giovedì 9 luglio 2009

Lefebvriani, il Papa «rinnova» l’Ecclesia Dei. Il motu proprio «Ecclesiae unitatem» (Cardinale)


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Lefebvriani, il Papa «rinnova» l’Ecclesia Dei

Il motu proprio «Ecclesiae unitatem» pubblicato ieri collega in modo più stretto la Commissione istituita da Giovanni Paolo II alla «Dottrina della fede». Viene ribadito che la Fraternità non ha statuto canonico nella Chiesa

DA ROMA

GIANNI CARDINALE

Benedetto XVI ribadisce il de­siderio che i cosiddetti «le­febvriani» rientrino a pieno titolo nella Chiesa cattolica e defi­nisce ulteriormente le condizioni e gli strumenti per raggiungere questo traguardo.
Lo fa con il motu proprio «Ecclesiae Unitatem», pubblicato ie­ri con data 2 luglio, in cui stabilisce, come annunciato nella sua lettera ai vescovi del 10 marzo, che la Com­missione
Ecclesia Dei venga colle­gata «in modo stretto» alla Congre­gazione per la dottrina delle fede.
Nel motu proprio – articolato su set­te punti in tre pagine e mezzo – il Pa­pa, citando in nota i Concili Vatica­no I e II, ricorda che «il compito di custodire l’unità della Chiesa», spet­ta «in modo particolare al Succes­sore dell’Apostolo Pietro».
Benedet­to XVI rammenta quindi la creazio­ne da parte di Giovanni Paolo II, il 2 luglio 1988 – dopo le ordinazioni e­piscopali illegittime e le conseguenti scomuniche – della Pontificia Com­missione Ecclesia Dei, con il compi­to di «facilitare la piena comunione ecclesiale dei sacerdoti, seminaristi, comunità o singoli religiosi e reli­giose finora in vario modo legati al­la Fraternità fondata da monsignor Lefebvre, che desiderino rimanere uniti al Successore di Pietro nella Chiesa Cattolica».
E proprio nella «linea» tracciata da Giovanni Paolo II, aggiunge Bene­detto XVI, «ho voluto ampliare e ag­giornare, con il motu proprio Sum­morum Pontificum (del 7 luglio 2007, ndr), l’indicazione generale già contenuta nel motu proprio Eccle­sia Dei circa la possibilità di usare il Missale Romanum del 1962, attra­verso norme più precise e dettaglia­te».
Papa Ratzinger poi ricorda che, sem­pre «nello stesso spirito e con il medesimo impegno di favorire il supe­ramento di ogni frattura e divisione nella Chiesa e di guarire una ferita sentita in modo sempre più doloro­so nel tessuto ecclesiale», nel gen­naio scorso ha voluto «rimettere la scomunica ai quattro vescovi ordi­nati illecitamente da monsignor Le­febvre».
«Con tale decisione – riba­disce il Papa –, ho inteso togliere un impedimento che poteva pregiudi­care l’apertura di una porta al dia­logo e invitare così i vescovi e la «Fra­ternità San Pio X» a ritrovare il cam­mino verso la piena comunione con la Chiesa». A questo punto Bene­detto XVI si rifà alla citata lettera del 10 marzo per sottolineare di nuovo che da una parte «la remissione del­la scomunica è stata un provvedi­mento nell’ambito della disciplina ecclesiastica per liberare le persone dal peso di co­scienza rappresentato dalla censura ecclesiastica più grave»; ma che d’altra parte «le questioni dottrinali, ov­viamente, rimangono e, fin­ché non saranno chiarite, la Fraternità non ha uno sta­tuto canonico nella Chiesa e i suoi ministri non posso­no esercitare in modo legit­timo alcun ministero».
E proprio perché «i proble­mi che devono ora essere trattati con la Fraternità sono di natura essen­zialmente dottrinale», il Papa ha de­ciso «di ripensare la struttura della Commissione Ecclesia Dei, colle­gandola in modo stretto con la Con­gregazione per la dottrina della fe­de».
In pratica la «nuova» Commissione d’ora in poi avrà come presidente il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (attualmente il cardinale William J. Levada), non­ché una propria tabella organica composta dal segretario (da ieri monsignor Guido Pozzo) e da offi­ciali (sparisce invece la figura del vi­ce- presidente).
La Commissione quindi, che non avrà più membri propri ma riferirà a quelli dell’ex Sant’Uffizio, continuerà ad occu­parsi delle realtà tradizionaliste già in piena comunione con la Santa Se­de e in più si occuperà del dialogo teologico con i «lefebvriani».

