giovedì 9 luglio 2009
Caritas in veritate, Emma Fattorini: Giustizia sociale su scala mondiale: ritorno a Paolo VI
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Su segnalazione di Eufemia leggiamo:
La continuità dei messaggi
Giustizia sociale su scala mondiale: ritorno a Paolo VI
di Emma Fattorini
Il richiamo alla Populorum progressio non è solo celebrativo, ma stringente e fondamentale.
Così come la Quadragesimo anno di Pio XI, che uscì quarant'anni dopo la Rerum Novarum e non ne riprendeva astrattamente i principi ma li traduceva nelle nuove condizioni storiche, individuando nei «corpi intermedi » il modo più efficace per ottenere una giustizia sociale che non può essere lasciata solo né al mercato né allo Stato.
Allo stesso modo, la Caritas in veritate, terza enciclica di Benedetto XVI, rimanda alla Populorum progressio per almeno due elementi essenziali: in primo luogo, per la percezione mondiale, oggi diremmo globale, del tema della giustizia sociale e, in secondo luogo, per il senso integrale, unitario con il quale si deve intendere lo sviluppo di tutti gli uomini e di ciascuno.
La crisi attuale, assai più di quella del '29, è una crisi globale e quindi è ancora più vera l'intuizione di Paolo VI che aveva bene colto l'interconnessione (e le responsabilità) dei paesi ricchi con quelli poveri.
La seconda radice comune è il nesso stretto tra "etica della vita" ed "etica dell'economia". Inutile – sembrano dire entrambi i pontefici – richiamarsi all'amore, chiedere coerenza nella vita personale,nelle scelte procreative se non c'è giustizia sociale, se non si offrono a tutti condizioni dignitose di vita. Perché, se non c'è amore senza giustizia, neppure ci può essere carità senza verità.
Dunque le condizioni materiali contano molto, ma «non si vive di solo pane».
Paolo VI proclamava il diritto di tutti i popoli a un giusto sostentamento, ma chiedendo che si aumentassero i posti alla tavola di tutti e non che si eliminassero alcuni dei commensali. Montini quindi legava strettamente il tema della giustizia sociale alla condanna delle politiche di denatalità. Infatti, l'anno dopo l'uscita della Populorum progressio, nel 1968 Paolo VI promulgava l'Humanae Vitae, nello sconcerto generale.
Allo stesso modo Papa Ratzinger ripropone una visione unitaria, integrata e integrale dell'umano:le giuste condizioni materiali supportano la pace e l'amore tra i popoli, tra gli uomini e tra l'uomo e la donna.
Preziosa allora è la "sussidiarietà", quell'intervento dei corpi intermedi che va valorizzato rispetto alle scelte economiche centralizzate.
Secondo quella che era già,in Italia,l'intuizione di Luigi Sturzo. Il mercato, senza il contrappeso dei corpi intermedi, non è più in grado di autoregolamentarsi. Questi si presentano dunque – in una dimensione sempre più globale e planetaria – come indispensabili centri di annodamento sociale, capaci di esprimere, da una parte, le esigenze concrete delle persone e delle famiglie e, dall'altra, in grado di temperare l'eccessiva invadenza del potere statale. Le differenze con l'epoca di Paolo VI sono comunque enormi. Rispetto a quello attuale, appare molto diverso il contesto culturale e politico nel quale agiva Paolo VI, segnato, com'era, da una maggiore fiducia nelle possibilità che un umanesimo laico solidale fosse amico e alleato della Chiesa per un comune progetto di giustizia sociale.
In Ratzinger si sente meno ottimismo, eppure la sua aperta critica agli organismi internazionali come l'Onu, non significa la chiusura verso una nuova politica mondiale che sappia però radicarsi nei bisogni delle persone, nella loro concreta esistenza vissuta integralmente.
© Copyright Il Sole 24 Ore, 8 luglio 2009 consultabile online anche qui.
Personalmente non amo molto gli ottimisti e nemmeno i pessimisti.
Sono molto piu' vicina ai realisti ed il Papa rientra, per sua stessa ammissione, in questa categoria.
R.
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