sabato 25 aprile 2009

"Benedetto XVI e l'essenza del cristianesimo" è stato il tema di un dibattito tenutosi a Catania (Osservatore Romano)


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L'essenza del cristianesimo

Calcolo o gratuità?

"Benedetto XVI e l'essenza del cristianesimo" è stato il tema di un dibattito tenutosi a Catania il 20 aprile per iniziativa della Fondazione Sant'Agata e del Centro Culturale di Catania. Pubblichiamo la sintesi di uno degli interventi che l'autore, docente di Filosofia del diritto nell'ateneo catanese, ha scritto per "L'Osservatore Romano".

di Pietro Barcellona

In occasione delle dispute sugli interventi del Papa durante il viaggio in Africa e in altre occasioni che hanno visto muoversi persino le diplomazie e i governi europei, il commento più diffuso ha fatto riferimento a uno scontro tra l'Europa laica e il mondo cristiano, rappresentato dal Pontefice; e ha visto interloquire non solo intellettuali, ma, fatto a mio parere inaudito, anche istituzioni politiche.
L'attacco alla figura del Papa mi sembra un dato obiettivo. Tuttavia ritengo suscettibile di pericolosi rischi di strumentalizzazioni politiche ridurre il problema implicato in questa vicenda alla pura circostanza di una supposta indebita ingerenza del potere religioso nelle vicende legislative dell'attività normativa dei governi e dei parlamenti europei. Chi ha risposto sul terreno della legittimità formale degli interventi del Papa non ha colto, a mio parere, la vera questione implicata in questa vicenda, apparentemente suscitata da occasioni contingenti come il viaggio in Africa.
La questione del rapporto tra "sfera del divino e mondo profano" è, infatti, a mio parere, nell'epoca cruciale che stiamo vivendo, anzitutto una questione antropologica che non riguarda lo statuto di una particolare religione istituita.
Il vero profondo attacco, che una parte della cultura dominante nel mondo occidentale sta portando alla sacralità della vita e della morte, è anzitutto un attacco all'uomo, nella sua specifica costituzione di essere libero e responsabile, attacco inteso a mettere in crisi i connotati della "soggettività spirituale" che ne hanno accompagnato la vicenda storica. Mi riferisco, per essere esplicito, all'equivalenza che le neuroscienze, nella loro visione riduzionistica, stanno cercando di stabilire tra il funzionamento della mente umana - e delle forme della coscienza - e le relazioni "meccaniche", che presiedono allo scambio di informazioni nel mondo vivente non umano - tra ogni organismo e l'ambiente. L'attacco all'uomo riguarda, a mio parere, questa diffusa tendenza a ridurre il funzionamento di ogni "soggettività pensante" a una pura macchina computazionale, fondata su automatismi neuronali e fisiologici.
Il problema posto dal Papa sulla questione della possibilità di intervenire, attraverso tecniche manipolative, interventi protesici, modificazioni chimiche ed elettriche, sulle funzioni vitali della psiche non riflette per nulla la concezione del Dio a cui fanno riferimento i vari monoteismi, ma piuttosto la stessa "pensabilità dell'uomo" in quanto insorgenza soggettiva che si pone di fronte a una trascendenza, che in definitiva impone di scegliere fra l'empietà e l'amore. Non si può, a mio parere, pensare la libertà dell'uomo senza porlo di fronte all'immagine di un Dio che può apparire ingiusto e vendicativo, come a Giobbe abbandonato, oppure misericordioso e amorevole, come alle recentissime riflessioni di Julia Kristeva.
La libertà dell'uomo non è compatibile con l'indifferenza verso il sacro e il divino, per questo ritengo che l'epoca che stiamo vivendo sia apocalittica nel senso fecondo della trasformazione, perché ormai, dopo la cosiddetta morte di Dio, è evidente che la posta in gioco è diventata la stessa possibilità di pensare l'uomo oltre ogni determinismo neurofisiologico e neurobiologico. Se l'uomo è un puro caso dell'evoluzione naturale non ha neppure senso aprire le discussioni su cui ci stiamo misurando.
La domanda sull'uomo inoltre non può non essere costitutivamente legata alla consapevolezza del suo essere mortale, allo scarto incolmabile fra la finita caducità e l'eterna immutabilità.