© Copyright Avvenire, 9 luglio 2009

lo scenario

L’accettazione del Vaticano II questione dottrinale irrisolta

Gianni Cardinale

DA ROMA

La scomunica non c’è più, e quindi i cosiddetti «lefeb­vriani» non sono scismati­ci.
Ma finché la Fraternità San Pio X non troverà una propria collocazione canonica all’inter­no del corpo ecclesiale la sua si­tuazione sarà irregolare, i ve­scovi e i sacerdoti che ne fanno parte saranno considerati so­spesi a divinis, cioè sospesi da un legittimo esercizio del mini­stero.
E in questo senso le ulti­me ordinazioni sacerdotali – di per sé – non hanno aggravato la loro posizione canonica.
Ma prima che i lefebvriani vengano pienamente accolti nella Chie­sa cattolica, con quale statuto è un’altra questione, è necessario che vengano chiarite le questio­ni dottrinali ancora in sospeso.
I problemi che rimangono sul tappeto, infatti, come ha ribadi­to Benedetto XVI nel motu pro­prio «Ecclesiae unitatem» pub­blicato ieri, non sono più di na­tura liturgica, non riguarda più l’uso del Messale pre-conciliare – «liberalizzato» con il motu proprio del luglio 2007 – «ma sono di natura essenzialmente dottrinale». Preannunciando la decisione ufficializzata ieri, il Papa, nella sua lettera ai vescovi del 10 marzo, aveva scritto: «Con ciò viene chiarito che i problemi che devono ora essere trattati sono di natura essen­zialmente dottrinale e riguarda­no soprattutto l’accettazione del Concilio Vaticano II e del magistero post-conciliare dei Papi».
E aveva aggiunto: «Non si può congelare l’autorità magi­steriale della Chiesa all’anno 1962 – ciò deve essere ben chia­ro alla Fraternità.
Ma ad alcuni di coloro che si segnalano come grandi difensori del Concilio deve essere pure richiamato al­la memoria che il Vaticano II porta in sé l’intera storia dottri­nale della Chiesa.
Chi vuole es­sere obbediente al Concilio, de­ve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non può tagliare le radici di cui l’albero vive».

© Copyright Avvenire, 9 luglio 2009

Levada nuovo presidente Guido Pozzo segretario

La nuova Pontificia Commissione «Ecclesia Dei» ha come presidente il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il porporato William J. Levada, che prende il posto del cardinale Dario Costrillon Hoyos, il quale ha compiuto 80 anni sabato. Ieri il Papa ha poi nominato segretario monsignor Guido Pozzo (nella foto), 58 anni, triestino, alunno dell’Almo Collegio Capranica, sacerdote dal 1977, dottore in teologia dogmatica alla Gregoriana. Pozzo è dal 1987 officiale dell’ex Sant’Uffizio e dal 2003 segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale. È autore di un commento alla Lumen Gentium pubblicato da Piemme e coautore de «La teologia tra rivelazione e storia» delle Dehoniane. Scompare dall’organi­gramma la figura del vicepresidente: monsignor Camille Perl, 70 anni, è stato nominato canonico di San Pietro.

© Copyright Avvenire, 9 luglio 2009

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