venerdì 17 aprile 2009

I nuovi Cattolici. Storie di una generazione che “tradisce” l’educazione sessantottina all’ateismo e all’indifferenza per abbracciare la Chiesa


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I nuovi cattolici

Storie di una generazione che “tradisce” l’educazione sessantottina all’ateismo e all’indifferenza per abbracciare la Chiesa

di Lorenzo Fazzini

«Fino a 20 anni non mi sono mai fatto nessuna domanda su Dio: i miei genitori, gente del Sessantotto, non mi avevano battezzato: loro non hanno mai praticato, sono credenti in maniera formale. Non mi hanno fatto battezzare perché, mi dicevano, “non vogliamo importi niente”. Per me Dio non esisteva, la Chiesa si basava su cose non tangibili. Poi ho iniziato ad avvertire un desiderio di qualcosa che mi riempisse la vita. Alcuni incontri mi hanno cambiato: ad esempio quello con il parroco della chiesa di San Lazzaro che ha iniziato a parlarmi del Vangelo. L’annuncio di Cristo mi ha messo in crisi, in particolare quella frase: “Io sarò sempre con voi”, cioè la vicinanza di Dio a chi è lontano». Daniele, 25 anni, studente di Fisica a Padova, è un neofita, battezzato nella veglia di Pasqua del 2007.
«Durante l’adolescenza gli amici mi prendevano in giro perché ero una “comunista”, non battezzata. I miei, battezzati, avevano lasciato libere me e mia sorella e anche i nostri due fratelli più piccoli, anche se ci hanno sempre educati alla generosità. La Bibbia non sapevo cosa fosse, per me Pasqua era semplicemente la festa in cui si aprono le uova di cioccolato. Però, crescendo, sentivo un’inquietudine. Poi una compagna di università mi ha invitato ad un ritiro tenuto da francescani. Lì un frate mi ha parlato di Dio Padre e del suo amore per me. E ho iniziato a pregare. Allora ho capito cos’era quell’inquietudine che mi portava a tenere un diario di cose mie e raccontare tutto a un “Tu”». Elisa ha 26 anni, abita a Verona, è medico specializzanda in ginecologia. Due anni fa è stata battezzata nella chiesa di San Bernardino nel capoluogo scaligero. Sua sorella Chiara, 24 anni, educatrice, ha seguito il suo esempio un anno dopo. «Anche se all’inizio la scelta di Elisa mi faceva rabbia», racconta Chiara, diventata cristiana durante la veglia pasquale dell’anno scorso.
Analoga l’educazione all’insegna della “libertà di scelta” ricevuta da Eva, 27 anni, figlia di genitori cristiani poi allontanatisi dalla fede. «Quando sono nata – racconta – hanno preferito non battezzarmi per lasciare a me la scelta una volta raggiunta la maturità». La laurea in storia dell’arte alla Cattolica di Milano e poi la decisione che meditava da tempo: quella di intraprendere il percorso per il battesimo. «Pur non essendo battezzata, sono sempre stata credente, quindi sentivo che mi mancava qualcosa che lo ufficializzasse». L’ufficializzazione è arrivata durante la scorsa veglia di Pasqua, quando Eva ha ricevuto Battesimo, Eucaristia e Cresima dalle mani del cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi.
Daniele, Elisa, Chiara, Eva. Non sono solo mosche bianche in un’Italia che assiste a un ritorno nella Chiesa dei “nipoti del Sessantotto”. I figli di quei genitori degli anni Settanta che hanno fatto della libertà un totem intoccabile oggi domandano di diventare cattolici. I dati confermano che sono in aumento i nostri connazionali che, non avendo ricevuto da neonati il Battesimo (una pratica andata in crisi nel post Concilio) ora domandano l’ammissione alla Chiesa. «Molti catecumeni hanno come retroterra di esperienza il ’68» conferma don Andrea Lonardo, responsabile dell’ufficio catechistico del vicariato di Roma, che coordina il cammino dei nuovi cattolici nella Capitale. «Ho incontrato figli di molti anticlericali, anche di intellettuali. Arrivano al Battesimo in modi diversi: alcuni da movimenti come Comunione e Liberazione o i Neocatecumenali, la maggior parte da percorsi autonomi. Ogni anno a Roma abbiamo una media di 110 battesimi di adulti all’anno, metà stranieri metà italiani: ci sono giovani universitari o persone sui 40-50 anni». «Il fenomeno dei catecumeni italiani non è nuovo» spiega don Gianandrea Di Donna, che guida il settore catecumenato della diocesi di Padova. «I numeri sono aumentati, non sono altissimi ma ci sono». Guardiamo all’esempio della città veneta: nel settembre 2008 hanno iniziato l’iter verso il Battesimo 33 adulti, di cui 10 italiani; nel 2007 erano 24, con 4 “indigeni”. Nel 2006, 23 aspiranti battezzandi di cui 6 italiani. Attualmente, a Padova sono in cammino verso il Battesimo 80 uomini e donne, di cui 15 italiani. Il trend è positivo anche a Milano. «Da poche decine di catecumeni siamo passati a centinaia» sottolinea don Paolo Sartor, referente dell’arcidiocesi di Milano per i “nuovi cattolici”. Quest’anno saranno 153 i catecumeni che verranno battezzati dal cardinal Tettamanzi a Pasqua. «Il numero degli adulti che si battezzano è in lieve crescita anche da noi. O come diceva il cardinal Martini: “Sono molti, anche a Milano, coloro che passano il largo confine tra l’ombra e la luce”».

