martedì 12 maggio 2009

Nei luoghi santi per impetrare la riconciliazione tra i popoli (Osservatore Romano)


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Nei luoghi santi per impetrare la riconciliazione tra i popoli

dal nostro inviato Gianluca Biccini

Pregare per la pace in Terra Santa, rilanciare i negoziati tra israeliani e palestinesi, chiedere libertà di accesso e di culto nei luoghi santi, soprattutto a Gerusalemme, ricordare i sei milioni di ebrei vittime della Shoah. Con questi intenti Benedetto XVI ha iniziato stamattina, lunedì 11, la tappa in Israele del suo dodicesimo viaggio internazionale. Proveniente da Amman, da dove era decollato mezz'ora prima, l'aereo della Royal Jordanian con a bordo il Pontefice è atterrato alle ore 11 locali all'aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv, dove ha avuto luogo la cerimonia di benvenuto.
Sul velivolo è salito ad accoglierlo l'arcivescovo Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele e in Cipro e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina, che si è unito al seguito papale. Da questo momento ne fanno parte anche l'arcivescovo Elias Chacour, vice presidente dei vescovi locali e monsignor Paolo Borgia, segretario della nunziatura apostolica.
Sulla piazzola Juliet 10 del più grande aeroscalo del Medioriente, che qui chiamano Natbag in onore di quello che è considerato uno dei padri della patria, il suo dodicesimo successore, il presidente Shimon Peres, e il primo ministro, Benjamin Netanyahu, hanno dato il benvenuto al Pontefice appena sceso dalla scaletta dell'aereo.
Alla cerimonia erano presenti autorità politiche e civili dello Stato d'Israele, gli ordinari di Terra Santa, il cardinale Foley, Gran Maestro dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, un gruppo di fedeli cattolici con un coro, rappresentanti delle diverse religioni e delle altre Chiese e confessioni cristiane.
Dopo l'esecuzione degli inni pontificio e israeliano, e la presentazione delle autorità, il presidente Peres e Benedetto XVI hanno pronunciato i rispettivi discorsi. Ricordando in particolare le terribili conseguenze delle ideologie che negano la dignità di ogni persona umana, il Pontefice ha reso onore alla memoria dei sei milioni di ebrei vittime della Shoah e ha pregato affinché l'umanità non sia mai più testimone di un crimine simile. Per il Papa è "totalmente inaccettabile" che l'antisemitismo continui a sollevare "la sua ripugnante testa" in molte parti del mondo. Urge fare ogni sforzo per combatterlo, ovunque si manifesti, e per promuovere "il rispetto e la stima verso gli appartenenti ad ogni popolo, razza, lingua e nazione". Quindi il riferimento a Gerusalemme, città santa, e l'auspicio che tutti i pellegrini abbiano la possibilità di accedere "liberamente e senza restrizioni" ai luoghi santi. Il Pontefice chiede poi che i negoziati fra israeliani e palestinesi vengano rilanciati al fine di trovare "una soluzione giusta" al conflitto, cosicché ambedue i popoli possano vivere in pace "in una patria che sia la loro, all'interno di confini sicuri ed internazionalmente riconosciuti". Al termine Benedetto XVI ha stretto a lungo, con entrambe le mani, quelle del primo ministro Netanyahu.
In elicottero il Papa ha poi percorso i cinquanta chilometri che separano Tel Aviv da Gerusalemme. Dai moderni grattacieli del "colle di primavera", alle millenarie pietre della città santa, dove sul monte Scopus è stato accolto dal sindaco Nir Barkat.
In ebraico Yerushalayim, in arabo al-Quds, "la santa", questa antichissima città, di grande importanza storica e geopolitica soprattutto per le tre principali religioni monoteistiche, sorge sull'altopiano tra la costa orientale del Mediterraneo ed il Mar Morto.
Distrutta e ricostruita due volte, assediata, conquistata e riconquistata in decine di occasioni, la Città Vecchia, a 760 metri di altitudine, racchiude in meno di un chilometro quadrato luoghi di grande significato religioso.
Il Papa in auto ha raggiunto la Delegazione Apostolica, una palazzina quasi alla sommità del Monte degli Ulivi a cui si accede da una ripida strada che da Wadi Al-Joz porta al quartiere di Al-Tur. Da qui si vede tutta la parte orientale di Gerusalemme.
L'edificio di modeste proporzioni, costruito negli anni '30 del secolo scorso e divenuto sede della Delegazione l'11 febbraio 1948, ha già una grande storia: nel 1964 ospitò Paolo VI, che qui incontrò il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Atenagora. Lo ricorda una ceramica nella stanza di rappresentanza.
Tre settimane prima di Papa Montini, a metà dicembre del 1963, venne qui a Gerusalemme il giovane vescovo Karol Wojtyla. Un mese dopo sarebbe stato promosso Arcivescovo di Cracovia. Il futuro Giovanni Paolo II compose una poesia: "O luogo, luogo di Terra Santa - scrisse -... Io parto come testimone che renderà la sua testimonianza attraverso i secoli". Trentasette anni dopo vi tornò come Pontefice.
La giornata di Benedetto XVI era iniziata nella sede di un'altra rappresentanza pontificia, quella di Amman, dove dopo aver celebrato la messa in privato aveva salutato il personale e i collaboratori della nunziatura. Successivamente, il trasferimento all'aeroporto internazionale Queen Alia per la cerimonia di congedo. Ancora una volta, a sottolineare l'eccezionalità dell'evento, erano presenti il re Abdullah ii Bin Hussein e la regina Rania. Tutta la Giordania, del resto, ha accolto con entusiasmo il Papa. Ogni momento dei suoi tre giorni di permanenza è stato scandito da una grande partecipazione, numerica e spirituale. E Benedetto XVI ha voluto ringraziare pubblicamente la famiglia reale per la considerazione che essa mostra verso la minoranza cristiana del Paese, incoraggiando quest'ultima a continuare a lavorare insieme con la maggioranza musulmana in spirito di tolleranza reciproca. Dopo il decollo, l'aereo papale - sul quale viaggiava anche il cardinale Patrick Foley, Gran Maestro dell'ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme - è stato scortato da due jet dell'aeronautica militare giordana sino al confine sul Mar Morto.
Il pellegrinaggio di Benedetto XVI che da oggi toccherà i luoghi strettamente legati alla vita, alla morte e alla risurrezione di Gesù prosegue dunque nel segno dell'apertura al dialogo.

(©L'Osservatore Romano - 11-12 maggio 2009)

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