venerdì 22 maggio 2009

Benedetto XVI in Terra Santa: Un pellegrinaggio sulle orme del Risorto (Leonardo Sandri)


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Benedetto XVI in Terra Santa

Un pellegrinaggio sulle orme del Risorto

di Leonardo Sandri
Cardinale, prefetto della Congregazione
per le Chiese Orientali

L'indimenticabile pellegrinaggio nella Terra del Signore, compiuto da Benedetto XVI dall'8 al 15 maggio, si è distinto per l'incontro con la Chiesa locale.
Il Papa, tracciando un bilancio di quella esperienza nella prima udienza generale dopo il rientro, l'ha definita "una comunità di singolare importanza perché rappresenta una presenza viva là dove tutta la Chiesa ha avuto origine" ("L'Osservatore Romano", 21 maggio 2009, pagina 1).
Così ha confermato l'elogio rivolto alle Chiese orientali in occasione della visita alla nostra congregazione, il 9 giugno 2007, quando le aveva riconosciute come "custodi viventi delle origini cristiane" ("L'Osservatore Romano", 10 giugno 2007, pagina 1). Il futuro della Chiesa universale dipende anche oggi dal legame con la Chiesa delle origini. Sono sicuro di interpretare pienamente i sentimenti dei pastori e dei fedeli della porzione del popolo di Dio che vive in Terra Santa, un vero pusillus grex ma di significato vitale per la Chiesa intera, ringraziando il Papa soprattutto per l'incoraggiamento, la consolazione e la speranza offerti ai cattolici, e per la preghiera condivisa in alcuni Luoghi santi nei diversi riti. Un grazie convinto per averli tutti esortati a rimanere quali pietre vive là dove tutto parla del passaggio storico del Redentore. "Precarietà, isolamento, incertezza e povertà" ("L'Osservatore Romano", 21 maggio 2009, cit.) sono responsabili, secondo il Pontefice, dell'inarrestabile esodo dei cristiani da quell'area. Ma non possiamo rassegnarci a lasciare a tali problemi l'ultima parola. Non si rassegna il Papa e lo segue la Chiesa con grande speranza. L'intero itinerario compiuto in Giordania, Israele e Territori palestinesi è stato riassunto dal Pontefice "nel segno della Risurrezione di Cristo" (ibid.). Non potranno, perciò, le vicissitudini del passato, le guerre e le distruzioni del presente, e nemmeno i conflitti tra i cristiani, fermare la Chiesa che è sospinta dallo Spirito del Risorto. Poiché il Crocifisso è stato glorificato, la sua opera continuerà. Ne siamo certi. Secondo l'insegnamento di san Paolo, nella croce Cristo ha abbattuto il muro della separazione. Perciò è inesorabilmente destinato a svanire ogni ostacolo alla ricomposizione dell'unità del genere umano che il Crocifisso risorto persegue. Il sostegno del Papa alla comunità cristiana porta con sé un impulso a questa missione di unità e di pace che le è propria.
Ogni tappa ha rivelato la dimensione ecumenica e interreligiosa del viaggio. E quella spiccatamente sociale e politica ha trovato evidenza nell'incontro del Papa con le pubbliche Autorità di Giordania, Israele e dei Territori palestinesi. Ma anche in questi ambiti il successore di Pietro si presentava come capo e padre della comunità affidatagli dal Signore. Era tutta la Chiesa che lo accompagnava, ma essa si mostrava concretamente nella comunità locale. A nome della Chiesa egli ha confermato la volontà di dialogo e collaborazione con le grandi religione monoteiste, che scorgono in Gerusalemme una insopprimibile profezia di pace. Ora toccherà alla comunità locale lo sforzo di realizzare giorno per giorno tale proposito. E lo farà con tutta se stessa a cominciare dalla celebrazione liturgica del mistero pasquale, fonte e culmine della sua vita e della sua missione. Le opere educative, assistenziali, sociali, talora straordinarie, realizzate e mantenute tra mille sacrifici dai cattolici di Terra Santa, scaturiscono dalla irrinunciabile identità cristiana della comunità. Il dialogo possibile e perciò doveroso, che il Papa ha rilanciato, troverà attuazione nella testimonianza quotidiana e nel servizio ordinario di quella Chiesa particolare, nella sua perseverante fedeltà a Dio e agli uomini. Talune voci hanno ricordato che il dialogo non va enfatizzato. È vero. Del resto, esso è un mezzo e non il punto di arrivo definitivo. Sul santo monte della biblica convocazione si stabilirà la comunione perfetta di tutti con l'unico Dio: la meta è quella e tutto ad essa è finalizzato.