Un percorso lungo che non si fa da soli

La conferma arriva dalla Conferenza episcopale italiana, come certifica don Guido Benzi, direttore dell’ufficio catechistico della Cei, che ogni anno raccoglie cifre e numeri delle 223 diocesi italiane in tema di battesimi di adulti. «Siamo passati dai 1044 battesimi del 2005 ai 1302 battesimi del 2007. Di questi ultimi 535 sono uomini e 773 donne» annota. Di questi, 543 catecumeni sono italiani e 727 immigrati. Quindi non sono solo gli stranieri che si stabiliscono in Italia a chiedere di entrare nella Chiesa, in parte perché scoprono la fede cristiana ab origine, in parte perché trovano nella comunità cattolica un ulteriore elemento di integrazione sociale. Esiste, ed è ampio, anche l’incremento dei catecumeni italiani. Ribadisce don Lonardo di Roma: «Da un paio di anni a questa parte le cifre dei catecumeni italiani sta aumentando anche nella Capitale». Il responsabile della Cei traccia poi una sorta di profilo del “nuovo cattolico italiano”: «Emerge l’identikit di persone prevalentemente tra i trenta e i cinquant’anni rappresentative di tutti i ceti sociali. Nel 2007 la regione con il maggior numero di battesimi è stata la Lombardia, seguita a ruota da Toscana, Lazio, Emilia-Romagna e Sicilia».
Ma come si diventa cattolici da adulti nell’Italia del 2009? «Il cammino del catecumenato non è un percorso facilissimo – annota don Benzi. Dopo un periodo di preparazione la persona viene affidata ad un “accompagnatore” che la aiuta nella conoscenza della fede cristiana, nella lettura della Parola di Dio, nella preghiera e nella conoscenza della vita della Chiesa. Questo periodo può durare anche due anni. C’è poi un cammino specifico, normalmente nell’ultimo anno, ritmato anche da alcuni “passaggi” che sono fissati nel rito dell’iniziazione cristiana degli adulti. Di norma il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia dell’adulto vengono celebrate dal vescovo in cattedrale nella notte di Pasqua».
I modi di arrivare al fonte battesimale sono diversi, ma «un dato costante è l’incontro con altri battezzati (colleghi di lavoro, amici operatori in associazioni di volontariato, vicini di casa) che testimoniano la fede», annota don Benzi della Cei. «Interessante è come la persona del parroco non sia marginale al cammino che conduce alla decisione di diventare cristiani. Insomma si ha l’impressione di un lavorio silenzioso e tenace dello Spirito che conduce le persone attraverso gli ordinari fatti e luoghi della vita alla scoperta della fede e del volto di Gesù». «Un’esperienza particolare, l’incontro con un sacerdote, un periodo di sofferenza: in mezzo a tali vicende queste persone iniziano a porsi il problema di Dio e del senso della vita» spiega don Di Donna di Padova. «E incontrano la risposta nella persona di Cristo. Non ho mai trovato motivazioni banali nei catecumeni adulti, ma il senso di qualcosa che manca, che non si trova nell’ordinario». Sottolinea don Benzi: «È come se questo tessuto delicato ma resistente di relazioni positive ed autentiche, di aiuti, testimonianze e incontri non possa essere registrato nei paludati salotti di certa cultura».
«Il profeta Geremia scrive: “Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre”. Ecco, è stata questa la sensazione che ho provato con Dio», spiega Daniele Dequal, padovano, battezzato a 23 anni dopo l’incontro decisivo con la comunità Nuovi Orizzonti fondata a Roma da Chiara Amirante. «Le mie resistenze sono state travolte da questo Amore, come se io fossi stato cercato da Dio e il contrario». Dopo un cammino di catecumenato durato 18 mesi Daniele ha ricevuto il battesimo nel 2007.

