tanto che la lectio attorno alla verità che deve sottendere ogni incontro tra fedi diverse ha provocato una tempesta furiosa non soltanto nel mondo musulmano ma pure nella maggior parte dell’intellighenzia occidentale da tempo non più abituata a quella componente di scandalo insita all’interno d’ogni genuino pensiero cattolico.
Non l’ha fatto partendo per l’Africa, chiamando i condom «profilattici» - inusuale per un Pontefice - e ribadendo come una sregolata vita sessuale (che è messa in preventivo e forse invogliata dalla distribuzione dei condom) non aiuta la lotta all’aids. Non l’ha fatto negli Stati Uniti d’America nell’aprile di un anno fa: la lotta al terrorismo internazionale - disse - deve essere condotta «in buona fede, nel rispetto della legge e nella promozione della solidarietà nei confronti delle regioni più deboli del pianeta».
Parole non comode per l’amministrazione Bush ma che, accolte senza pregiudizi come gli americani più di altri sanno fare, hanno provocato una standing ovation al posto dei fischi.
Ratzinger è teologo oltre che Papa. Gentile e mite. Il suo argomentare è alto, un’altro passo per la frenesia del mondo. Per questo, spesso, non viene capito. I due mondi, il suo e quello dei suoi uditori, viaggiano su dimensioni differenti, parallele.
Il rischio insito dietro ogni suo discorso è tutto qui: sarà in grado l’uditorio di capire? Sarà capace di sganciarsi dal giogo di quello che il cardinale arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra ha definito recentemente «il potere del politically correct» ed entrare nella porta stretta, altra, contro corrente, del messaggio cristiano?
Certo, la verità che Benedetto XVI cercherà di dipanare nel suo dire in Terra Santa terrà conto delle varie sfumature. Terrà conto delle sensibilità in gioco: un argomentare da equilibrista in un campo minato. Perché un conto è non tradire la verità, altro è essere sprovveduti.
Sono tanti i “se” e i “ma” che Benedetto XVI ha dovuto considerare stendendo (coadiuvato dai suoi) le ventotto meditazioni. C’è da parlare, infatti, non dimenticando che è sui luoghi sacri calpestati dal Messia che egli si sta recando come un pellegrino, anzitutto quindi per scoprire e riscoprire il mistero che celano i posti descritti nel suo primo libro da Pontefice: Gesù di Nazaret.
C’è da parlare tenendo in considerazione la tregua - surrogato d’una vera pace - in atto; le sensibilità di Israele (lo scorso gennaio durante l’operazione “piombo fuso” Gerusalemme, riferendosi a dichiarazioni rilasciate dal cardinale Renato Raffaele Martino, lanciò pesanti accuse alla Santa Sede rea di aver speso parole pro Hamas «basate sulla propaganda» di quest’ultima), e dei palestinesi (sempre lo scorso gennaio il Papa spiegò loro che la «massiccia violenza» d’Israele era stata causata «da altra violenza», la loro appunto).
C’è da parlare ricordando le enormi difficoltà dei cristiani residenti nella regione. Questi, dai territori palestinesi sono in continua emigrazione, vessati dalla mancanza di alloggi e lavoro, mentre al di là del muro costituito da Israele lottano per la libertà d’espressione all’interno dei propri luoghi di culto.
C’è da parlare considerando che la Commissione bilaterale permanente di lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele manca a ogni appuntamento (il prossimo sarà nel dicembre 2009) i suoi goal principali: un trattato che dovrebbe riconoscere alla Chiesa le storiche esenzioni dalle tasse nella Terra Santa, fissare regole per la protezione delle proprietà della Chiesa e ottenere il ritorno di alcuni luoghi sacri.
E c’è da parlare ricordando che oltre a Israele e ai palestinesi, è parte del mondo musulmano ed ebraico che egli incontra da oggi a venerdì prossimo (domani si recherà alla Basilica del Memoriale di Mosè e visiterà la moschea Al-Hussein Bin Talal di Amman. Poi la visita al sito del Battesimo sulle rive del Giordano. Quindi Israele e i Territori palestinesi).
Quanto all’islam, la partenza del viaggio è in discesa: l’incontro con il Re e la Regina di Giordania è garanzia di distensione. Abd Allah II è promotore del Messaggio di Amman che diede un forte impulso al mondo islamico sulla strada del dialogo con ebrei e cristiani.
Quanto agli ebrei ci sono le incrostazioni lasciate dall’affaire Richard Williamson. A parte del mondo ebraico è risultato incomprensibile il fatto che egli non si sia accorto delle tesi negazioniste del vescovo lefebvriano prima di concedergli la revoca della scomunica. E di queste incomprensioni Ratzinger dovrà tener conto. Anche se a pochi, tuttavia, è sfuggita una spiegazione pratica del pasticciaccio lefebvriano: il mondo Internet, che avrebbe facilmente aiutato il Pontefice ad accorgersi dell’inghippo, non è ancora di casa oltre il Tevere.
Soprattutto non lo è nella segreteria di Stato la quale, per difendere i propri archivi, lavora senza tenere il passo delle nuove tecnologie. Lavora su carta.

© Copyright Il Riformista, 8 maggio 2009 consultabile online anche qui.

Nessun commento: