giovedì 9 luglio 2009

Intervista all'economista Deaglio. Il Papa ai Grandi dice: trovate un'altra forma di globalizzazione


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IL TESTO DEL MOTU PROPRIO "ECCLESIAE UNITATEM" A PROPOSITO DELLA COMMISSIONE ECCLESIA DEI

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MOTU PROPRIO "ECCLESIAE UNITATEM" A PROPOSITO DELLA COMMISSIONE ECCLESIA DEI: LO SPECIALE DEL BLOG

IL TESTO INTEGRALE DELL'ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE"

ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE": LO SPECIALE DEL BLOG

Su segnalazione di Elisabetta leggiamo:

l'intervista

Mario Deaglio (economista) Il Papa ai Grandi dice: trovate un'altra forma di globalizzazione

«Sono rimasto molto colpito dalla quantità di temi che l'enciclica sociale di Benedetto XVI riesce a trattare», commenta l'economista Mario Deaglio, studioso della globalizzazione, docente di Economia internazionale all'Università di Torino, editorialista della «Stampa» e già direttore del «Sole 24 ore».

«Si va - spiega - dall'eutanasia alla microfinanza, dalla globalizzazione al turismo, dall'ambiente alle fonti alternative di energia, dalle migrazioni al diritto di proprietà sui farmaci. E poi naturalmente la finanza, la responsabilità sociale d'impresa, il sindacato, il ruolo del manager e dell'imprenditore. Tutto inserito in un discorso ben costruito e coerente. Con i quattro pilastri fondamentali: sviluppo economico e società civile; diritti e doveri, ambiente; collaborazione della famiglia umana; sviluppo dei popoli e la tecnica. C'è anche una forte dimensione sovraindividuale, in nome del bene comune, ma con l'individuo, con la sua suprema dignità, sempre al centro».

Quella progettata da Benedetto XVI è come una gigantesca cattedrale dell'economia, insomma.

«Non solo dell'economia, ma anche della società e della politica. Del resto è legato alla politica anche il momento in cui il documento viene divulgato: proprio nel momento in cui all'Aquila comincia il G8 dei Grandi».

La data di presentazione dell'enciclica, dunque, non è casuale?

«Assolutamente no. Benedetto XVI parla in questo momento ai Signori del mondo che si riuniscono all'Aquila e dice loro con gentilezza cose terribili».

Ad esempio?

«Volendo banalizzare, il Papa dice loro senza mezzi termini che hanno sbagliato tutto, che la loro globalizzazione ormai è a pezzi e sta portando il pianeta al disastro. L'enciclica poi passa a tracciare lo schizzo di una globalizzazione diversa, finalizzata alla realizzazione del bene comune».

Cosa viene rappresentato in queste pagine?

«Un'alternativa allo stato di cose attuale.
Esce dall'equivoco globalizzazione sì o globalizzazione no. Benedetto XVI dice loro: sì alla globalizzazione, ma non come l'avete fatta voi, che vi porta al disastro. Alla crisi di sistema.
E così passa a parlare di crisi di sistema come avrebbe detto lo storico francese Fernand Braudel. La crisi che stiamo vivendo non è solo finanziaria o economica, ma ha varie sfaccettature: sociale, politica a livello nazionale e internazionale. Di fronte tutto questo, dice il Papa, ci deve essere un rimedio comprensivo di tutto questo».

E qual è il rimedio?

«Quello articolato nei quattro pilastri di cui le dicevo. La parola chiave è "caritas", che dà anche il titolo all'enciclica, l'amore che si specchia nella Verità divina».

Nel documento si parla anche di migrazioni.

«Mi pare che in tema di migrazioni e di regolazione dei flussi il Papa abbia delineato una doppia responsabilità. Quella dei Paesi destinatari ma anche dei Paesi di origine. Non si può scaricare la responsabilità dei grandi flussi migratori volta per volta sui singoli Paesi. Qualunque migrante che si sposta nel mondo è una responsabilità di tutti.
Mentre la linea dell'Unione europea è stata per lunghissimi anni quella per cui ciascun Paese si sarebbe occupato dei problemi riguardanti i suoi confini. Da questo punto di vista il Papa è un passo avanti agli altri».

Che altro l'ha colpita dell'enciclica?

«L'omaggio a Paolo VI, alla sua enciclica sociale "Populorum progressio", la cui pubblicazione è avvenuta immediatamente dopo la chiusura del Concilio Vaticano II. Ratzinger dedica un capitolo intero, il primo per la precisione e numerosissime citazioni. L'ho trovato estremamente interessante. La rilettura a quarant'anni dalla pubblicazione, scrive il Papa, "sollecita a rimanere fedeli al suo messaggio di carità e di verità". L'ex prefetto della Congregazione della dottrina della fede di Giovanni Paolo II dedica molto più spazio a Paolo VI che alla "Centesimus annus" e alla "Sollicitudo rei socialis", due delle grandi encicliche sociali di Wojtyla. Sicuramente è una presa di posizione importante. Un'altra cosa è il ruolo delle altre religioni, che vengono trattate con molto rispetto. Una dimensione della valorizzazione religiosa, perché tutte le religioni devono avere voce in capitolo».

Che risposta dà Benedetto XVI, in questa terza enciclica e nel suo primo documento della dottrina sociale della Chiesa, all'attuale crisi economica? Qual è la sua ricetta?

«Benedetto XVI dice che dare risposte concrete non è responsabilità sua, ma ci sono gli ingredienti con cui si può preparare queste risposte. E certi ingredienti sono stati dimenticati dalla maggior parte dell'umanità. Come il concetto di persona o il connubio tra solidarietà e sussidiarietà. L'autore dell'enciclica condanna l'ambizione di costruire una società in cui le persone contano poco (ad esempio attraverso il controllo delle nascite) opponendovi una carità che non è solo sentimentalismo ma l'elemento fondante della società umana.
Dobbiamo avere quegli ingredienti che mancano per costruire una globalizzazione nuova. D'altra parte non demonizza il denaro, vede in esso degli aspetti materiali buoni, come la ricchezza per tutti. Non c'è alcuna preclusione nei confronti della ricchezza da parte di Benedetto XVI. Purché questa ricchezza abbia il suo posto, che non è certo il primo posto, in un quadro generale, e soprattutto purché abbia messo fine a problemi come la povertà del prossimo».
Fr. An.

© Copyright Eco di Bergamo, 8 luglio 2009

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