La fidanzata che voleva sposarsi in Chiesa

Fabio Barbieri, della parrocchia di san Lorenzo in Monluè, a Milano, battezzando a Pasqua, è arrivato al cristianesimo per la sua fidanzata, che ha sempre voluto sposarsi in Chiesa. «E la cosa bella – racconta – è che adesso, se anche per caso dovessi rompere con questa ragazza, vorrei comunque ricevere il Battesimo e diventare cristiano». Per Federico, 35 anni, responsabile commerciale di un supermercato tra Venezia e Padova, la scelta di Cristo è arrivata tramite un’esperienza di sofferenza: «Anch’io sono un “nipote” del Sessantotto, i miei mi hanno lasciato “libero” senza farmi battezzare. Però sono cresciuto credendo che la vita continua dopo la morte e che abbiamo un’anima. È stato dopo un periodo di problemi di salute che mi sono riavvicinato alla Chiesa. Ho incontrato un prete che mi ha raccontato di un Dio che è amore, non mi ha fatto una morale, ma mi ha spiegato che Dio vuole il nostro bene e che la nostra vita sia realizzata. Da lì ho pensato che potevo rivolgermi a Dio come a una persona. Durante un ricovero in ospedale sono entrato nella cappella: ho trovato il vangelo in cui Gesù dopo Pasqua arriva nel Cenacolo e dice agli apostoli: “Pace a voi”. Ho capito che il Signore entra nella nostra vita nonostante le nostre porte chiuse». Così è cominciato l’iter che ha portato Federico al Battesimo la scorsa Pasqua.
In un tempo secondo cui la religione «avvelena ogni cosa», per dirla con Christopher Hitchens, le difficoltà, le derisioni, gli sbarramenti anti-cristiani della cultura di oggi colpiscono anche i neo-cattolici. «I catecumeni sanno che riceveranno un solo applauso, quello nella notte di Pasqua al loro battesimo», chiosa don Sartor di Milano. «Ho ricevuto più critiche che sostegno nella mia scelta, anche in famiglia, soprattutto in merito alle posizioni della gerarchia cattolica – afferma Daniele di Padova. Ma raramente si parla di cosa è veramente il cristianesimo. Per questo motivo queste critiche non mi fanno granché problema». E Fabio di Milano conclude: «In casa mia c’è sempre stato un certo astio per la Chiesa. Mio nonno era partigiano e dice che durante la guerra ha visto più preti-spie di quelli che erano dalla sua parte. Ma la mia risposta alle loro critiche è questa: se tu domani muori e non ci sei più, Uno solo è tornato indietro a dirci cosa c’è oltre la morte».

© Copyright Tempi, 16 aprile 2009

21 commenti:

Anonimo ha detto...

di quelli che fanno il percorso inverso è meglio non parlare...

Raffaella ha detto...

Ci sono fior di blog su questo argomento...li si cerchi con il motore di google!
Qui si fa controinformazione politicamente scorretta.
R.

