mercoledì 26 novembre 2008

L'auspicio del Papa per la pace in Iraq nell'incontro con mons. Warduni (Radio Vaticana)


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L'auspicio del Papa per la pace in Iraq nell'incontro con mons. Warduni

“L’Iraq è nel nostro cuore. Ricordiamo sempre i cristiani, preghiamo per loro e per la pace nel Paese”. E’ quanto ha detto il Papa a mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei caldei, nel corso del loro breve incontro al termine dell’udienza generale. Lo riferisce il Sir. Una vicinanza che arriva in un momento cruciale per il destino dell’Iraq; nel pomeriggio il Parlamento è chiamato a esprimersi sull’accordo per la sicurezza con gli Stati Uniti. L’intesa prevede il ritiro delle truppe americane entro il 2011 e la creazione di una commissione mista per giudicare i soldati Usa che abbiano commesso reati fuori servizio. Intanto sul terreno due persone sono morte e altre 19 sono rimaste ferite per l’esplosione di tre ordigni a Baghdad. Una situazione che resta difficile anche per le ultime violenze anticristiane nella zona di Mosul ma non mancano segnali positivi come conferma al microfono di Luca Collodi lo stesso mons. Shlemon Warduni:

R. – C’è un piccolo miglioramento sul fronte del terrorismo che dà un po’ di speranza. La questione però non riguarda solo Baghdad ma anche altre città come Mosul e Kirkuk dove ogni tanto si registra prima l’aumento e poi la diminuzione della violenza. Non è quel segno di speranza che però ci fa dire che avremo la pace.

D. – In Occidente abbiamo letto più volte delle violenze contro i cristiani. Qual è veramente, mons. Warduni, la situazione?

R. – Certamente questa cosa ci rende tristi perché noi abbiamo vissuto tanti secoli insieme in pace. Durante tutte le guerre, le nostre chiese, le nostre case sono state aperte ai musulmani e a tutte le altre confessioni. In questi ultimi tempi, però, ci meraviglia che i cristiani siano attaccati in modo così diabolico; in poco tempo ne sono stati uccisi 13, tre case sono state distrutte e più di 2500 famiglie sono state cacciate dalle loro abitazioni, costrette a un’emigrazione forzata. Con i megafoni è stato detto ai cristiani: “Lasciate le vostre case”. Abbiamo fatto appelli a tutto il mondo perché il nostro governo si muovesse per la pace e mandasse le forze armate irachene. Ci hanno sentito e il primo ministro con il presidente hanno inviato i soldati che hanno portato un po’ di pace. In quelle zone i cristiani hanno riacquistato un po’ di fiducia anche perché hanno saputo che noi ci stiamo facendo sentire e 700, 800 famiglie sono tornate.

D. – I cristiani quindi a Mosul stanno rientrando nelle proprie case...

R. – Stanno rientrando, però tanti non hanno ancora fiducia e hanno paura che verranno cacciati di nuovo. Purtroppo all’inizio né il governo, né l’amministrazione di Mosul, né i partiti ci hanno aiutato. Solo dopo alcuni giorni di appelli continui ci hanno ascoltato ma purtroppo né l’Europa, né l’America, né l’Onu, nessuno ci ha supportato in quell’occasione. Per questo noi diciamo a tutti quelli che si occupano di diritti umani - e non perché cristiani – che vogliamo che vengano fatti valere anche per noi.

D. – Mons. Warduni come i cristiani in Occidente possono aiutare i cristiani iracheni?

R. – Prima di tutto con la preghiera. Chiediamo a Dio perché Lui è il re della pace che può fare tutto: Lui può cambiare le menti, i cuori, gli atteggiamenti. Il mondo è pieno di interessi come per il petrolio che noi abbiamo; forse senza questo oro nero noi saremmo in pace. Poi bisogna sensibilizzare i governi perché nella nostra nazione, nelle nostre case siamo stranieri. Terza cosa, che quelli che sono andati via siano aiutati.

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