venerdì 1 maggio 2009
"La liturgia della chiesa nell’epoca della secolarizzazione" di Roberto de Mattei (Raineri)
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"La liturgia della chiesa nell’epoca della secolarizzazione" di Roberto de Mattei
77 pp., Solfanelli, 7 euro
di Daniele Raineri
L’argomento del pamphlet è di quelli densi: “La liturgia della chiesa nell’epoca della secolarizzazione”.
Sotto c’è un problema che, raccontato in breve, è questo: la chiesa si è lasciata turbare da un’ansia illusoria di rinnovamento e ha modificato la propria liturgia.
Ma il gioco non è valso la candela di cera.
Ha abbandonato l’eterno per incontrare il proprio tempo, ha deviato dalla tradizione per abbracciare la società del progressismo: e dopo, con orrore, che cosa ha scoperto? Che il suo è stato l’abbraccio catastrofico con un’età postmoderna già imputridita all’interno e che all’esterno porta segni sempre più evidenti di fallimento.
Ora rimediare non sarà facile.
La chiesa si è allontanata dalle proprie premesse più salde, si è in parte tramutata in una versione light di se stessa per dimostrarsi non-passatista e ha indebolito il suo messaggio più autentico e attraente.
Lo prova la crisi delle vocazioni religiose con tutta la forza dei fatti: la Riforma del Concilio non l’ha risolta, ma anzi l’ha decisamente aggravata. Per citare Joseph Ratzinger: “Quello che sapevamo solo teoreticamente è diventato per noi esperienza concreta: la chiesa sussiste e cade con la liturgia”.
Nella storia recentissima della chiesa c’è stato quindi un Prima, quando ancora questa crisi poteva essere evitata. Ma a noi tocca vivere nel Dopo: nel tempo presente, quando ormai la crisi deve essere affrontata. Roberto de Mattei – “sono uno storico, un cattolico laico che vive però con partecipazione i problemi della chiesa” – propone allora il ritorno alla tradizione come antidoto all’idea, filtrata all’interno della chiesa, che la secolarizzazione è comunque un processo storico irreversibile, e quindi, poiché irreversibile, anche “vero”.
E avanza un progetto di risacralizzazione della società: dove “l’esperienza di sacro” di cui la società ha disperatamente bisogno si raggiunge attraverso il sacrificio e lo spirito di penitenza.
“Al principio dell’edonismo e dell’autocelebrazione dell’Io che costituisce il nucleo del processo rivoluzionario plurisecolare che aggredisce la nostra società – scrive De Mattei – bisogna contrapporre il principio vissuto del sacrificio”.
Il capitolo iniziale sull’abbandono del latino durante la liturgia, argomento di una delle tre conferenze da cui è tratto questo pamphlet, è il manifesto convincente del Grande equivoco. Credevamo di essere moderni e anche di farvi un favore, abbiamo invece sperperato il nostro tesoro comune.
Il latino non è stato abolito dal Concilio – come si crede grossolanamente – ma non è più usato, anche se una costituzione apostolica del 1962, la Veterum Sapientia, raccomanda il contrario con precise disposizioni.
Eppure il latino era per sua natura la lingua della chiesa, perché possiede tutte le caratteristiche che servono.
E’ lingua universale, che supera i confini delle nazioni.
Si può ribattere che non è più in uso – ma per De Mattei si tratterebbe di un’obiezione povera. Una lingua non muore quando non è parlata, ma quando svanisce dalla cultura e dalla memoria di un popolo. Altrimenti, e per assurdo, dovremmo chiamare lingue morte anche l’ebraico, risorto nel Ventesimo secolo con il sionismo, e l’arabo classico, che oggi è parlato soltanto in alcuni contesti formali.
Il latino è una lingua stabile dal punto di vista lessicale e grammaticale, quindi è anche un vettore solido, capace di sfidare il passare dei secoli e di conservare l’integrità e l’immutabilità della dottrina cattolica. Il latino è infine lingua sacra: la lingua della liturgia tra l’assemblea e Dio.
E non importa afferrarne tutte le parole: la liturgia non è orizzontale, non lega i fedeli tra loro, ma è verticale, è diretta verso Dio. Come dice al linguista Beccaria la vecchietta alzando il dito verso il cielo, l’importante è che capisca lui.
© Copyright Il Foglio, 30 aprile 2009 consultabile online anche qui.
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1 commento:
Qualche giorno fa leggevo un commento sempre sulla Liturgia "Cuore e motore della Chiesa" che sottolineava le stesse linee guida in questo articolo brillantemente tracciate...
Le riflessioni che leggevo sottolineavano quanto segue che riporto a memoria:
"...è vero abbiamo avuto, come Chiesa, sempre da combattere i falsi maestri, l'eresia ariana sfiancò la Chiesa, tutti avevano abiurato perfino il Papa, si pensava che tutto il mondo dovesse diventare ormai ariano, questa eresia si trascinò per circa 300-400 anni; così l'eresia Protestante in voga anch'essa da 400-500 anni ma non ha vinto, non ha sostituito la Chiesa come credevano i suoi fondatori, ma la zizzania oramai è entrata nella Chiesa e miete le sue vittime.
Ogni qualvolta si va a toccare il Fondamento Cristo e la Sacra Liturgia, non abbiamo "nuove eresie" ma sono i due capisaldi dell'eresia ariana e protestante che ritornano a cicli con nuove idee.
L'unica aggravante di questo periodo che stiamo vivendo è che tali eresie si sono fatte più subdole e sono più mascherate, Satana si è fatto più furbo ed è andato a minare le colonne portanti della Chiesa, convincendo nell'errore non pochi vescovi e sacerdoti proprio come avvenne per l'eresia ariana e per il protestantesimo.
Le colonne portanti della Chiesa:
- Divinità di Gesù Cristo e Capo della Chiesa;
- Liturgia, Eucarestia e i Sacramenti;
non avevano mai subito una infiltrazione devastante come oggi poichè tali eresie si presentano a noi oggi non tanto come proclami dottrinali, ma ancor peggio come uno stato normale del moderno pensiero cattolico attraverso la semplificazione del linguaggio..."
C'è da meditare...
Fraternamente CaterinaLD
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