martedì 8 settembre 2009

Chiesa, politica e libertas ecclesiae. Che cosa è in gioco (Benedetto Ippolito)


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Il progetto culturale di Ruini? Affermare la "libertas Ecclesiae"

modelli.

Se, dopo il caso di Avvenire, con le dimissioni del direttore Boffo, è eccessivo parlare di affronto all'autonomia della Chiesa, di certo ci troviamo ad analizzare un attacco alla legittimità stessa di un dissenso forte della società civile dal potere politico.


E' importante inventarsi presto una soluzione, anche a costo di far uscire una risposta miracolosa, come una colomba dal cilindro di un mago. Sotto accusa non è stata messa soltanto la legittima autonomia professionale di alcuni giornalisti cattolici. La controversia ha fatto emergere, piuttosto, la fragile indipendenza della stampa e il valore democratico sostanziale che ha la libertà d'opinione della Chiesa nella società civile italiana. Insieme alla libertà di un giornale è stata attaccata effettivamente la legittimità stessa di un dissenso forte della società civile dal potere politico.
Certo, parlare di un affronto alla libertà della Chiesa è usare parole grosse. Basti pensare che la formula latina "libertas Ecclesiae" fu impiegata dalla Riforma gregoriana per illustrare la posta in gioco che era in ballo quando nell'undicesimo secolo il potere politico condizionava totalmente l'autonomia spirituale e materiale della società. La minaccia, però, incombe soprattutto oggi.
Il valore più grande che il cardinale Camillo Ruini ha intuito e messo al centro della sua prospettiva pastorale è stato esattamente questo. Dopo il Concilio Vaticano II e davanti alla scomparsa della Democrazia cristiana, scommettere di nuovo sulla libertà della Chiesa. Una consapevolezza forte che è emersa distintamente al Convegno ecclesiale di Loreto del 1985, traducendosi poi nel Progetto culturale, nell'azione indipendente della Conferenza episcopale italiana dalla politica dei partiti, fino alla grande vittoria popolare del referendum sulla legge 40 (procreazione assistita, ndr) e alla riuscita trionfale del Family Day del 12 maggio 2007 in piazza San Giovanni a Roma.
Nella visione di Ruini era impellente reclamare una libertà formale e solenne per la Chiesa istituzionale e coinvolgere a pieno le diverse dimensioni ecclesiali, laicali, associative, diocesane o semplicemente individuali per renderle autonome e incisive pubblicamente.
La sintesi di questa idea di libertà cristiana ha prodotto lentamente un laicato compatto e dinamico, in grado di assicurare la presenza della Chiesa gerarchica nella società e di garantire la partecipazione autonoma, progettuale, talvolta perfino disparata, dei laici credenti nella società in cui vivono e in cui operano concretamente.
Oggi, qualcosa di questa prospettiva è andato distrutto. E solo la sostituzione di un direttore e una buona legge sul fine vita non possono garantire da sé il ritorno automatico di un equilibrio tanto consistente quanto sottile che si è frantumato repentinamente.
Il Papa domenica a Viterbo ha esortato i fedeli laici, i giovani e le famiglie «a non avere paura di vivere e di testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici situazioni dell'esistenza umana».
Il fatto stesso che, oltre alla straordinaria figura di san Bonaventura, vero teologo della libertà, Benedetto XVI abbia ricordato papa Leone Magno, ossia colui che lottò strenuamente per difendere la Chiesa antica dalla potenza imperiale, è un'esortazione più eloquente di qualsiasi commento.
Sebbene, infatti, la situazione attuale sia diversissima da allora, il parallelismo non può sfuggire all'attenzione di nessuno, perché il rimedio passa sempre attraverso il riconoscimento pieno della libertà di azione e di opinione dei credenti davanti alle molte insidie del potere.
La libertà della Chiesa, d'altronde, non è negata esclusivamente quando la politica condiziona l'espressione della stampa ufficiale, com'è avvenuto nei riguardi di Avvenire, ma anche e soprattutto quando si cerca di strumentalizzare la libertà cattolica in nome di un'iniziativa opposta e contraria alla precedente.
I buoni rapporti della politica con il mondo cattolico non si costruiscono, cioè, né attraverso la minaccia, né attraverso la "falsa adulazione", vera e presunta, e neanche vietando al Papa di parlare in pubblico in un'università o impedendo ai deputati credenti di legiferare compattamente su temi etici rilevanti e sensibili.
La vera libertà della Chiesa si afferma, invece, garantendo l'indipendenza ideale, associativa e individuale, che ogni singolo credente ha di poter vivere e contribuire democraticamente per mezzo della sua influenza alla costruzione di un'autentica civiltà cristiana.

© Copyright Il Riformista, 8 settembre 2009 consultabile online anche qui.

1 commento:

Fabiola ha detto...

Interessante questo articolo. Soprattutto in considerazione del giornale su cui è pubblicato.
Credo che la questione sia, come sempre nella storia, quella della "libertas Ecclesiae", una libertà sostanziale non quella di star rinchiusi a pregare nelle chiese o nelle sacristie. Questo tipo di libertà c'era pure nell'Unione Sovietica.
Qui è stata, davvero, la grandezza del cardinal Ruini e questo spiega, almeno per me, la scelta maggioritaria dei cattolici "bambini" per il centro destra. Non certo l'idolatria per il "vitello d'oro Berlusconi" ma l'intuizione, magari confusa, che, nonostante infinite contraddizioni morali, personali o culturali, lì ci fosse meno odio o risentimento pregiudiziale nei confronti di una presenza a tutto campo della Chiesa, in tutte le sue espressioni. Ci fosse cioè più spazio per una Chiesa non relegata al volontariato compassionevole cioè a far l'infermiera dei guasti che il "disastro educativo" costruito da una cultura secolarista spesso bipartisan (che non viene mai messa in discussione) continua a provocare.