Anonimo ha detto...

dal dizionario:
L'espressione politicamente corretto (traduzione letterale dell'inglese politically correct) designa una linea di opinione e un atteggiamento sociale di estrema attenzione al rispetto generale, soprattutto nel rifuggire l'offesa verso determinate categorie di persone. Qualsiasi idea o condotta in deroga più o meno aperta a tale indirizzo appare quindi, per contro, politicamente scorretta (politically incorrect): cioè, alla stregua di questa visione, inaccettabile e sbagliata.

Raffaella ha detto...

Concordo e sono orgogliosa :-)
R.

Anonimo ha detto...

il "politicamente scorretto", primo, è tutt'altra cosa da quello che succede qua, secondo, non ha sempre un valore positivo come volete far credere.

Raffaella ha detto...

Opinioni...

Anonimo ha detto...

politicamente scorretto vuol dire mancanza di rispetto!

(post tagliato dal moderatore)

Raffaella ha detto...

Anonimo, le tue offese sono state ovviamente tagliate.
Come vedi, essere politicamente scorretti significa andare controcorrente, evitare di essere trasportati qua e la' dai venti di dottrina.
Non significa in nessun caso mancare di rispetto al prossimo o usare termini offensivi.
Per questo tipo di atteggiamento ci sono altre definizioni.
R.

Anonimo ha detto...

allora perchè non si usa il termine "andare contro corrente"?
il termine "politicamente scorretto" è nato proprio per quelle definizioni che tu hai saggiamente tagliato. chiamare una persona di colore, un disabile, un omosessuale con altri termini è politicamente scorretto. lo dice il dizionario.

Raffaella ha detto...

No, insultare una persona non e' politicamente scorretto, e' semplicmente volgare!
R.

Caterina63 ha detto...

Anonimo ha detto...
politicamente scorretto vuol dire mancanza di rispetto!

***********************

...siamo in pieno relativismo poichè il politicamente corretto o scorretto implicano semplicemente le personali opinioni adottate quale verità imposta...^__^

si dice "politicamente corretto" quando si vuole agire come fa lei caro anonimo...nascondere ossia la verità o confonderla con le altre opinioni...ma è anche politicamente scorretto se al senso di politica prevalesse il buon senso, la ragione, quel rispetto e quella tolleranza che lei predica a parole ma ha difficoltà ad applicare...^__^

Quindi lei agisce nel politicamente corretto perchè vorrebbe che la verità venisse offuscata o equiparata ad altre storie contrapposte (mi riferisco alle testimonianze qui riportate che lei legge in negativo), in ragione della sua opinione personale...
e agisce nel politicamente scorretto perchè vorrebbe imporre lei una visione negativa del testo in questione...
^__^

e politicamente scorretto siamo anche noi senza dubbio quando, però, non vogliamo farci fregare dal politicamente corretto scendendo a compromessi con la verità...^__^

Quelli che fanno il percorso inverso, ossia che escono dalla Chiesa o peggio vi rimangono dentro senza più praticarla e delle volte osteggiandola...usano moltipiù canali di noi per farlo sapere al mondo intero...e vivono la propria inquietudine o chiudendosi in sè stessi (soffrendo) o combattendo la Chiesa...altri diventano protestanti, buddisti e quant'altro, qualcuno li ha mai obbligati a ritornare all'Ovile?
^__^

In che termini dovremo parlare di queste persone se non attraverso il linguaggio della MISERICORDIA, DELLA PREGHIERA E DEL PERDONO, accompagnato il tutto con una buona dose di SILENZIO RISPETTOSO?

