sabato 24 ottobre 2009

Sinodo per l'Africa: «Donna, forza di pace in un continente assetato di giustizia» (Santomiero)


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«Donna, forza di pace in un continente assetato di giustizia»

DA ROMA

CHIARA SANTOMIERO

La creazione di commissioni ad hoc presso le Conferenze epi­scopali africane.
Una maggiore presenza nelle Commissioni «Giusti­zia e pace » diocesane. Un incontro continentale per dare continuità alle riflessioni e alle proposte specifiche del Sinodo. Soprattutto, un rilevante investimento nella loro formazione e promozione. Sono molti i suggeri­menti per valorizzare il ruolo delle donne in Africa che emergono dai la­vori della seconda Assemblea spe­ciale del Sinodo dei vescovi, e diver­se le voci in aula che hanno richia­mato l’attenzione sul tema, non solo del drappello di donne presenti – die­ci esperte e venti uditrici – ma anche dei 244 padri sinodali.
Si tratta di un segnale molto positivo, secondo Barbara Pandolfi, presiden­te generale dell’Istituto secolare del­le Missionarie della Regalità di Cristo presente al Sinodo come uditrice per­ché – spiega – è « il riconoscimento della donna come asse portante del­la società africana, sia nella famiglia che nella Chiesa». «Senza vera giusti­zia tra uomini e donne – ha ammo­nito monsignor Telesphore George Mpundu, arcivescovo di Lusaka, nel­lo Zambia – lo sviluppo rimane un so­gno irrealizzabile, nient’altro che un pericoloso miraggio». «La formazio­ne – ha sostenuto monsignor A­braham Desta, vicario apostolico di Meki in Etiopia – rafforzerebbe la ca­pacità delle donne di svolgere il pro­prio ruolo attivo, ricevuto da Dio, par­tecipando alla leadership e ai processi decisionali a tutti i livelli della so- cietà».
«Dalle testimonianze che si succedo­no nell’aula del Sinodo – commenta Pandolfi – emerge il ritratto di una donna africana forte, che nonostan­te le violenze, la miseria, l’orrore che si è dispiegato davanti ai suoi occhi, riesce a tenere insieme la famiglia ed è capace di inventare vie di riconci­liazione e di pace». L’Istituto della Re­galità conta in Africa presenze in Bu­rundi, Ruanda, Malawi, Congo, Togo, Isole Mauritius e Sudan. « L’aspetto che colpisce di più – afferma Pandol­fi – è la capacità delle donne di con­servare la propria umanità anche nel­le situazioni impossibili: nelle perife­rie degradate delle città o nei campi profughi trovano il sorriso per in­trecciare i capelli di un’amica». Mo­strano una capacità di accoglienza senza fine: «Molte donne, oltre ai pro­pri, si occupano di bambini rimasti orfani. Su un autobus o una panca in chiesa – per quanto stipata – riesco­no ancora a stringersi per fare posto». Protestano contro le ingiustizie e si impegnano in progetti di microcre­dito; vivono con intensità la propria fede, sono attive nelle parrocchie, a­nimano la liturgia. « I cambiamenti nella società africana – afferma Pan­dolfi – si vedono proprio attraverso la vita delle donne che acquistano gra­datamente la consapevolezza di sé». Anche nella Chiesa. «Allo stesso mo­do in cui insegniamo catechismo ai bambini e teniamo in ordine le chie­se – ha affermato nel suo intervento suor Felicia Harry, superiora genera­le delle Suore missionarie di Nostra Signora degli Apostoli, nel Ghana – noi religiose in Africa vorremmo prendere parte ai consigli parroc­chiali » . Non si tratta di « sostituire i parroci, ma di essere lavoratori alla pari nella vigna del Signore».
«Chiediamo a voi vescovi in questa Chiesa- Famiglia di Dio, – ha affer­mato suor Pauline Odia Bukasa, su­periora generale delle Suore «Ba-Ma­ria » di Buta Uele nella Repubblica de­mocratica del Congo – di assicurare alla donna gli spazi necessari per svi­luppare i suoi talenti nelle strutture ecclesiali e sociali».
«Dal Sinodo – afferma ancora la pre­sidente dell’Istituto della Regalità – dovrebbe innanzitutto venire una presa di posizione molto forte con­tro ogni forma di abuso verso le don­ne, per esempio quella già proposta contro le mutilazioni genitali » . Sa­rebbe importante, inoltre, «proprio a partire dalle testimonianze delle don­ne africane, allargare la riflessione sulla donna nella Chiesa, la sua pre­senza, il ruolo, la formazione teolo­gica ». «Forse è giunto il momento – conclude Pandolfi – che la donna, spesso tradizionalmente soggetta al­l’uomo, possa stare davvero, in tutti i campi della vita sociale ed ecclesia­le, 'di fronte' all’uomo, in dialogo con lui».

© Copyright Avvenire, 24 ottobre 2009

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