domenica 10 maggio 2009

Il cammino del nuovo Mosè dal Monte Nebo alla moschea di Amman: "Rispetto per tutte le religioni" (Galeazzi)


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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo questo commento di Giacomo Galeazzi alla giornata di ieri:

IL CAMMINO DEL NUOVO MOSE’ DAL MONTE NEBO ALLA MOSCHEA DI AMMAN: “RISPETTO PER TUTTE LE RELIGIONI”

Da Amman

Giacomo Galeazzi*

La seconda giornata del viaggio di Benedetto XVI è un collage di parole, immagini, gesti destinati a passare alla storia. Dalla contemplazione solitaria della Terra Promessa sulla balconata naturale del Monte Nebo, alla camminata nella moschea Re Hussein accanto al principe giordano discendente diretto di Maometto, ai Vespri di sapore bizantino nella gremitissima Chiesa cattolica di rito greco-melchita nel quartiere cristiano di Amman.
Un cammino religioso che, come evidenziato dall'Osservatore Romano, non poteva iniziare se non dal memoriale dedicato a Mosè sul Monte Nebo, là dove la tradizione biblica colloca lo sguardo del custode dei Dieci Comandamenti alla terra promessa e la sua fine. Da quasi mezzo millennio i predecessori del vescovo di Roma vedono, sulla parete orientale della Cappella Sistina, la raffigurazione della morte del legislatore di Israele accanto a quella della resurrezione di Cristo.
Ora il loro attuale successore - come già Giovanni Paolo II nell'anno del grande Giubileo - ha potuto contemplare nella foschia mattutina il Paese promesso da Dio al popolo dell'alleanza, per meditare sull'unica storia della salvezza e sulla riconciliazione tra ebrei e cristiani.
Dalla Giordania esempio di tolleranza, il Papa, non a caso, denuncia: "La manipolazione ideologica della religione, talvolta per scopi politici, è il catalizzatore reale delle tensioni e delle divisioni e non di rado anche delle violenze nella società".
Nel giorno in cui entra per la seconda volta in una moschea, quella di Amman, intitolata al re Hussein, Benedetto XVI mette l'accento sulle derive di una fede ideologizzata e manipolata.
Parla davanti agli esponenti musulmani e ai membri del Corpo diplomatico all'esterno dell'edificio sacro.
E dice la sua, dopo che il principe Ghazi Bin Talal, uno dei promotori della lettera dei 138 ulema ai capi cristiani, gli dà pubblicamente atto di aver espresso il proprio "rammarico" per i fraintendimenti della sua ‘lectio magistralis’ di Ratisbona.
Ma di derive della fede strumentalizzata, il Pontefice ha parlato pure benedicendo la prima pietra dell'Università cattolica di Madaba: "La religione viene sfigurata quando viene costretta a servire l'ignoranza e il pregiudizio, il disprezzo, la violenza e l'abuso". La seconda volta di Benedetto XVI in moschea, dopo la visita a quella Blu di Istanbul nel 2006, segue il cerimoniale predisposto per gli ospiti, e così al Papa non viene chiesto di togliersi le scarpe.
Il successore di Pietro cammina, così, su un tappeto predisposto per lui e i suoi accompagnatori, tutti calzati, osserva l'architettura dell'edificio e si raccoglie in silenzio nell'aula di preghiera. E' in atteggiamento di "raccoglimento", spiega il portavoce padre Federico Lombardi, ed "esprime rispetto" per quanti riconoscono nella moschea il luogo della propria preghiera. A scanso di equivoci, l'Osservatore Romano riferisce che per convincere il Papa "che si poteva camminare in moschea con le scarpe", "è stato per primo il principe Ghazi Bin Talal a entrare in moschea senza toglierle", e pubblica in prima pagina la foto dei due leader religiosi entrambi con le scarpe.
Nelle parole a leader islamici e diplomatici, Benedetto XVI ha quindi espresso senza perifrasi tutta la preoccupazione dei credenti per il fatto che "alcuni asseriscono che la religione è necessariamente una causa di divisione nel nostro mondo; e per tale ragione affermano che quanto minor attenzione vien data alla religione nella sfera pubblica, tanto meglio è".
I contrasti tra i seguaci di diverse fedi non possono essere negati, ammette, ma è la "manipolazione ideologica della religione", magari a fini politici, che fa da "catalizzatore" di "tensioni, divisioni, violenze". In questo contesto, il Pontefice ritiene "degna di plauso" la "decisione dei leader religiosi e civili giordani, di far sì che il volto pubblico della religione rifletta la sua vera natura".
In Giordania si possono costruire Chiese e, ha ricordato venerdì il Papa, si cerca di frenare gli "estremismi".
Da questo Paese, inoltre, Benedetto XVI può denunciare l’interpretazione violenta delle religioni e può insistere sul fatto che la libertà religiosa non è solo libertà di culto, ma anche di poter esercitare un ruolo civile.
Il Papa tedesco tende la mano all'Islam dialogante e aperto degli hashemiti e questi la accolgono e la stringono: il principe Ghazi, davanti agli esponenti musulmani e ai diplomatici, sottolinea che il pontificato ratzingeriano è "marcato dal coraggio morale di dar voce e tener fede alla propria coscienza, indipendentemente dalla moda del giorno".
Nell'incontro interreligioso, il Santo Padre non ha poi mancato di fare appello agli "sforzi della comunità internazionale" per "promuovere pace e riconciliazione" in Iraq, ed ha auspicato l'impegno dei leader politici e di tutte le forze in campo per la ricostruzione di "infrastrutture e benessere" e chiesto di non dimenticare il diritto dei cristiani iracheni alla "pacifica coesistenza".

Giornalista, vaticanista del Quotidiano ‘La Stampa’

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