mercoledì 2 settembre 2009

Resa dei conti per l’ultimo dei “ruiniani”: l'analisi di Giacomo Galeazzi


Resa dei conti per l’ultimo dei “ruiniani”

GIACOMO GALEAZZI

Dino Boffo è arroccato nel fortino assediato di «Avvenire» malgrado l'ipotesi «dimissioni» sia nell'aria da giorni sia in Vaticano sia nell'episcopato italiano.
Dietro la sua strenua autodifesa nessuno in Curia fatica a scorgere Camillo Ruini.
Una volta ciò sarebbe bastato a far cessare ogni voce di avvicendamento al vertice del giornale della Cei. Ora, però, il vento è cambiato.
L'epoca in cui il «cardinale sottile» era il plenipotenziario di Wojtyla in Italia e Boffo il suo braccio destro, ha ceduto definitivamente il passo all'attuale fase nella quale, per volontà di Benedetto XVI, il governo della Chiesa e le relazioni con la politica sono saldamente nelle mani del segretario di Stato, Tarcisio Bertone, in stretta collaborazione con il nuovo capo della Cei, Angelo Bagnasco, legati tra loro da «frequente contatto e profonda conoscenza e stima», come puntualizza il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi.
A far affiorare ulteriormente le divisioni nei Sacri Palazzi tra la vecchia linea ruiniana e l'attuale leadership bertoniana è stata ieri l'insolita «battaglia di carta» nell'editoria cattolica tra il giornale della Santa Sede e quello della Conferenza episcopale. A sorpresa, l'editorialista dell'Avvenire autrice dell'articolo su naufragio degli eritrei e Shoah (citato dal direttore dell'Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian quale esempio di un atteggiamento «imprudente ed esagerato» del quotidiano dei vescovi) ha replicato seccamente. Il giudizio di Vian sarebbe frutto di «letture non vere e fuorvianti».
Il direttore dell'Ossevatore, vicinissimo a Bertone, aveva giudicato «imprudente ed esagerato paragonare il naufragio degli eritrei alla Shoah, come ha suggerito un editorialista del quotidiano cattolico». La dura risposta di Avvenire è indicativa di un clima di tensione del tutto inedito tra i fogli ecclesiastici. Ed è il sintomo di un attrito che da Oltretevere paragonano ad una «sovrapposizione di ere geologiche».
La gestione Ruini non è mai uscita completamente di scena tanto che l'ex leader dei vescovi, prima della pensione, si è fatto creare in Cei un comitato per il Progetto culturale di cui ha assunto la presidenza. Da lì ha continuato a tenere un piede nei rapporti con il mondo politico, nonostante Bagnasco abbia progressivamente collocato nei posti chiave propri uomini di fiducia come il segretario generale Mariano Crociata e il sottosegreterio Domenico Pompili, entrambi molto stimati anche con Bertone. Nell'ormai completata transizione, la direzione Boffo è rimasta, esemplificano in Vaticano, come «un dinosauro nel dominio dei mammiferi».
Nei giorni scorsi, deplorando «manovre e chiacchiericcio di certi ambienti curiali, purtroppo poco permeati da vero amore alla Chiesa», alla vigilia dello scandalo-Boffo lo stesso Bertone sul'Osservatore Romano ha criticato «l'abitudine di imputare al Papa (o, come si dice, soprattutto in Italia, al Vaticano) la responsabilità di tutto ciò che accade nella Chiesa o di ciò che viene dichiarato da qualsiasi esponente o membro di chiese locali, di istituzioni o di gruppi ecclesiali».
E ha stigmatizzato: «Ciò non è corretto. Occorre attribuire a ciascuno la propria responsabilità per fatti e parole, soprattutto quando essi contraddicono patentemente gli insegnamenti e gli esempi del Papa. L'imputabilità è personale, e questo criterio vale per tutti, anche nella Chiesa».
Prova a gettare acqua sul fuoco delle polemiche padre Lombardi. «Vi sono differenze di approccio fra i media vaticani e quelli del mondo cattolico italiano quanto ai temi e ai dibattiti in corso nella società e nella politica italiana, date le differenti finalità e attenzioni prioritarie di tali media», spiega. Ma in Curia fanno notare che non casualmente il direttore dell'Osservatore Romano è intervenuto nel caso-Avvenire dopo che era uscito allo scoperto Camillo Ruini per difendere Boffo («La sua nomina a direttore di Avvenire è una mia scelta e la rivendico ancora oggi»).

© Copyright La Stampa, 4 settembre 2009

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