mercoledì 29 aprile 2009

Il Papa in Abruzzo: Il conforto di quell'abbraccio (Osservatore Romano)


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Il conforto di quell'abbraccio

di Nicola Gori

È il giorno della riflessione, della rielaborazione dell'esperienza vissuta, ieri martedì 28 aprile, dagli abitanti di Onna e dell'aquilano. Un'esperienza che neppure la pioggia e il freddo hanno affievolito. Benedetto XVI si è mostrato "come un amico, un parente stretto, un sostegno, una speranza", come dice Giustino, un anziano signore ottuagenario, al quale il sisma ha portato via tutto, tranne il bastone al quale si appoggia.
"Grande umanità": è la parola che ripetono più frequentemente gli abitanti per descrivere la sensazione provata dopo l'incontro con il Papa.
Renzo, infangato fino alle ginocchia, aveva pianto dopo aver abbracciato il Papa: "È venuto apposta per me, mi ha chiesto notizie dei miei cari".
Nelle sue parole, la meraviglia di sentirsi importante per qualcuno. Non vi è famiglia che non pianga un parente rimasto ucciso dal crollo tremendo provocato dal terremoto, ma ieri "nessuno si è sentito solo, nessuno è rimasto escluso dal saluto del Papa", come afferma Lorenzo, coperto dal suo giubbotto azzurro, che mostra la foto della sua fidanzata travolta dal crollo del tetto.
Il Papa è venuto per condividere le sofferenze di quanti hanno perduto affetti, casa, fiducia, tranquillità. Lo conferma un volontario: "Il pianto liberatorio davanti al Pontefice di tante persone è stato spontaneo.
Sono rimaste colpite dalla semplicità, dalla familiarità con le quali si è avvicinato loro".
"Affetto", "calore", "compassione" nel senso più autentico del termine di "soffrire con", sono le impressioni che il Papa ha lasciato nel cuore della gente, come ripete Teresa, un braccio ingessato, rotto per la caduta di una parete di casa: "Non siamo stati abbandonati nel dolore, il Papa ce lo ha dimostrato con la sua presenza".
Anna, su una sedie a rotelle con una gamba ferita, rimasta per ore sotto le macerie prima di essere salvata dai vigili del fuoco, piange e ripete che "vedere il Papa abbracciare le persone, baciare chi piange, commuoversi perché mostra la foto di un figlio perduto per sempre, è stata per noi l'espressione più sincera della solidarietà dimostrata con il coinvolgimento anche emotivo. In quell'istante ci siamo sentiti importanti, compresi, siamo stati al centro delle sue attenzioni".
Davanti alla tendopoli, nello stesso spazio dove il Papa aveva parlato e incontrato la gente, il giorno dopo si ricorda la visita. Tommaso, un giovane che ha perduto un fratello tra le macerie, afferma convinto: "Abbiamo compreso la franchezza, la genuinità, la spontaneità delle parole del Papa. La sua venuta non è stata quella di un politico o di chi ha altri scopi".
Come conferma il cappuccino fra Emiliano, avvolto nel suo mantello marrone: "Colui che è esperto di speranza è venuto a parlare proprio di speranza. E chi vive di speranza vive senza disperazione". Anche suor Maria Livia conferma che "i paesani hanno capito che il Papa era qui per incoraggiarci e per offrirci motivi di speranza per andare avanti".

(©L'Osservatore Romano - 30 aprile 2009)

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