martedì 12 maggio 2009

Il Cattolico & l'Ebreo (Insardà)


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Il Cattolico & l'Ebreo

di Franco Insardà

[12 maggio 2009]

Pace, lotta all'antisemitismo e una soluzione conflitto israelo-palestinese.
Le linee guida del viaggio in Medio Oriente di Benedetto XVI rischiano di essere svilite dalle polemiche sul negazionismo legate al caso del vescovo lefebvriano Richard Williamson. «Questo Papa non ha bisogno di essere sollecitato a esprimere il suo pensiero su questo argomento, dal momento che lo ha fatto più volte, in modo chiaro e anche senza alcuna pressione. Pressioni che sistematicamente si esercitano in vario modo contro di lui».
È questo il giudizio molto netto di Sandro Magister, vaticanista del settimanale L'espresso, autore di due libri di storia politica della Chiesa italiana, curatore del blog Settimo Cielo e creatore del sito www.chiesa.espresso.it.
Anche secondo Giorgio Israel, ordinario presso il dipartimento di matematica della Sapienza di Roma, gli interventi di Benedetto XVI sono stati netti: «Il Papa ha già preso una posizione sulla questione, però non dobbiamo dimenticare che è dovuto intervenire personalmente per chiarire le reticenze di alcune dichiarazioni. L'augurio è che si metta una pietra tombale alla questione. Purtroppo in questi anni le voci negazioniste sono aumentate, su tutte quella del presidente iraniano Ahmadinejad.
Una presa di posizione netta ha un'importanza rilevante». La figura di Pio XII da decenni fa discutere e la didascalia sotto la sua effige nel museo dello Yad Vashem non contribuisce a lenire le polemiche.
Per Sandro Magister la questione ha poca rilevanza: «Il Papa non entrando nel museo, come non entrano gli altri Capi di Stato, evita le dispute.
La storia sta rivalutando la figura di Pio XII, superando la leggenda nera del Papa nazista».
Ancora più netto il giudizio di Giorgio Israel: «Credo che sia giunto il momento di giudicare Pio XII dal punto di vista storico e senza farne una questione di battaglia campale. Ci troviamo di fronte a una tipica situazione grigia, non siamo di fronte a Hitler. Ho sempre sostenuto che la figura di Pio XII sia stata poco trasparente, non tanto per la Shoah, quanto per la posizione assunta dalla Chiesa sulle leggi razziali. Sulle persecuzioni naziste ritengo che si sia molto esagerato sui silenzi di Pio XII. Altrimenti dovremmo censurare gli atteggiamenti di tutti i capi delle potenze occidentali e dei Paesi comunisti: nessuno ha detto e fatto nulla. La posizione di Pio XII va valutata con serenità, senza farne una questione cruciale, anche perché è indubitato che non è stato estraneo al salvataggio di un gran numero di ebrei».
Comunque sia la Shoah e le sei milioni di vittime di ebrei sono stati al centro della visita di Benedetto XVI.
«Non ho dubbi - dice il professor Israel - che questo Papa sia trasparente e sono abbastanza ottimista su questa vicenda». Sandro Magister: «Il "mai più una Shoah" detto dal Papa presuppone la condanna totale dell'antisemitismo, considerata una peste che si è diffusa in diverse parti del mondo».
La supplica rivolta dal Pontefice ai popoli di Israele e Palestina perché possano vivere in pace trova d'accordo i nostri due interlocutori.
«L'auspicio della pace - dice Magister - è già stato espresso da Benedetto XVI più volte e l'indicazione dei due popoli per due Stati è un obiettivo riconosciuto ». E il professor Israel riconosce: «Si tratta di una posizione molto equilibrata, proprio per dare forza ad affermazioni di questo tipo che, naturalmente, non entrano nel merito specifico di come si possa chiarire la questione. Personalmente non sono ottimista, per una serie di fattori che hanno aggravato la situazione. Il discorso dei due popoli-due Stati, in linea di principio, è sacrosanto e auspicabile, ma allo stato dei fatti è irrealistico. Sembra una giaculatoria che viene ripetuta all'infinito, senza alcun costrutto. Attualmente abbiamo due entità palestinesi l'una contro l'altra armata: una in Cisgiordania e un'altra a Gaza. Se non si mettono d'accordo i palestinesi con chi si tratta? Ci troviamo di fronte a un conflitto escatologico, in cui l'obiettivo è quello dell'eliminazione di Israele dalla pace del Medio Oriente. Va poi considerato il quadro internazionale molto complicato di questi giorni con le elezioni in Libano e la possibile vittoria di Hezbollah, la prospettiva della bomba iraniana e la situazione in Pakistan». Il dialogo interreligioso è una degli obiettivi di Benedetto XVI, che in questi giorni ha incontrato i rappresentanti dei cristiani, dell'ebraismo e dei musulmani. La spiegazione del rapporto tra cristiani ed ebrei, secondo Sandro Magister, ha una valenza sul piano teologico: «Una sintesi non è possibile, non ci si può avventurare alla ricerca di un minimo comune denominatore. L'unico punto su cui c'è differenza tra cristiani ed ebrei è legato alla fede: Gesù Cristo figlio di Dio e Messia, vissuto e morto per testimoniare proprio questo.
Joseph Ratzinger, da sempre, ha avuto questa posizione che è quella della dottrina della Chiesa. Nel suo libro Gesù di Nazareth, quando prende in esame i tre capitoli del vangelo di Matteo che raccolgono il Discorso della montagna dialoga con il rabbino Jacob Neusner, anche se il profondo rispetto verso la fede cristiana e la sua fedeltà al giudaismo lo hanno indotto a cercare il dialogo con Gesù. Emerge, quindi, la radice comune delle due religioni». E questo legame tra ebraismo e cristianesimo viene sottolineato anche dal professor Israel: «Per quanto vi sia una differenza di visione religiosa è pleonastico parlare di dialogo, esiste un legame di discendenza intimo e profondo».

© Copyright Liberal, 12 maggio 2009 consultabile online anche qui.

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