Ma mentre siamo nel tempo, il dialogo, pur faticoso e incerto, attesta il nostro essere sulla stessa via; esalta una visione comune, magari non pienamente elaborata, ma avvertita e desiderata; alimenta un'attesa, fin d'ora condivisa. Il dialogo, già in atto, nella sua debolezza, tradisce per fortuna di tutti un segreto comune convincimento: l'appartenenza ad un'unica famiglia amata dall'unico Dio, Padre di tutti. In questo senso ogni momento di incontro è sempre un apprezzabile traguardo e mai una illusione. L'incontro già avvenuto non autorizza a fermare i nostri passi. Piuttosto, li conforta e li rende più spediti.
Ho vissuto col Papa giornate di particolare intensità spirituale. Egli era ovunque sommerso da un'accoglienza tanto sincera ed affettuosa, che faceva pensare alla folla ben più grande di quanti, uomini e donne, vegliavano su di lui in quelle giornate con fervida preghiera in ogni parte del mondo. Senza dimenticare che, in realtà, a vegliare su Pietro era la nube dei testimoni che sono presso Dio: i patriarchi e i profeti, gli apostoli e i martiri, i santi monaci ed eremiti, i pellegrini cristiani e i cercatori dell'Assoluto, tutti preceduti dalla Madre del Signore, e condotti in quella Terra lungo i secoli dal fascino indicibile suscitato dal farsi uomo di Dio. Ben più numerosa di quella visibile che lo circondava, era, dunque, la Chiesa che lo accompagnava ed era evocata e realmente convocata nella celebrazione dei santi misteri. L'apice del pellegrinaggio va ravvisato, perciò, nelle liturgie eucaristiche presiedute dal Papa ad Amman, Gerusalemme, Betlemme e Nazaret; nella preghiera con i consacrati nella cattedrale melkita di Amman e nella basilica dell'Annunciazione; nella sosta al Calvario e alla Tomba vuota del Risorto. Proprio in quei Luoghi e in quei momenti "santi" il vescovo di Roma ha voluto assicurare che il viaggio "aveva come scopo prioritario la visita alle comunità cattoliche della Terra Santa" (ibid.). Sostenere quelle comunità significa garantire a tutta la Terra Santa un bene prezioso, forse indispensabile per il suo cammino nel presente e nel futuro. Offrire ai loro componenti, specialmente ai giovani che guardano al domani con preoccupazione, adeguate condizioni di abitazione, formazione, lavoro e di movimento personale e familiare, vuol dire difendere non a parole ma nei fatti la dignità di tutti. Sono esse, del resto, che ora dovranno coltivare il seme buono affidato dal Papa a quella Terra anch'essa "buona e santa". La benedizione di Dio darà incremento alla generosa seminagione, ma l'abbondanza del raccolto dipenderà anche dalla loro fedeltà. Certo, dovrà essere la comunità internazionale a cimentarsi nell'avventura della pace, che è sempre e comunque possibile, anche a Gaza, credendo alla solidarietà tra le genti e lottando contro ogni ingiusta discriminazione. Ma le comunità cattoliche non dovranno mai stancarsi di chiedere il bene di una reale libertà religiosa, contribuendo con tutte le loro forze al suo perseguimento, che è garanzia dei diritti insopprimibili di ogni persona. Il Signore non le lascerà sole là dove per la prima volta è risuonato il suo santo nome. Benedetto XVI le ha assicurate che anche la Chiesa di Cristo sarà al loro fianco.

(©L'Osservatore Romano - 22-23 maggio 2009)

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