venerdì 11 settembre 2009

Obama, una biografia cattolica (Daniele Castellani Perelli)


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Obama, una biografia cattolica

Così la Chiesa ha influenzato la sua crescita

Daniele Castellani Perelli

Chi crede nel destino penserà magari che non sia un caso che Barack Obama sia nato il 4 agosto, che per i cattolici è la festa di San Giovanni Maria Vianney, un oratore di grande talento e di fama internazionale, in grado di attirare 20mila pellegrini ad ogni suo speech. Chi invece cerca segni più concreti della convergenza tra l’attuale presidente americano e la religione cattolica, troverà più interessante scoprire come la sua biografia e la sua educazione siano state profondamente segnate dall’incontro con la Chiesa di Roma.
Barack ha solo sette anni quando, nel 1968, ha il suo primo incontro con il mondo cattolico. Arrivato da pochi mesi in Indonesia insieme alla madre, frequenta una scuola elementare cattolica intitolata a San Francesco d’Assisi, che accoglie studenti di ogni religione.
La sua maestra di allora, Israella Darmawan, ricorda che, come tutti gli altri bambini, «Obama doveva pregare prima e dopo le lezioni, e farsi il segno della croce ». L’esperienza in qualche modo lo segna.
Sicuramente influisce sulla sua sensibilità, tanto che, come ha raccontato nelle sue memorie, sente una grande pietà per i tanti mendicanti che incontra allora per le strade di Jakarta, e diventa consapevole delle estreme sofferenze del mondo.
Obama e il cattolicesimo si incontrano di nuovo sul serio diversi anni dopo, e quasi per caso. L’Indonesia è ormai lontana. La vita porta Barack prima a Honolulu, poi a Los Angeles e New York. E infine in quella che sarebbe diventata la sua città, Chicago. Vi arriva nel 1985, stesso anno in cui trova lavoro come direttore del Developing Communities Project, un’organizzazione sociale di stampo religioso che, inizialmente, comprende otto parrocchie cattoliche del South Side, una delle zone più povere della città. Dal giugno del 1985 al maggio 1988 Barack è un community organizer, è impegnato in un’attività sociale che lo forma da un punto di vista umano e politico, al punto che, sempre in Dreams from my father, le dedicherà ben 150 pagine. In un’intervista a Catholic Digest, nell’ottobre del 2008, il futuro presidente ricorderà con affetto quegli anni, che lo misero a contatto con operai cattolici piegati dalla crisi dell’industria dell’acciaio: «Molto presto, in questo modo, la mia carriera si intrecciò con la fede nella giustizia sociale, che è così forte nella Chiesa».
Obama vive e lavora in un quartiere povero, e anche il suo ufficio è assai modesto.
Due stanzette senza finestra, ricavate nella canonica del Santo Rosario, sulla South Martin Luther King Drive. Delle sei parrocchie del Santo Rosario della città, questa è detta “l’irlandese”, perché una volta era tradizionalmente frequentata da immigrati irlandesi. La collaborazione con i preti e le famiglie cattoliche della zona è ottima: «Obama aveva certamente un grande rispetto per il sistema scolastico cattolico, specialmente nei casi in cui rappresentava l’unica alternativa per l’educazione dei più poveri – ha raccontato un sacerdote che, a quei tempi, dirigeva un istituto cattolico nello stesso quartiere – Riconosceva che le scuole cattoliche erano diventate uno strumento con cui i bambini potevano imparare a competere nella vita». Parole che trovano conferma in uno spot risalente alla campagna elettorale del 2004, in cui Obama si fa ritrarre in una scuola cattolica proprio per lodarne il sistema educativo.
Il rapporto con i cattolici è tale da indurlo a partecipare più volte alle messe del Santo Rosario. Nel primo anno, in particolare, il suo lavoro gira tutto intorno alla Chiesa, al punto che, negli anni successivi, qualcuno cercherà di attaccarlo definendolo «uno strumento dei cattolici».
Il lavoro di community organizer non sempre ispira simpatia. Non solo a Sarah Palin e John McCain, che nella campagna elettorale del 2008 ne faranno oggetto di facile derisione, ma anche a qualche prete del South Side. Uno dei quali una volta ha ricordato con queste parole l’incontro con Obama: «Ricevevamo in continuazione le loro telefonate. Poi mi chiamò questo ragazzo, che voleva incontrarmi.
Stabilimmo l’appuntamento, e io non facevo che chiedermi come avrei fatto a togliermelo di torno.
Ma invece di mezz’ora rimanemmo a parlare un’ora e mezza. Ero così impressionato dalla sua passione per la gente, ma ancora più mi colpiva la sua fede nella chiesa come luogo in cui le persone potessero incontrarsi e battersi gli uni per gli altri. Diceva che le chiese erano il luogo in cui la gente aveva riposto la proprio fiducia e la propria fede, e che noi dovevamo essere la squadra che dava loro una risposta».
Cresciuto senza un’unica e precisa educazione religiosa, Obama impara ad apprezzare il lavoro dei preti e delle suore, la loro attività in difesa dei poveri. È qui che nasce la convergenza con il pensiero sociale della Chiesa cattolica, è qui che si sviluppa quella sua “sensibilità cattolica” che lo porterà, da senatore dell’Illinois, a stringere amicizia con l’autorevole cardinale Joseph Bernardin, con cui Barack Obama, come ha ricordato nell’ottobre scorso, ha condiviso quella che in questi giorni è la battaglia più importante e delicata della sua presidenza. La battaglia per il «diritto di tutti gli americani all’assistenza sanitaria ».

© Copyright Europa, 11 settembre 2009 consultabile online anche qui.

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