martedì 29 settembre 2009

Parla Jiri Baros docente di cristianesimo e politica: «Benedetto XVI ci guida a comprendere la realtà» (Geninazzi)


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Il Papa: "Se i nostri occhi rimangono aperti alla bellezza della creazione di Dio e le nostre menti alla bellezza della sua verità, allora possiamo davvero sperare di rimanere giovani e di costruire un mondo che rifletta qualcosa della bellezza divina, in modo da offrire ispirazione alle future generazioni per fare altrettanto" (Discorso di congedo)

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«Benedetto XVI ci guida a comprendere la realtà»

Parla Jiri Baros docente di cristianesimo e politica

DAL NOSTRO INVIATO A PRAGA

LUIGI GENINAZZI

Per partecipare agli incontri con il Papa si è alzato all’alba due mattine di fila.
Domenica era presente in mezzo alla grande folla di Brno.
E poi ieri, insieme con un gruppo di amici, non ha voluto mancare l’appuntamento a Stará Boleslav.
Jiri Baros è il volto giovane della Chiesa ceca, quella che, rompendo gli stereotipi sulla società più atea di tutta Europa, ha accolto Benedetto XVI con grande convinzione ed entusiasmo. Jiri è stato battezzato in epoca comunista da un prete clandestino che poi sarebbe diventato suo padre spirituale.

«Mi ha fatto scoprire la bellezza del cristianesimo, la stessa di cui ci parla e ci dà testimonianza ogni giorno il Pontefice » , dice. Storico della Chiesa, laureato in legge e scienze politiche, Jiri Baros tiene un corso su « cristianesimo e politica » all’università di Brno. La persona giusta con cui valutare l’effetto della tre giorni di Papa Ratzinger in terra ceca.

Che impatto potranno avere le parole e i gesti di Benedetto XVI sull’opinione pubblica di questo Paese?

Attorno alla figura di questo Papa c’è una barriera di pregiudizi molto forti nella nostra società. Non si tratta di un atteggiamento ostile ma di una sostanziale indifferenza che è tipica del nostro carattere nazionale. I cechi, in generale, sono come il «buon soldato Svejk» che affronta i problemi della vita quotidiana con l’umorismo e il gusto dello scherno, prendendosi gioco di chi propone grandi ideali. È una forma d’autodifesa, una corazza difficile da scalfire. Ma qualche cosa di diverso può succedere.

Cosa glielo fa pensare?

Le faccio un esempio. All’università ho un gruppo di studenti che sono interessati alla storia della Chiesa ed ai suoi rapporti con la politica. Quando una volta ho proposto d’approfondire l’argomento leggendo il discorso pronunciato da papa Ratzinger a Ratisbona c’è stata una mezza sollevazione. Ma poi qualcuno, sia pure controvoglia, ha iniziato a leggere il testo ed è stato colpito dalla sua profondità, dal fatto che non è moralista e va alle radici delle cose.
Io ci vedo una conferma di quanto ci ha detto il Papa a Stará Boleslav, nel suo bellissimo messaggio: « quando il cuore di un giovane si apre ai suoi divini disegni, non fa troppa fatica a riconoscere e seguire la sua voce » .

A Stará Boleslav c’erano decine di migliaia di giovani, a Brno c’è stato un autentico bagno di folla per il Papa. La fede dunque non è morta in Repubblica Ceca...

Certo che no! La Chiesa è una realtà minoritaria ma è molto attiva con istituzioni educative, caritative e assistenziali. Il punto debole è la sua difficoltà nel rivolgersi alla società, alla grande maggioranza di cittadini che non sono credenti.

A suo avviso, quali sono i motivi di questa debolezza?

La Chiesa cattolica, per ragioni storiche, è stata profondamente influenzata dalla mentalità protestante.
Tra i credenti, anche quelli fedeli al Papa, dominano l’individualismo e il misticismo sentimentale. Si è esaurito il filone della cultura cattolica che esisteva ai tempi della Prima Repubblica, fondata nel 1918, e in qualche modo sopravvisse all’occupazione nazista. Ma dopo il 1948 venne cancellata dalla dura repressione comunista, vescovi, preti e intellettuali finirono in prigione.
Rinacque un po’ con Charta 77 e la dissidenza degli intellettuali, ma in questi ultimi vent’anni dobbiamo riconoscere purtroppo che la Chiesa si è trovata ai margini del dibattito culturale e sociale.

La visita di Benedetto XVI potrà segnare una svolta per la Chiesa di questo Paese?

Io spero proprio di sì. Mi è molto piaciuta l’espressione del Papa quando si è riferito alla necessità che la Chiesa si ponga come « una minoranza creativa».
Ci ha spronato a diventare una realtà del genere, un’indicazione che a mio avviso dovrà essere presa molto sul serio dai credenti. Ci ha parlato di una vita piena di valori e di felicità. Molti di noi in questi tre giorni hanno fatto l’esperienza di un incontro. Papa Ratzinger non è solo un grande intellettuale, come dicono tutti in modo un po’ troppo riduttivo. È soprattutto un grande maestro che ci educa alla comprensione della realtà.

© Copyright Avvenire, 29 settembre 2009

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho appena letto un articolo sul Manifesto schiumante rabbia e veleno. Naturalmente, per loro, trattasi di flop praghese. Poveracci è brutto vivere nel passato.
Alessia