giovedì 30 aprile 2009

L'arcivescovo dell'Aquila commenta la visita del Papa: L'uomo della speranza tra i superstiti (Osservatore Romano)


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Testimonianze raccolte tra i terremotati di Onna e L'Aquila il giorno dopo la visita di Benedetto XVI nei luoghi della tragedia

L'uomo della speranza tra i superstiti

di Giuseppe Molinari
Arcivescovo metropolita de L'Aquila

L'aspettavamo nel villaggio di Onna. I vigili del fuoco, lavorando anche di notte, avevano preparato una pista per l'atterraggio dell'elicottero papale. Ma le condizioni atmosferiche hanno fatto decidere per il viaggio in macchina. C'è stata un'ora di ritardo sul previsto, ma la gente che aspettava non ha mostrato impazienza. A Onna buona parte della popolazione era riunita in una tenda-chiesa, recitavano il rosario, guidati da una delle tre religiose dell'Istituto della Presentazione, che è nel paese da più di un secolo. Il parroco don Cesare, venezuelano, aveva fatto preparare una poltroncina rossa per il Papa.
Ma il programma è cambiato. Il Papa è giunto direttamente al centro della tendopoli. Ha salutato i volontari, le forze dell'ordine e subito dopo la gente di Onna.
Ci sono Giustino e Dina che hanno perduto i loro due figli Domenico e Maria Paola. Giustino, la sera stessa di quel giorno che ha colpito L'Aquila e fatto tante vittime, mi disse al telefono: "Questo è il momento di una grande fede".
Papa Benedetto ha salutato quasi tutti i parenti delle quaranta vittime della piccola comunità di Onna. A tutti ha detto una parola di fede, di speranza. Ha pregato insieme alla piccola folla presente. Ha pregato soprattutto per coloro che non sono più accanto a noi. Ma ha ricordato a tutti che la morte, per il credente, non è la fine di tutto. Anzi è la via che porta alla vera vita.
Renè Bazin ha scritto: "Per il cristiano la morte non esiste neppure per un istante. Perché da una vita si passa a un'altra vita, quella vera. La gente ha sentito il Papa straordinariamente vicino. Ha percepito di essere amata, le vibrazioni del suo cuore sinceramente addolorato, ha compreso il senso vero della partecipazione alle loro sofferenze. Proprio come avrebbe fatto un padre in presenza del dolore del figlio. Hanno pianto. Tanto. Come tanto avevano pianto nei giorni della tragedia, ma con lacrime di sapore diverso.
Dopo Onna c'è stata la breve sosta davanti alla porta santa della basilica di Santa Maria di Collemaggio. Anche qui un momento vissuto con tanta emozione.
Il Papa ha varcato la soglia della porta e si è fermato in preghiera davanti all'urna di Papa Celestino v. Forse avrà ricordato che questo eremita diventò Papa quando ormai era molto avanti negli anni. E il suo pontificato fu brevissimo. Ma rappresentò un fascio di luce in un periodo buio e difficile per la Chiesa. Ho cercato, con poche parole, di ricordare al Santo Padre la Perdonanza celestiniana che ogni anno si celebra all'Aquila dalla sera del 28 agosto alla sera del 29 agosto (festa del martirio di san Giovanni Battista).
Papa Ratzinger ha mostrato sorpresa e molto interesse quando ho ricordato che molti storici sostengono la tesi di un rapporto profondo tra la Perdonanza e il Giubileo proclamato da Papa Bonifacio VIII. In fondo Celestino ha inventato un piccolo giubileo di 24 ore, che è stato fonte di ispirazione per Papa Bonifacio che all'inizio del 1300 indisse un giubileo di 365 giorni.
Toccante è stata la sosta davanti alle rovine della Casa dello studente. Un gruppo di giovani universitari, accompagnati dal loro cappellano, hanno salutato il Santo Padre. Papa Benedetto ha chiesto a ciascuno di loro quale facoltà frequentasse: Vittorio, Giulia, Davide, Arianna e gli altri, visibilmente commossi, hanno ringraziato il Papa per questa visita e per questo incontro. Questi giovani, con nello sguardo ancora l'immensa tristezza per i dieci compagni rimasti sotto le rovine, hanno confermato la loro voglia di andare avanti, di continuare a studiare, proprio qui, all'Aquila, in una università magari più bella di quella di prima, che attiri tanti giovani dall'Abruzzo, dall'Italia e dal mondo. È un modo rapido, efficace e vincente per ricominciare. E ricominciare soprattutto con i giovani. Per me è stato molto significativo perché considero questi giovani una ricchezza per la nostra Chiesa. E il fatto che abbiano confidato al Papa di voler restare comunque qui da noi mi conforta.
Anche la sosta finale si è trasformata in un momento di intensa gioia, frammista a tanta commozione. Estremamente toccante l'incontro con le otto monache del monastero delle Clarisse di Paganica.
La loro badessa, suor Gemma, è rimasta sotto le macerie, per salvare le più anziane. Per loro già è pronto il progetto di un prefabbricato per un piccolo monastero in legno. Nella prossima festa di santa Chiara si spera di inaugurarlo.
Nel cuore resterà anche l'omaggio di Papa Benedetto alla Madonna di Roio, che a noi aquilani ricorda la vita semplice e dura dei pastori, la transumanza, il legame con la terra delle Puglie. Popolo di montanari, popolo di pastori. I tempi cambiano. Ma la fede rimane intatta e rocciosa. Come le nostre montagne. Il Papa ha ricordato un nostro detto popolare: "Ci sono tanti giorni dietro il Gran Sasso".
Lo ripeteva sempre mia madre, quando voleva invitare qualcuno a guardare avanti, a non scoraggiarsi. Noi aquilani ne siamo certi: dopo i giorni del dolore, dietro il Gran Sasso sorgeranno i giorni della rinascita, della ricostruzione, della speranza. E una conferma di questa speranza ci è stata portata da Benedetto XVI.

(©L'Osservatore Romano - 30 aprile 2009)

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