Nel 2001 il Corriere della sera pubblicò un bellissimo articolo di un gruppo di musulmani di Roma che si erano convertiti al cattolicesimo...ebbene, si lamentavano perchè nessuno dava spazio alle loro storie, alle minacce che avevano ricevuto per la loro conversione...alla fede che spesso dovevano praticare A ROMA...DI NASCOSTO...su Magdì Allam Cristiano a dare loro un pò di voce...^__^

Dica la verità caro anonimo, cosa le da fastidio?
il fatto che si parli di CONVERSIONE o il fatto che non sa come chetare l'inquietudine che la anima?
Mi creda, le sono vicino più di quanto lei possa immaginare, conosco quel fastidio che lei prova interiormente e mi creda...per liberarsene non si affidi alle sue opinioni o alle mie o a quello che legge, si fidi solo di Cristo, si fidi di Maria Santissima, vada da Lei come si va ad una Madre in cerca di VERITA'...si apra alla Grazia e comprenderà che quanti sono usciti dalla Chisa saranno per lei INDICATORE DI SOFFERENZA e non di gioia da comunicare...

Fraternamente CaterinaLD

Anonimo ha detto...

Il politicamente corretto che qst blog combatte è quell' ideologia mondialista ipocrita che si applica solo in certi casi e non in altri.
E' la lingua di tanti organismi internazionali(e purtroppo neanche certa Chiesa ne sfugge) che chiama le cose in maniera strana,asettica, che fa campagne per combattere le discriminazioni verso i disabili ma poi ritiene essere loro "diritto riproduttivo" l'essere eliminati prima di nascere con la formidabile espressione di aborto terapeutico(dove la terapia non si sa bene dove stia); è quell'ideologia per cui se si attacca l'Islam(e preciso di non essere daccordo con talune manifestazioni) si proibiscono film,si ritirano le vignette e si chiede scusa mentre è arte e satira offendere cristiani,specie i cattolici; è quell'ideologia per cui si fa la figura dei fighetti se si dice"manderemo in Africa 1 mln di preservativi" ignorando che gli africani hanno bisogno di latte e non di lattice.
E' in sostanza la più anticristiana delle dottrine, che cambia la Verità con le verità del momento,pericolosa per tutti xkè ciò che oggi viene rispettato,domani chissà,forse non sarà più considerato "politicamente corretto" e allora saranno dolori.
Il rispetto è un'altra cosa, ben più degna.

Antonio

Anonimo ha detto...

cara caterina lei mi conosce molto meno di quello che crede, e la cosa non mi sorprende, visto che lei non mi conosce affatto.
la mia "polemica" era solo sul termine "politicamente scorretto" che qui viene usato come un valore assoluto, mentre invece è un termine nato con tutt'altro scopo.
invito semplicemente a consultate un dizionario.

Anonimo ha detto...

più che dal dizionario, la definizione di politically correct mi sembra copia-incollata dall'ineffabile wikipedia.

perché non ricordarne anche la genesi?

"l'uso dell'espressione nell'accezione corrente può ricondursi negli anni Trenta agli ambienti di intellettuali statunitensi di sinistra d'ispirazione comunista dove il politicamente corretto era segno di distinzione e di appartenenza all'ortodossia ideologica del partito". (è sempre wikipedia, per quello che vale)

gemma ha detto...

gli anonimi ci piacerrebbe tanto che si firmassero, anche solo con uno pseudonimo o con un anonimo a, b, c,...giusto per sapere di volta in volta con quale dei tanti anonimi ci si sta confrontando.
Mi sembra talmente chiaro che il "politicamente corretto" inteso come lo si intende qui non abbia nulla a che fare col dizionario....Diciamo che talvolta il "politicamente corretto" suona spesso troppo conforme alla moda del momento e va oltre il senso di ideologie nate inizialmente, appunto, come politicamente corrette nel senso di giuste, ma che col tempo sono diventate conformi alle esigenze del momento.
Comunque, quella definizione fornita non proviene dal dizionario ma da Wikipedia, enciclopedia dove tutti possono intervenire modificando definizioni

Anonimo ha detto...

dal dizionario Rizzoli Larousse:

politically correct
loc. agg. (loc. ingl. d'America, "politicamente corretto") Di discorsi o comportamenti che tendono a bandire tutto ciò che potrebbe risultare offensivo nei confronti delle categorie considerate come vittime dell'ideologia.
◆ loc. sost. m. (solo sing.) Movimento politico sorto alla fine degli anni 1980-1990 nelle università degli Stati Uniti per rivendicare maggiore giustizia sociale e soprattutto parità di diritti per le minoranze etniche e sociali. ~ estens. Rivendicazione, da parte di minoranze, di identità e diritti o atteggiamento di apertura verso tali istanze.

