giovedì 16 aprile 2009
L’amicizia con Cristo segno distintivo della vita di Benedetto XVI: oggi l’82.mo compleanno del Papa (Radio Vaticana)
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L’amicizia con Cristo segno distintivo della vita di Benedetto XVI: oggi l’82.mo compleanno del Papa
Benedetto XVI compie oggi 82 anni, avvenimento che il Papa festeggia in forma familiare insieme al fratello Georg nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Tanti gli auguri e i doni pervenuti al Pontefice da tutto il mondo, tra cui, in particolare, quelli del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. In occasione di questa felice ricorrenza, riproponiamo alcune riflessioni autobiografiche di Benedetto XVI, nel servizio di Alessandro Gisotti:
Un uomo innamorato di Dio e della sua Chiesa, un pastore al servizio della Verità: fin dall’infanzia, è stata l’amicizia con Gesù a contraddistinguere la vita di Joseph Ratzinger. E’ il Papa stesso a ricordarlo con gratitudine in occasione del suo 80.mo compleanno:
“L’amicizia di Gesù Cristo è amicizia di Colui che fa di noi persone che perdonano, di Colui che perdona anche a noi, ci risolleva di continuo dalla nostra debolezza e proprio così ci educa, infonde in noi la consapevolezza del dovere interiore dell’amore, del dovere di corrispondere alla sua fiducia con la nostra fedeltà (Omelia 15 aprile 2007, Piazza San Pietro)”.
Il piccolo Joseph nasce il 16 aprile del 1927, Sabato Santo. Il futuro Pontefice viene battezzato il giorno stesso e così, sottolinea, la sua nascita è “nel segno dell’inizio della Pasqua”, in uno stesso giorno diviene membro della propria famiglia e della grande famiglia di Dio:
“Ringrazio Dio perché ho potuto fare l’esperienza di che cosa significa 'famiglia'; ho potuto fare l’esperienza di che cosa vuol dire paternità, cosicché la parola su Dio come Padre mi si è resa comprensibile dal di dentro; sulla base dell’esperienza umana mi si è schiuso l’accesso al grande e benevolo Padre che è nel cielo. (Omelia 15 aprile 2007, Piazza San Pietro)”.
Sempre in occasione del suo 80.mo genetliaco, Benedetto XVI rammenta la “chiamata al ministero sacerdotale”. Un dono “nuovo ed esigente”, nelle parole del Papa:
“Nella festa dei santi Pietro e Paolo del 1951, quando noi – c’erano oltre quaranta compagni – ci trovammo nella cattedrale di Frisinga prostrati sul pavimento e su di noi furono invocati tutti i santi, la consapevolezza della povertà della mia esistenza di fronte a questo compito mi pesava. Sì, era una consolazione il fatto che la protezione dei santi di Dio, dei vivi e dei morti, venisse invocata su di noi. Sapevo che non sarei rimasto solo”.
E della sua vocazione, il Santo Padre parla ampiamente nell’incontro con i giovani della diocesi romana, il 6 aprile del 2006. Benedetto XVI ricorda il difficile contesto in cui è cresciuto nella Germania nazista che voleva sbarazzarsi dei sacerdoti. Ma, è il suo ricordo, proprio in contrasto alla brutalità di quel regime, si rese conto che c’era bisogno di sacerdoti, di voci forti che annunciassero il Vangelo:
“In questa situazione, la vocazione al sacerdozio è cresciuta quasi naturalmente insieme con me e senza grandi avvenimenti di conversione. Inoltre due cose mi hanno aiutato in questo cammino: già da ragazzo, aiutato dai miei genitori e dal parroco, ho scoperto la bellezza della Liturgia e l’ho sempre più amata, perché sentivo che in essa ci appare la bellezza divina e ci si apre dinanzi il cielo”.
L’amore per la liturgia, dunque, ma anche per la teologia, “la grande avventura del dialogo con Dio”. Tuttavia, confida il Papa ai giovani, nei primi anni del sacerdozio non mancarono le difficoltà, sempre però superate nel totale affidamento a Cristo:
“Sapevo anche che non basta amare la Teologia per essere un buon sacerdote, ma vi è la necessità di essere disponibile sempre verso i giovani, gli anziani, gli ammalati, i poveri; la necessità di essere semplice con i semplici!"
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