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Riceviamo e con grande piacere pubblichiamo:
Sviluppo
Il documento del G8 e l'enciclica: dove sta la differenza?
di Giorgio Bernardelli
Tanti i punti di contatto. Ma nell'analisi dei politici manca la domanda vera: perché gli impegni già sottoscritti in passato poi non li abbiamo rispettati?
Da una parte una lunga riflessione sulle radici dell’attuale crisi finanziaria, con al centro il tema dell’etica nella globalizzazione.
Dall’altra un documento dettagliato, sottoscritto dai leader di otto grandi Paesi del mondo, con una serie di idee interessanti anche su temi come lo sviluppo dell’Africa, i cambiamenti climatici, la crisi alimentare, le regole per l’economia. L’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate e la Dichiarazione del G8 dell’Aquila sono due testi pubblicati ad appena una manciata di ore di distanza l’uno dall’altro.
E leggendoli insieme non si può non osservare come - in alcuni punti - entrambi dicano le stesse cose. Certo i piani sono diversi: il Papa non entra ovviamente nel dettaglio dei singoli provvedimenti politici necessari.
Ma ci sono almeno alcune di idee di fondo che ricorrono: la necessità di una globalizzazione realmente inclusiva, l’urgenza di affrontare davvero le questioni ambientali, la necessità di fare di più per l’Africa, l’idea che l’impegno per dare il cibo a tutti oggi deve tornare in cima all’agenda delle questioni internazionali…
Vuol dire che i leader dei grandi Paesi industrializzati stanno finalmente capendo? È meglio andarci piano con gli entusiasmi. Perché c’è anche un’altra similitudine tra l’enciclica e la dichiarazione del G8: entrambi i documenti citano prese di posizione precedenti.
Benedetto XVI cita la Populorum progressio di Paolo VI e tutti gli altri pronunciamenti del magistero in cui già si diceva che per essere davvero sostenibile la globalizzazione doveva essere equa. La dichiarazione del G8 - invece - cita invece una lunga serie di accordi e prese di posizione precedenti su fame, sviluppo, Obiettivi del Millennio.
Ma solo per dire: questa volta (a differenza di tutte le altre) dobbiamo prenderle sul serio.
I buoni propositi sono sempre una bella cosa, per carità. Però c’è una domanda che in questi vertici non viene mai fuori: perché impegni sottoscritti e sottolineati con parole anche altisonanti poi non li abbiamo rispettati? Si può davvero imputare tutto alla cattiva volontà dei governanti precedenti o a fattori accidentali? È su questo che l’enciclica Caritas in veritate è diversa e - ci azzardiamo a dire - anche molto più interessante rispetto alla dichiarazione del G8.
Perché prova ad andare alle ragioni. E mostra che - alla fine - o si ricorre davvero alla categoria della giustizia come principio chiave dal quale far discendere ogni nostra scelta dal punto di vista economico, oppure guarderemo sempre ai problemi del mondo con la logica della «lista della spesa». Dove c’è sì scritto tutto, ma alla fine - quando il carrello è pieno e i soldi non bastano - qualcosa devo comunque decidermi a lasciarlo sullo scaffale.
Lo hanno già scritto in molti: la vera crisi che questo 2009 nero per la finanza ha posto davanti agli occhi di tutti è di senso. E non la si combatte chiedendosi ogni giorno quando «saremo usciti dalla recessione». Saremo chi: noi o tutti? E per andare insieme verso dove? Queste sono le domande schiette che il Papa pone nella Caritas in veritate.
E solo se sapremo tenerle vive possiamo sperare che questa volta - davvero - gli impegni presi dai Paesi più ricchi (cioè noi) non restino solo sulla carta.
http://www.missionline.org/index.php?l=it&art=1421
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