martedì 29 settembre 2009

Il "Bam­bin Gesù di Praga": quel «Divino Infante» che risvegliò una nazione (Roncalli)


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LA STATUA SACRA

Quel «Divino Infante» che risvegliò una nazione

DI MARCO RONCALLI

Ridare visibilità a Cristo in un Pae­se in cui si dichiara credente un quarto degli abitanti.
Ecco il sen­so della visita di Benedetto XVI al Bam­bin Gesù di Praga, nella chiesa di S. Ma­ria della Vittoria, meta di quasi un mi­lione di pellegrini e turisti provenienti da tutto il mondo ogni anno.
Se la storia di questa statua può ricolle­garsi idealmente alla concezione del «Dio Infante» presente dall’alba del cri­stianesimo che, attraversato il Medioe­vo si vede raffigurata anche in statuette già fra i secoli XIV-XV, e se sono noti gli influssi della spiritualità carmelitana e della pietà popolare su questa devozio­ne, sono ancora molti invece i segreti del « Gratiosus Iesulus » che benedice con la mano destra e tiene il globo nella mano sinistra.
Cominciando dall’origine un po’ misteriosa di questa statua. «Il fatto che il viso di Gesù Bambino sia di tipo moresco corrobora l’ipotesi di una pro­venienza dalla Spagna meridionale. È là che Donna Isabella de Manrique Lara y Mendoza, l’aveva acquisita per farne do­no alla figlia Maria, in occasione del suo matrimonio con Vratislav di Pernstejn. Quest’ultima l’offrirà, a sua volta, a sua figlia Polissena, nel 1587, come dono di nozze. Rimasta vedova, Polissena di Lobkowic la regalerà al priore del con­vento dei Carmelitani Scalzi di Nostra Signora della Vittoria di Praga...». Que­sta la tesi di Philippe Beitia nel volume «Gesù Bambino di Praga. Storia e spiri­tualità », che uscirà presto da Gribaudi e renderà conto del legame fra la statuet­ta e la storia della Boemia. Un vincolo stretto in un culto che è stato «un segno del risveglio salutare di forze vive ferite, per mezzo delle quali la gente della Con­troriforma voleva esprimere tutto il pro­prio amore verso il Divino Redentore nella sua forma di Bambino», ha scritto suor Giovanna della Croce invitando a decodificare la pietà barocca.
Un culto che ha conosciuto alti e bassi: dalla guerra di successione alla morte di Carlo VI (1741) tra l’imperatrice Maria Teresa e il principe elettore di Baviera Carlo Alberto, con la città rimasta in­denne dopo l’affidamento al suo Gesù Bambino, al periodo di declino seguito all’illuminismo. Il rinnovamento del cul­to riprenderà vigore alla fine del XIX se­colo grazie alla diffusione delle immagi­ni, a partire da Praga, con l’impegno car­melitano dall’Europa all’America, dal­l’India all’Africa (per l’Italia si pensi al santuario di Arenzano). Una fioritura spirituale con tanto di approvazione pa­pale quando dilagano le confraternite e persino i neonati vi vengono iscritti, af­fidati alla protezione del Bambino: un tema illustrato da Paul Claudel nei ver­si di «Corona benignitatis anni Dei», («...Là in alto, sulla mensola, sopra i due letti, sotto il suo globo di vetro, con la corona in testa, una delle mani regge il mondo, l’altra pronta a coprire i piccoli che si affidano ad essa, molto grazioso nel suo lungo abito solenne e magnifi­co sotto questo enorme cappello giallo il Bambino Gesù di Praga regna e tro­neggia. È molto solo davanti al focolare che l’illumina come l’ostia nascosta in fondo al santuario, il Dio Bambino pro­tegge i suoi piccoli fratelli fino al matti­no...»).
Ma a proposito di scrittori va ricordata – come ha fatto il priore del Carmelo di Praga Petr Sleich – la familiarità di An­toine de Saint-Exupéry con il Bambin Gesù di Praga ispiratore del capolavoro Il Piccolo Principe. Oppure i versi dedi­cati al «Bambin Gesù» di Praga, «trave­stito nell’abito d’oro scuro da imperato­re » dalla poetessa Birgitta Trotzig nella raccolta «Nel fiume di luce» (Mondado­ri). Potremmo continuare con lavori più popolari o libri per ragazzi pluritradotti come quelli di Ivana Pechackova, o per­sino ricordare Bruce Chatwin che nel ro­manzo «Utz» (Adelphi) definisce il Bam­bin Gesù di Praga «un avido neonato che si appropria delle collane delle pie da­me »... Meglio però ricordare Edith Stein , cioè Teresa Benedetta della Croce che nel suo «Il mistero del Natale» (Queri­niana) echeggiando il salmo 72, medi­tava così: «Davanti ad una piccola im­magine di Gesù Bambino di Praga, un’i­dea mi è balzata improvvisamente in mente: è giusto che Egli porti sul capo u­na corona imperiale e non è certamen­te un caso che ciò si sia manifestato pro­prio a Praga. Praga è stata, infatti, in tut­ti questi ultimi secoli, la sede dell’anti­co Impero Romano Germanico… Gesù Bambino, allora, è giustamente venuto quando il potere imperiale stava arri­vando alla fine. Non è infatti Lui l’«Im­peratore nascosto» che deve mettere fi­nalmente un termine a tutte le miserie? È proprio lui che ha in mano le redini, anche se gli uomini pensano di detene­re il potere».

© Copyright Avvenire, 27 settembre 2009

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