giovedì 27 novembre 2008

Ad un anno dalla pubblicazione dell’Enciclica “Spe salvi”, la riflessione del vescovo Luigi Negri sulla speranza cristiana (Radio Vaticana)


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Ad un anno dalla pubblicazione dell’Enciclica “Spe salvi”, la riflessione del vescovo Luigi Negri sulla speranza cristiana

Un anno fa, il 30 novembre del 2007, la pubblicazione della “Spe Salvi”, seconda Enciclica di Benedetto XVI. Nel documento magisteriale, il Pontefice si sofferma sulla vera natura della speranza cristiana. Una speranza alimentata dalla fede nel Dio amore e che, proprio in ragione di questa origine, non è mai individualistica, ma sempre aperta al prossimo.
Il servizio di Alessandro Gisotti:


Spe salvi facti sumus, “Nella Speranza siamo stati salvati”: Benedetto XVI prende spunto da un passo della Lettera di San Paolo ai Romani per sviluppare la sua riflessione sulla fisionomia della speranza cristiana. E sottolinea innanzitutto la sua stretta connessione con la fede. La speranza, spiega il Papa, è un dono capace di cambiare la vita di chi lo riceve. Ma in che cosa, dunque, consiste questa speranza? Ecco come Benedetto XVI ne delinea il tratto fondamentale nell’Angelus del 2 dicembre del 2007:

“Consiste in sostanza nella conoscenza di Dio, nella scoperta del suo cuore di Padre buono e misericordioso. Gesù, con la sua morte in croce e la sua risurrezione, ci ha rivelato il suo volto, il volto di un Dio talmente grande nell’amore da comunicarci una speranza incrollabile, che nemmeno la morte può incrinare, perché la vita di chi si affida a questo Padre si apre sulla prospettiva dell’eterna beatitudine”.

Una speranza “affidabile”, dunque, di cui l’uomo ha bisogno anche in un tempo segnato da un tumultuoso sviluppo tecnologico:

“Lo sviluppo della scienza moderna ha confinato sempre più la fede e la speranza nella sfera privata e individuale, così che oggi appare in modo evidente, e talvolta drammatico, che l’uomo e il mondo hanno bisogno di Dio – del vero Dio! – altrimenti restano privi di speranza”.

La scienza, riconosce il Santo Padre, “contribuisce molto al bene dell’umanità, - senza dubbio - ma non è in grado di redimerla”. L’uomo, avverte, “viene redento dall’amore, che rende buona e bella la vita personale e sociale”:

“Per questo la grande speranza, quella piena e definitiva, è garantita da Dio, dal Dio che è l’amore, che in Gesù ci ha visitati e ci ha donato la vita, e in Lui tornerà alla fine dei tempi. E’ in Cristo che speriamo, è Lui che attendiamo!”

La Speranza del cristiano, dunque, è in definitiva una Persona. Il Papa lo ribadisce ai Vespri di fine anno, il 31 dicembre 2007:

“È Cristo la nostra speranza 'affidabile' ... Ma la nostra speranza è sempre essenzialmente anche speranza per gli altri, e soltanto così essa è veramente speranza anche per ciascuno di noi”.

Per una riflessione sulla speranza cristiana e sul messaggio fondamentale consegnato dal Papa ai fedeli con l’Enciclica “Spe salvi”, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro:

R. – La fisionomia fondamentale della speranza cristiana è la presenza di Cristo, cioè la vera speranza dell’uomo e del mondo. E’ una presenza obiettiva, concreta, storica, carnale. La speranza cristiana non ha nulla di quella astrazione e lontananza che ha caratterizzato ciclicamente le false forme di speranza su cui il Papa appunta alcune critiche sostanziali in una parte della Spe Salvi. La speranza cristiana è un evento, cui siamo chiamati a partecipare e vi partecipiamo vivamente. E’ un annuncio di straordinaria importanza, vorrei dire di straordinaria concretezza. In un mondo flagellato dal male, dalle ingiustizie e da situazioni incredibili di violenza, di disperazione, il Papa ha posto la speranza come un evento cui l’umanità di oggi, se vuole, può partecipare accogliendo nella fede la presenza di Cristo.

D. – Ecco, lei faceva proprio cenno alle sofferenze che segnano la vita di così tanti uomini, pensiamo proprio - per guardare alla strettissima attualità - agli attentati in India, ma poi alla crisi economica, ai cataclismi naturali: l’uomo è portato – è sempre stato così – a chiedersi dove sia Dio in queste situazioni. In che cosa sperare, dunque, cosa dice un pastore ai suoi fedeli al riguardo?

R. – Il Papa dice, e noi diciamo, che la verità, la bellezza, la giustizia esistono già nel mondo e tutto ciò è legato alla presenza di Cristo. Certo, è un legame, quello della fede con il Signore, che cambia la nostra vita e ci fa partecipare progressivamente della sua novità. E’ una certezza che nella fede incontra il male del mondo, incontra innanzitutto il male come una teoria sbagliata sull’uomo, e quindi una teoria sbagliata sui suoi ideali. Ecco, allora, che la speranza cristiana si è incontrata nella storia con una serie di speranze umane o mondane, che non solo non hanno dato una immagine adeguata dell’uomo, ma hanno realizzato un progressivo annichilimento dell’uomo. Ecco, noi dobbiamo avere la forza e il coraggio di rimettere al centro con tutta la sua inizialità, ma anche con tutta la sua definitività, questa novità, affidandola al cuore di Dio, affidandola alla libertà degli uomini, perché attraverso questa testimonianza si formi come un fattore controcorrente: un piccolo rivolo di una corrente di vita nuova e diversa che è già presente e che se Dio vuole potrà fermentare in modo positivo la vita della società in questo momento.

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