mercoledì 27 maggio 2009
La Chiesa di fronte all'opinione pubblica (Folena)
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DIBATTITO
La Chiesa di fronte all'opinione pubblica
Umberto Folena
La Chiesa nell'agorà dell’opinione pubblica. Che fare? Adeguarsi agli orientamenti della maggioranza degli italiani nella speranza, o nell’illusione, di raggranellare consensi e riempire le chiese? Oppure tirare avanti con noncuranza ribadendo la solita salda dottrina, a prescindere dal consenso, dal dissenso, dall’indifferenza dell’opinione pubblica?
Nando Pagnoncelli, "scienziato" dell’opinione pubblica e attento osservatore della Chiesa, di fronte al dilemma così impostato probabilmente sorriderebbe. La sua posizione sfugge ai facili schematismi.
E probabilmente è l’unica non solo ragionevole, ma anche fedele al Vangelo. Nando Pagnoncelli – da cinque anni presidente e amministratore delegato di Ipsos, dopo vent’anni passati ad Abacus – dialoga con Mauro Broggi nel libro-intervista Le opinioni degli italiani non sono un’opinione (La Scuola, pagine 144, euro 9,30) affrontando soprattutto il tema dei sondaggi politici e della politica nei confronti dell’opinione pubblica, per concludere con un denso, efficace e schietto capitolo sulla Chiesa. La prima osservazione è di quelle che fanno tirare un sospiro di sollievo.
Ciò che da tempo scriviamo per averlo "annusato", lui lo sottoscrive in virtù delle sue ricerche.
La cosiddetta "ingerenza" non esiste. Ma esiste una colossale contraddizione: «È chiarissima – afferma Pagnoncelli – la contraddittorietà di fondo dell’opinione pubblica, cattolica e non, e della politica italiana di fronte ai pronunciamenti della Chiesa. Contraddittorietà totale, lo abbiamo visto a proposito di tanti temi, dall’immigrazione alle ronde, ai rom, alla sicurezza, nelle vicende Welby, Englaro, ecc.: "La Chiesa deve stare zitta" quando dice qualcosa che non condivido; "Come ha detto la Chiesa", invece, quando sostiene ciò che anch’io penso».
Pagnoncelli non si stupisce che si possa essere in disaccordo con la Chiesa, ci mancherebbe altro. Discuterne analisi e diagnosi fa parte del gioco democratico e contribuisce a "costruire" l’opinione pubblica.
A stupirlo è che si neghi alla Chiesa il diritto di esprimere opinioni: «Questa è una contraddittorietà che a mio parere va risolta: non si può accettare o rifiutare secondo la propria convenienza non i contenuti, ma la liceità di esprimersi della Chiesa. Oppure imporle limiti d’espressione, come quando si sente affermare che "la Chiesa può parlare solo su temi etici". E quando il tema etico riguarda direttamente un provvedimento di legge?».
L’intervista fa giustizia di tanti luoghi comuni.
Nonostante le campagne di disinformazione e denigrazione, due italiani su tre manifestano fiducia nei confronti della Chiesa, fiducia che per il 45 per cento è "molta". Eppure tantissimo è ancora da fare sul piano educativo. Il voto, per esempio: il 51 per cento dei cattolici praticanti vota per il centrodestra e il 32 per il centrosinistra, ma senza motivazioni diverse dai non praticanti. Per capirci, la questione etica è marginale al momento del voto: vita e aborto sono il tema più importante per appena il 5,8 per cento dei cattolici assidui e il 2,3 dei santuari. Potremmo dire che il voto dei cattolici non è un "voto cattolico": la fede rimane ai margini. Né i credenti sentono il bisogno di un "partito cattolico". Ma qui scatta una dissonanza. Spiega Pagnoncelli: «In tutte le fasce in cui abbiamo diviso i cattolici (impegnati, praticanti, praticanti saltuari e non praticanti) prevale percentualmente l’opinione che non ci siano oggi in Italia forze politiche che più di altre rappresentino i valori dei cattolici italiani. Pensa il contrario, invece, la maggioranza dei non credenti».
