lunedì 28 settembre 2009

Monito del Papa alle università: «No alle lobby della ricerca» (Tornielli)


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Monito del Papa alle università: «No alle lobby della ricerca»

di Andrea Tornielli

nostro inviato a Praga

Oggi la ricerca accademica è costretta «a piegarsi alle pressioni di gruppi di interesse ideologici e al richiamo di obiettivi utilitaristici a breve termine».
Nel secondo giorno della sua visita nella Repubblica Ceca Benedetto XVI torna professore, incontra il mondo accademico nella sala Vladislav del castello di Praga e pronuncia un discorso sul rapporto fede-ragione e sul ruolo del cristianesimo nella nascita dell’università. Ad ascoltarlo ci sono professori e studenti dell’ateneo Carlo, fondato nel 1347 da Clemente VI: in occasione dell’ultima visita nel Paese, nell’aprile 1997, Giovanni Paolo II donò al rettore l’originale della bolla di fondazione. Ratzinger riconosce il ruolo che gli universitari hanno avuto nel crollo del totalitarismo, e aggiunge: «Chi vi parla è stato un professore, attento al diritto della libertà accademica e alla responsabilità per l'uso autentico della ragione».
Il Papa, che ha fatto il suo ingresso nella sala preceduto dai professori in abiti variopinti ornati di ermellino, ricorda il ruolo che «le domande sollevate dalla religione, dalla fede e dall’etica» devono avere «nell’ambito della ragione pubblica», e afferma che «la libertà che è alla base dell'esercizio della ragione – in una università come nella Chiesa – ha uno scopo preciso: essa è diretta alla ricerca della verità». L’autonomia propria dell’università come di ogni istituzione scolastica, spiega Benedetto XVI, trova significato «nella capacità di rendersi responsabile di fronte alla verità». Ma quell’autonomia può essere vanificata «dalla riduttiva ideologia del materialismo, dalla repressione della religione e dall’oppressione dello spirito umano».
Ratzinger rilancia l’idea di «una formazione integrale, basata sull’unità della conoscenza radicata nella verità», per contrastare «la tendenza, così evidente nella società contemporanea, verso la frammentazione del sapere». Oggi la ragione «finisce per inaridire, quando si accontenta di ciò che è puramente parziale o provvisorio, oppure sotto l’apparenza di certezza, quando impone la resa alle richieste di quanti danno in maniera indiscriminata uguale valore praticamente a tutto. Il relativismo che ne deriva genera un camuffamento, dietro cui possono nascondersi nuove minacce all'autonomia delle istituzioni accademiche». Accade sempre più spesso, conclude il Pontefice, che «l'esercizio della ragione e la ricerca accademica» siano «costretti – in maniera sottile e a volte nemmeno tanto sottile – a piegarsi alle pressioni di gruppi di interesse ideologici e al richiamo di obiettivi utilitaristici a breve termine». «Cosa potrà accadere – si è infine chiesto Ratzinger, se la nostra cultura dovesse costruire se stessa solamente su argomenti alla moda, con scarso riferimento ad una tradizione intellettuale storica genuina o sulle convinzioni che vengono promosse facendo molto rumore e che sono fortemente finanziate?». Se la cultura si separa «dalle radici che le danno vita», le nostre società «non diventeranno più ragionevoli o tolleranti o duttili, ma saranno piuttosto più fragili e meno inclusive».

© Copyright Il Giornale, 28 settembre 2009 consultabile online anche qui.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Il mondo universitario è in mano ai "baroni", spesso poi si tratta di coloro che da studenti nel '68 criticavano proprio il "baronismo". I prof. sono degli intoccabili, quasi dei guru, in ossequio a quella visione della verità che fa dell'empirismo l'unico metro di veridicità. Uno straccio di "parere" di questo o quell'ateneo viene sbandierato da istituzioni o imprese per dare "peso" ad un prodotto o a un'azione politico/economica. Pagine e pagine spesso inutili, a volte scopiazzate di qua e di là. Corsi e a volte anche specializzazioni veramente fantasiosi, cattedre con pochi studenti, atenei di provincia che costano un sacco di soldi. Dottorandi sfruttati come pochi e senza prospettive di carriera futura, d'altra parte vi sono lavori di ricerca la cui utilità non viene valutata da nessuno. Intanto i vari Melloni, Sartori, Odifreddi, Mancuso, pontificano anche grazie alla loro "patente di scientificità" che agli occhi di tanti equivale anche infallibilità.
La sapienza non è la scienza.

un passante ha detto...

....e riconoscimenti e premi se li distribuiscono fra di loro, guardando più all'area di appartenenza politico-culturale che ai reali contenuti delle pubblicazioni