Il "chi sono io", che inaugura la riflessione della grande filosofia greca, non avrebbe senso se non venisse tradotto subito nella domanda: "Perché vale la pena vivere" se poi un'oscura Onnipotenza mi ha condannato alla morte e al dolore? Nessuno può dimenticare che l'uomo greco si è interrogato sul valore stesso del venire al mondo e ha subito il trauma mentale e psichico del dubbio che sia meglio non essere mai nati.
Nessuna equivalenza tra organismo vivente umano e ambiente esterno potrà mai cancellare l'angoscia del pensatore greco che è giunta a noi, attraverso i secoli e attraverso i poeti e i filosofi, nelle parole strazianti di Giacomo Leopardi: è funesto a chi nasce il dì natale. In questo grumo irrisolto dell'esistenza di ciascuno avvengono lo scontro e il conflitto con il Dio di cui non si riesce ad afferrare il "volto". Dio è anche lo spazio di un conflitto passionale fra la ripulsa e la rivolta e l'accettazione fiduciosa in una risposta che "salva".
In questo tessuto antropologico-esistenziale si è innestato il tema delle religioni e dei monoteismi istituiti. La grande tradizione biblica veterotestamentaria ha progettato la via di un contratto fra Dio e il suo popolo. Mosè è stato il mediatore del patto. Se osserverai i miei comandamenti la tua vita sarà salvata. Si è aperta così una storia di "negoziazione" fondata, in definitiva, su un calcolo di convenienza, la ragione strumentale di cui parlavano i francofortesi, che ha continuamente rinviato il momento del bilancio, producendo normative pratiche "per la buona vita": chi metterà a frutto i mezzi ricevuti avrà il premio del risultato. Ma la logica del premio è una logica dell'utile e il distacco tra divino e umano cresce in rapporto all'avidità delle convenienze di chi chiede salvezza offrendo prestazioni.
A mio parere, questa storia si è consumata nelle guerre di religione, nella violenza in nome di Dio, nella Shoah che, non a caso, ha sconvolto il Papa durante la visita ai campi di sterminio: dov'era Dio mentre gli uomini divenivano carnefici dei propri fratelli?
Per queste ragioni penso che Cristo rappresenti un "mutamento di paradigma" radicale nel rapporto fra il divino e l'umano. Sebbene i patti siano da osservare, secondo i canoni delle leggi, nessun patto è immune dalla sua trasgressione e, per certi versi, la evoca continuamente. Cristo sostituisce al Patto, la Comunione, e cioè l'incontro nella stessa persona dell'umano e del divino in una configurazione delle differenze che non distrugge l'unicità del contenitore: la Persona. Nella comunione non si attua uno "scambio", ma si compie un atto di amore. L'amore è un evento non deducibile da nessuna legge scritta, ma da un'emergenza esistenziale che determina un'attrazione fatale tra due forme d'essere differenti. Tutto viene spostato dal calcolo utilitaristico all'unione amorevole delle differenze, nell'assoluta gratuità dell'incontro.
Ermanno Olmi alla domanda del giornalista - chi è Dio per te ? - risponde: "Il fiato di Gesù che mi soffia sul collo". Questo fiato è il vento dell'inquietudine contemporanea di fronte al dubbio, che anch'io avverto, sia si tratti di un sogno sia di un'allucinazione. Al punto in cui siamo giunti, però, al paradosso, questo sogno è forse per l'umanità il più realistico dei progetti di pacificazione.
Scrive Raimon Panikkar in Lo spirito della parola: "Dopo due millenni di cristianità/cristianesimo, dopo l'esperienza storica delle guerre di religione e nella attuale condizione dell'umanità, non dovrebbe forse la comunità cristiana essere pronta a leggere "i segni dei tempi" e ricevere lo Spirito che penetra e rinnova tutto e scopre che il messaggio del Nazareno è il solo "realistico" per la sopravvivenza? È comprensibile come un tale compito non possa essere il lavoro di gretti controinquisitori o di grandi individualità".
Spero che questo realismo non sia confuso con il pacifismo di moda, né riproduca un ennesimo fondamentalismo unilaterale a favore di un Dio gerarchicamente superiore a un altro, ma che, nella micidiale congiuntura in cui ci troviamo, ridia fiato a quanti pensano che non siamo destinati a essere soppiantati dall'intelligenza artificiale delle "macchine artificiali".

(©L'Osservatore Romano - 25 aprile 2009)

2 commenti:

euge ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
euge ha detto...

Scusate ho sbagliato a postere il mio commento....... rimedio subito.