martedì 28 aprile 2009

Nel calvario dell'Abruzzo sulle tracce della Terra Santa (Scelzo)


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Nel calvario dell'Abruzzo sulle tracce della Terra Santa

di Angelo Scelzo*

Da Roma all'Aquila la distanza è appena quella di un viaggio fuori porta, ma per misurare la grandezza del pellegrinaggio che porterà, oggi, papa Benedetto nelle zone terremotate dell'Abruzzo, il conto dei chilometri serve a poco. E' una visita ma, più ancora, è un evento che segna uno dei momenti alti di un pontificato che, sempre più, ha nella Deus Caritas est la sua magna carta e la bussola di un orientamento che non si discosta mai dall'uomo e dal suo rapporto con la fede.
E' da quella terribile notte in cui la terra ha scatenato la sua collera, seminando lutti e rovine, sgretolando pietre e coscienze, che l'Abruzzo ha fatto delle sue macerie un santuario vivo della sofferenza e del dolore. Un santuario a cielo aperto, dove riecheggia- con la forza della verità e del dramma - l'esortazione da cui prese avvio, anche in questi luoghi, l'intera avventura francescana: 'va e ripara la mia casa'.
Papa Benedetto che mette piede tra le rovine della città - del suo immediato circondario, sorvolando i tanti paesi che ora fanno corona sgranata intorno al capoluogo - non può che richiamare l'immagine di una Chiesa perennemente impegnata a dar conto della propria missione.
Essere accanto all'uomo, significa, oggi, storicamente, essere in questa terra; e starle accanto, aiutarla a vincere ogni forma di scoramento e di solitudine che può venire dalle durissime prove già sopportate, come anche dalle domande che l'incombente panorama delle devastazioni suscita a ogni momento: 'dov'era Dio quella notte?'.
Neppure al Papa si può chiedere una ragionevole spiegazione del dolore che, improvvisamente, si è riversato sulla gente d'Abruzzo; ma tra le insondabili strade con cui la sofferenza accompagna - e talvolta circonda - l'esistenza dell'uomo, nessuna può andare più lontana e più a fondo della sequela della Croce, il mistero che ha generato non la sconfitta, ma la speranza cristiana.
Nel fondamento di questa speranza è il senso di tutto il pellegrinaggio di Benedetto XVI. Ampliando gli orizzonti si potrebbe aggiungere: di tutto il magistero del Papa.
E da L'Aquila, proprio in giorni come questi, non si può che allargare lo sguardo e tenere conto, per esempio, che la visita in terra abruzzese si pone sulla scia dell'ormai imminente pellegrinaggio in Terra santa.
Come non considerare questa sosta al calvario d'Abruzzo come un viatico alla ricerca di pace nella terra -insanguinata- della nascita di Cristo?
E quale muro del pianto è oggi più eloquente dell'ammasso di pietre sgretolate di case e di chiese, di fabbricati che radunavano e custodivano affetti familiari o che parlavano dell'arte insigne e dei valori di questa città e della regione?
E, inoltre, non è l'Abruzzo oggi la terrasanta di un dolore che, proprio nei giorni e nell'attesa della Pasqua, ha fatto drammaticamente rivivere all'umanità il tempo di una via crucis ancora in atto?
Il messaggio che Benedetto XVI verrà a deporre accanto ai tanti muri del pianto abruzzese non potrà che avere il segno di una speranza da porre come pietra d'angolo della rinascita.
Avranno valore le parole e i gesti del Papa - già all'arrivo, accanto alla tendopoli di Onna, il borgo-martire del terremoto, e poi nel cuore della città, nella Basilica di Collemaggio e, per il Regina Coeli, davanti all'immagine della Madonna di Roio, nello stesso piazzale delle troppe bare del funerale collettivo - ma il segno forte è innanzitutto la sua presenza; il fatto che oggi Benedetto XVI, padre della fede dei cristiani, conduca la sua chiesa, guidandola di persona, nei luoghi dove l'uomo è ferito e la comunità ha bisogno di riprendersi dallo smarrimento che l'ha colpita.
L'aiuto che il Papa può dare è davvero senza misura, anche perché gli abruzzesi hanno cominciato a sentire la vicinanza di Benedetto XVI fin dai primi momenti e, accanto alla profondità del legame, hanno potuto avvertire anche la delicatezza e i toni umili e discreti di una condivisione straordinariamente forte e intensa.
Nel giorno delle solenni esequie, il Papa fisicamente non c'era, ma dai modi in cui si è fatto presente si potevano quasi ascoltare i palpiti del suo cuore di padre.
La Messa officiata dal suo Segretario di Stato,il cardinale Bertone, il messaggio affidato al segretario particolare, mons. Ganswain. E non è mancato giorno, con il culmine della via crucis al Colosseo, senza che la tragedia abruzzese venisse posta al centro- restandovi tuttora - della vita di tutta la chiesa. Una grande mobilitazione spirituale, accompagnata dai segni concreti di una solidarietà mai tanto spontanea, oltre che generosa.
E' parso del tutto evidente che l'Abruzzo, sul filo di questa sintonia, ha preso davvero il cuore della chiesa, perché non solo ha sofferto, ma ha mostrato - in silenzio e quasi in punta d'anima - come si soffre, svelando che anche i sentimenti più estremi hanno un loro pudore.
E' dunque al carattere, alle risorse morali di questa terra che Benedetto XVI, già quasi sulla via del pellegrinaggio in Terra Santa, viene a rendere omaggio. E l'atto di consegna del Pallio della sua elezione nella Basilica di Collemaggio, accanto all'urna di Celestino V, è un gesto che entra nella storia della città aquilana, ma anche in quella del pontificato.
Mai, ancor prima di compiersi, un pellegrinaggio ha offerto una così straordinaria eloquenza dei segni.
Il più evidente è anche il più significativo: Papa Benedetto - si può ben dire - ha un cuore abruzzese.

*Sottosegretario del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali

© Copyright Il Centro, 28 aprile 2009 consultabile online anche qui.

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