venerdì 21 novembre 2008

Il mercato senza etica, per Ratzinger, doveva finire così (ItaliaOggi)


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Su segnalazione di Elisabetta leggiamo:

il futuro papa profetizzò la crisi

Il mercato senza etica, per Ratzinger, doveva finire così

Tremonti ricorda che nel 1986 da prefetto alla Congregazione della Fede ha visto i pericoli del laissez faire

Un approccio scientifico che si ritiene in grado di gestire il mercato senza etica disconosce la realtà dell'uomo. E quindi non è scientifico. Oggi abbiamo bisogno del massimo di comprensione specialistica dei fenomeni economici, ma anche del massimo di etica, cosicché la comprensione dell'economia possa entrare al servizio degli obiettivi giusti. Solo in questo modo quella sapienza sarà politicamente praticabile e socialmente tollerabile».
Era il 1986, una vita fa, e l'allora prefetto della Congregazione della dottrina della fede, cardinale Joseph Ratzinger, ragionava così sugli effetti della globalizzazione e di un mercato senza controlli.

L'articolo, scritto da colui che una ventina di anni dopo sarebbe stato il successore di Giovanni Paolo II, con il nome di Benedetto XVI, venne presentato nel corso del simposio «Church and economy in dialogue» e riletto alla luce della tempesta finanziaria ed economica che ha colpito il mondo nel 2008, con segnali di allarme rimasti quasi inascoltati fino al luglio del 2007 è un esempio di preveggenza.. «La disuguaglianza economica tra Nord e Sud del mondo sta diventando sempre più una terribile minaccia per la coesione del genere umano», esordì Ratzinger. «Il pericolo per il nostro futuro che viene da questa minaccia potrebbe essere non meno reale di quello che procede dagli arsenali di armi con i quali Est e Ovest si fronteggiano».
Erano gli ultimi anni della divisione del mondo in due aree di influenza, della guerra fredda e del Muro di Berlino, che sarebbe crollato di lì a poco. Ma quell'analisi, sfrondata dei riferimenti alla contrapposizione Usa-Urss, resta di certo molto attuale.

Diceva ancora Ratzinger: «Si dice che l'economia debba dotarsi da sola delle sue regole e non di quelle basate su considerazioni morali imposte dall'esterno. Secondo la tradizione inaugurata da Adam Smith (l'economista classico autore della fondamentale opera «The Wealth of nations», pubblicata nel 1776, ndr), questa posizione considera il mercato incompatibile con l'etica perché l'azione morale volontaria contraddice le regole del mercato e mette fuori gioco l'imprenditore che agisce di regole etiche. Il dispiegarsi delle leggi del mercato, secondo questa tesi, è la migliore garanzia di progresso e perfino di giustizia distributiva. Ciò presuppone che il libero gioco delle forze del mercato può operare in una sola direzione, vale a dire verso l'autoregolamentazione di domanda e offerta e verso l'efficienza economica e il progresso».
Inutile dire che Ratzinger non la pensava così. Anzi, il futuro papa confutava con parola chiare una teoria «deterministica», che «contiene in sé un altro e forse più stupefacente presupposto, cioè che le leggi naturali del mercato sono buone nella loro essenza e lavorano per il bene a prescindere dalla moralità degli individui». Due presupposti non «interamente falsi, considerato il successo delle leggi che regolano l'economia di mercato», ma che dimenticano il fattore uomo. Perciò, concludeva Ratzinger ben prima dei mutui subprime, dei debiti a go-go, e delle regole ignorate sistematicamente, anzi, costruite per essere eluse, «l'economia di mercato non può prescindere dall'uomo. Sta diventando sempre più chiaro che lo sviluppo dell'economia mondiale è legato allo sviluppo della comunità mondiale e alla famiglia universale dell'uomo, e che lo sviluppo dei poteri spirituali del genere umano è essenziale nello sviluppo della comunità mondiale. Questi poteri spirituali sono essi stessi un fattore dell'economia: le regole del mercato funzionano solo quando esiste un consenso morale che le sostiene». Peccato che qualcuno, oltreoceano, se ne sia dimenticato.

© Copyright Italia Oggi, 20 novembre 2008

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