giovedì 16 aprile 2009
Il primato dell’amore tema forte del Papa gentile (Lodovici)
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Il primato dell’amore tema forte del Papa gentile
GIACOMO SAMEK LODOVICI
Molto spesso si afferma che il Papa e la Chiesa dicono solo dei «no» , enunciano solo dei divieti.
Un’idea ingenerosa e sbagliata.
In realtà, nella sua essenza, l’etica proposta da Benedetto XVI è un’etica dell’amore (nei confronti di Dio e del prossimo), dal cui primato discendono – è vero – alcuni « no » , ma solo come conseguenza secondaria.
Nel suo lungo e intenso magistero – proprio oggi, e vorremmo che gli giungessero anche i nostri auguri, compie 82 anni – ci sono numerosissimi esempi della centralità e precedenza dell’amore. E nei discorsi pasquali di questi giorni il Papa ci ha ricordato con forza che il centro della vita del cristiano è il «sì » all’amore per Cristo, che dà senso alle rinunce: « se entriamo in una vera [ e non solo superficiale come spesso ci accade] familiarità con Lui » , allora « sperimentiamo in mezzo alle rinunce, che in un primo tempo possono causare dolore, la gioia crescente dell’amicizia con Lui » e, così, chi perde se stesso si trova.
In effetti, « Il nutrimento di cui l’uomo nel più profondo ha bisogno è la comunione con Dio stesso » . Ora, « Gesù trasforma il pane, non dà più pane terreno, ma la comunione con se stesso' e ' crea una ' consanguineità' tra sé e noi» .
Nello stesso tempo, «Questa trasformazione […] vuol essere l’inizio della trasformazione del mondo. Affinché diventi un mondo di risurrezione, un mondo di Dio» .
Così, in questi duemila anni di cristianesimo, schiere di uomini e donne « hanno seguito Lui, facendo a loro volta, come Lui e grazie al suo aiuto, della propria vita un dono ai fratelli » : davvero vediamo che l’uomo nuovo e il mondo nuovo « prendono inizio nel pane consacrato, trasformato, transustanziato» .
Precisamente, « dalla croce, dall’autodonazione del Figlio nasce la luce, […] la luce vera, più del fenomeno fisico della luce. E nell’Eucaristia, che anticipa la croce, Gesù si lascia spezzare come pane vivo » .
In essa avviene « la nuova moltiplicazione dei pani, che deriva dal morire del chicco di grano e proseguirà sino alla fine del mondo » . Infatti, essa « non può mai essere solo un’azione liturgica. È completa solo se l’agape liturgica diventa amore nel quotidiano » .
L’uomo in comunione con Dio può portare « il giorno di Dio » nelle notti della storia: se viviamo in comunione con lui sperimentiamo una « nuova forza di gravità » , quella della verità e dell’amore.
Che il primato dell’amore sia un tema centrale nella predicazione di Benedetto XVI lo si potrebbe mostrare con moltissimi riferimenti, basti pensare alla sua prima enciclica, la Deus Caritas est.
Citiamo solo, in sintonia con questi discorsi e anche con queste metafore tratte dalla fisica, le parole da lui pronunciate alla Gmg di Colonia 2005.
Diceva anche allora il Papa che Cristo, con la transustanziazione eucaristica e con la croce, realizza un’autodonazione assoluta, trasforma la sua morte in un’azione d’amore: « Quello che dall’esterno è violenza brutale, dall’interno diventa un atto di un amore che si dona totalmente » e questa trasformazione può « suscitare un processo di trasformazioni il cui termine ultimo è la trasformazione del mondo » . Insomma, « la vittoria dell’amore sulla morte » può realizzare, per così dire, « la fissione nucleare portata nel più intimo dell’essere » , cioè « la catena di trasformazioni che a poco a poco cambieranno il mondo » . Infatti, « Il Corpo e il Sangue di Cristo sono dati a noi affinché noi stessi veniamo trasformati a nostra volta. Noi stessi dobbiamo diventare Corpo di Cristo, consanguinei di Lui » . Quando ciò avviene, « La sua dinamica ci penetra e da noi vuole propagarsi agli altri e estendersi a tutto il mondo » .
© Copyright Avvenire, 16 aprile 2009
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