Anonimo ha detto...

La prima battaglia è semantica: no all’eufemismo zuccheroso e saccente, alla perifrasi vereconda che traveste la realtà sotto falso nome. E relega l’umanità vivace, complessa e sofferente in un limbo uniforme di portatori di adipe, di verticalmente, economicamente, psicologicamente svantaggiati, di single e di liberi. Il secondo bersaglio è il gioco affettato del volersi bene. In tempi di buonissimo ecumenico, il vero pericolo è l’aggressività inespressa. A forza di reprimere, si rischia l’esplosione efferata e violenta. E’ la politica dei buoni sentimenti che produce, nell’ombra, sette sataniche e integralismi. Con queste sovversive premesse, Claudio Risé, psicanalista e docente di Polemologia e Claudio Bonvecchio, docente di Filosofia Politica all’Università di Trieste, scrivono la loro dichiarazione di guerra al politicamente corretto: basta con l’egualitarismo vischioso e ipocrita. Basta con la melassa conciliante e perbenista. Ed ecco il colpo mortale: «Il buonismo ha rivelato ampiamente il suo lato feroce. E’ sotto gli occhi di tutti che, insistendo con le smorfie edulcorate, si diventa cattivi» (L’ombra del potere. Il lato oscuro della società: elogio del politicamente scorretto, Red). Giù la maschera dunque: malvagi non si nasce, si diventa. A forza di bontà e cinico bon ton. «Il politicamente corretto è la versione più aggiornata della società delle buone maniere, che teme la concretezza e rimuove il corpo, la natura, il sacro. Nell’Occidente maternizzato e consumista, la violenza, la forza, l’aggressività, il maschile sono tabù» spiega Risé. «Ma proprio perché ha rimosso la morte, la tarda modernità assiste a continui massacri, genocidi e stermini. Proprio perché nega la virilità registra un’escalation di stupri e delitti di “bravi ragazzi”. Non c’è come spostare nell’inconscio aspetti fondamentali dell’esistenza per renderli regrediti, arcaici e incontrollabili». Di qui l’atto di fondazione del «politicamente scorretto»: rivalutare il conflitto, guardare in faccia la realtà, chiamandola esplicitamente per nome, riscoprire il coraggio della diversità uscendo dall’uniformità conformista.

Anonimo ha detto...

certo, si può fare filosofia su tutto, ma rimane il fatto che il termine "politicamente corretto" nasce per evitare di apostrofare alcune categorie di persone con parole che potrebbero sembrare offensive.
avvolte si esagera in questo atteggiamento, ma vantarsi ogni minuto di essere "politicamente scorretti" vuol dire non aver capito il significato del termine.

p.s.
anche io sono stato "politicamente scorretto" parlando di "categorie di persone".

Anonimo ha detto...

E' la prima volta che mi capita di incontrare qualcuno che difende il politicamente corretto.
Di solito lo si nega.
Cmq tanto di cappello, meglio dirlo apertamente che trincerarsi in ipocriti "non è vero".
Tuttavia credo che anonimo intenda per politicamente corretto ciò che si dice molto più semplicemente RISPETTO.
Non sono però sinonimi,anzi...

Antonio

Anonimo ha detto...

più che difendere il politicamente corretto, cerco di spiegere quale per me, e per qualche dizionario, sia il vero significato del termine.
è vero che si può arrivare "all’eufemismo zuccheroso e saccente", ma questo non ha niente a che vedere col andare o meno contro corrente, o dire pane al pane e vino al vino, o non avere peli sulla lingua, ecc ecc.

Anonimo ha detto...

Caro anonimo dipende tutto dall'interpretazione che si dà della parola che di per sè non è che brilli per comprensibilità.
Cmq non conviene impelagarsi in discorsi nominalistici.
In fondo da qst discussione ne usciamo più vicini di quando l'abbiamo cominciata.

Antonio