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Parole forti quelle pronunciate ieri da Benedetto XVI

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Nell'omelia ha esortato i vescovi ad essere «servi» fedeli, prudenti e buoni

Elisa Pinna

CITTÀ DEL VATICANO

Papa Benedetto XVI, in una messa lunga quasi tre ore nella Basilica di San Pietro, ha parlato ieri dei problemi che affliggono la Chiesa, come del resto anche la società civile: tra questi ha indicato il fatto che «molti, ai quali è stata affidata una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità».
Parole forti, pronunciate davanti ad un'assemblea composta soprattutto da cardinali, vescovi e uomini di Curia e loro familiari: l'occasione era infatti il rito solenne di ordinazione di cinque nuovi vescovi, tutti personaggi del governo vaticano, tra cui mons. Gabriele Giordano Caccia e mons. Pietro Parolin, finora numero "quattro" e numero "cinque" della Segreteria di Stato della Santa Sede ed ora nuovi nunzi in Libano e Venezuela.
Nell'omelia, il Papa ha ricordato che Gesù è venuto nel mondo per servire ed ha dunque esortato i vescovi ad essere «servi» fedeli, prudenti e buoni. «Sappiamo come le cose nella società civile e, non di rado, anche nella Chiesa soffrono per il fatto che molti di coloro, ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità», ha detto Ratzinger ricordando a sostegno delle sue parole due parabole del Vangelo.
Una è quella del servo malvagio che si mette a «gozzovigliare e percuotere i dipendenti»; l'altra è quella del servo che sotterra le monete del padrone, per potersi dedicare «esclusivamente ai propri affari». Perciò, ha sottolineato, la «prima caratteristica, che il Signore richiede dal servo, è la fedeltà». «Il servo – ha insistito – deve rendere conto di come ha gestito il bene che gli è stato affidato. Non leghiamo gli uomini a noi; non cerchiamo potere, prestigio, stima per noi stessi». La seconda caratteristica di un vescovo , ha aggiunto, deve essere la «prudenza», non intesa come astuzia, ma come capacità di giudicare in base all'insieme «e non a partire da dettagli casuali». Infine, l'uomo di Chiesa deve essere «buono», nel senso del dialogo costante con Dio.
Non è la prima volta che Benedetto XVI parla chiaramente del carrierismo e degli altri mali che indeboliscono la missione della Chiesa cattolica: in marzo, in piena tempesta per il «perdono» da lui concesso ai vescovi lefebvriani (tra cui il negazionista Williamson), aveva scritto una lettera aperta in cui, riprendendo le parole dell'apostolo Paolo ai Galati, constatava che anche oggi nella comunità ecclesiastica, «ci si morde e ci si divora a vicenda».
Con le ordinazioni episcopali di ieri si ufficializza il nuovo assetto della Segretaria di Stato vaticana: mons. Piero Parolin, già sottosegretario ai rapporti con gli Stati, parte per la sede di Caracas. Il suo posto in Curia è stato preso da mons. Ettore Balestrero. Mons. Caccia, già assessore per gli Affari Generali, si reca a Beirut, rimpiazzato a Roma da mons. Peter Brian Wells. Wells e Balestrero completano adesso la squadra diretta dal segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, e già composta dal sostituto per gli Affari generali, mons. Fernando Filoni, e dal segretario per i rapporti con gli Stati, mons. Dominique Mamberti. Gli altri presuli consacrati ieri sono mons. Raffaello Martinelli, nuovo vescovo di Frascati, mons. Giorgio Corbellini, nuovo presidente dell'Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica, mons. Franco Coppola, nuovo nunzio in Burundi.

© Copyright Gazzetta del sud, 13 settembre 2009

Quella di marzo non e' una "lettera aperta" ma una lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica che restera' come pietra miliare non solo di questo Pontificato ma dell'intera storia della Chiesa (cosi' come tanti altri testi di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI).
R.