domenica 10 maggio 2009

"Così Benedetto XVI afferma il giudaismo d'Israele e di Gesù. Dice Neusner" (Il Foglio)


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IL FOGLIO- "Così B-XVI afferma il giudaismo d'Israele e di Gesù. Dice Neusner"

Roma.

Il Time lo ha definito “il rabbino preferito del Papa”, ma ancora prima era “l’amico ebreo del cardinal Ratzinger”.
A lui, Jacob Neusner, e al suo A Rabbi Talks with Jesus, Benedetto XVI ha dedicato persino molte pagine del “Gesù di Nazareth”.
Da lunedì Joseph Ratzinger, alla sua quarta visita in Terra Santa, ripercorrerà per la prima volta da Papa le stesse strade del Gesù Cristo che ha raccontato nel suo libro.
“In questo viaggio il Papa afferma il giudaismo dello stato di Israele e di Gesù Cristo”, spiega Neusner al Foglio. Secondo lui il viaggio di Benedetto XVI è una netta dichiarazione contro chi sponsorizza l’antisemitismo di stato: “Con la sua stessa presenza fisica di pellegrino – dice – il Papa afferma la legittimità dello stato di Israele. Oltre a ricordare all’islam che nei paesi musulmani deve ampliare la stessa libertà d’espressione che chiede all’occidente”.
Secondo Neusner, il pellegrinaggio del Papa incarna il “trialogo” indispensabile fra le tre religioni abramitiche, quello che “porta alla comprensione reciproca e che permette di dare un senso alla differenza, non di superarla”. E nessuno scenario potrebbe essere migliore per il “trialogo” della Terra Santa. Sul volo per Amman, Benedetto XVI ha detto di voler “contribuire alla pace” in nome della chiesa e della Santa Sede, non “un potere politico ma una forza spirituale”.
“Il Papa parla, a nome di un miliardo di cattolici, al cuore dell’ebraismo e al centro della religiosità islamica. L’incontro fra le tre tradizioni si trasforma in un atto di ricerca religiosa”.
Cristiani ed ebrei hanno anche una base comune di partenza, le Scritture: “Diamo valore alle stesse storie e chiediamo loro di spiegare ciò che siamo – spiega Neusner – Possiamo rivolgerci a Dio con una voce sola attraverso la liturgia. Per questo il Papa ha scritto un libro sui salmi”.
Benedetto XVI arriva in Israele dopo il Pontefice che pregò sul Muro del pianto e chiese scusa per l’Olocausto. E prima ancora di atterrare in Giordania ha detto che il dialogo con gli ebrei “fa progressi”, “nonostante i malintesi”.
Perché sebbene gli siano piovute addosso accuse di antigiudaismo e persino di antisemitismo, Benedetto XVI ha dimostrato in più di un’occasione la sua amicizia nei confronti degli ebrei.
“Ha portato avanti la tradizione di Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, e ha affermato l’eredità dei Papi della riconciliazione fra ebraismo e cristianesimo. Benedetto XVI ha mostrato che la verità religiosa non si deve compromettere nella ricerca di amicizia fra le fedi”.
Ma questo Papa è nato e cresciuto nella Germania nazista e la suscettibilità nei confronti della sua origine sembra non essere stata del tutto superata. Al punto che la sala stampa Vaticana ha pensato di specificare, per la prima volta, che il Papa non parlerà tedesco.
“I ricordi dell’Olocausto per molti sono legati ai suoni della lingua tedesca. E’ un gesto di sensibilità. Benedetto XVI ha preso posizione fra quelli che hanno rifiutato l’eredità della generazione che ha commesso l’Olocausto”.

© Copyright Il Foglio, 9 maggio 2009 consultabile online anche qui.

1 commento:

Carla ha detto...

Grande e straordinario gesto di sensibilità di Papa Benedetto omettere l'uso delle sua lingua madre eprchè "I ricordi dell'olocausto sono ancora legati alla lingua tedesca". Ecco un "gesto concreto" del Pontefice, rispetto al quale l'editoriale di Yeoshua sbiadiscono. Carla