Non deve stupire, quindi, che tra i cattolici prosperi il fai-da-te, consistente in una forte dimensione individuale di relazione con la Chiesa e in un indebolimento notevole dell’aspetto più comunitario e di magistero. E che una quota ragguardevole di credenti si dicano "attenti ma non vincolati" alle indicazioni del magistero. E il dilemma iniziale? E il confronto con l’opinione pubblica? «Penso – risponde Pagnoncelli – che la Chiesa non debba cercare il consenso attraverso la misurazione dell’opinione pubblica interna o esterna ma, attraverso strumenti adeguati, debba comprendere il comune sentire, verificare la sintonia, l’empatia rispetto ad alcuni temi. Debba misurare il livello di conoscenza, anche comprendere le argomentazioni che le si oppongono, o quale sia il pregiudizio nei suoi confronti. La consapevolezza del fatto che l’opinione pubblica vada in una direzione diversa è importante per la Chiesa non per inseguire quest’opinione prevalente, ma per relazionarsi con essa, per trovare chiavi di dialogo».
© Copyright Avvenire, 27 maggio 2009 consultabile online anche qui.
Chiavi di dialogo ma, ovviamente, non appiattimento sulla "pancia" dell'opinione pubblica.
La Chiesa deve essere se stessa cioe' fedele al Vangelo.
Se adeguarsi al comune sentire significasse riempire le chiese, certe cattedrali che io conosco bene sarebbero strapiene ed invece languono...
Eppure certe diocesi sono rette o sono state rette da vescovi che i giornali (sottolineo...i giornali!) definirebbero "illuminati".
E' chiaro pero' che la Chiesa deve imparare a comunicare.
Un esempio?
Vige la confusione piu' totale sul problema dei divorziati e dei divorziati risposati. Chi puo' ricevere la Comunione?
Si cerchi un sacerdote o un vescovo che sappia spiegare bene i concetti (gia' dettagliatamente espressi dal Papa, ma questa parte del Magistero viene "sapientemente" ignorata dai media) e lo si mandi nelle varie trasmissioni.
L'altro giorno un sacerdote non e' stato nemmeno in grado di dire che sono solo i divorziati risposati a non potere ricevere il Sacramento dell'Eucaristia.
Comunicare con il mondo ma non piegarsi alle passioni momentanee del mondo.
Come dice sempre il Papa: i preti siano nel mondo, non del mondo.
R.
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2 commenti:
conosco Pagnoncelli, ho avuto il piacere di seguirlo in un seminario. Ha una dote invidiabile: la chiarezza.
Credo che cercherò il libro. Segnalo che mi fa tenerezza questa frase:
È chiarissima – afferma Pagnoncelli – la contraddittorietà di fondo dell’opinione pubblica, cattolica e non, e della politica italiana di fronte ai pronunciamenti della Chiesa. Contraddittorietà totale, lo abbiamo visto a proposito di tanti temi, dall’immigrazione alle ronde, ai rom, alla sicurezza, nelle vicende Welby, Englaro, ecc.: "La Chiesa deve stare zitta" quando dice qualcosa che non condivido; "Come ha detto la Chiesa", invece, quando sostiene ciò che anch’io penso».
Quella che lui chiama "contradditorietà", io la chiamo faccia da palta.
Alcuni editorialisti sono senza ritegno in questo. Ma si permettono di farlo perchè ormai la politica è un campo di tifoserie contrapposte dove è più importante appartenere piuttosto che ragionare.Penso di non rivelare niente di originale se dico che quando il Papa parla, si possono immaginare i titoli dei giornali neanche lavorassimo in redazione. E' più che un pensiero debole , è un pensiero inutile.
Papa Benedetto ha ragione da vendere a non perdere il sonno per simili commentatori.Quello che amareggia, a volte, è la facilità con cui fratelli nella fede ,più o meno adulti, si fanno abbindolare.
Parole sante mariateresa.
Sottoscrivo :-)))
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