venerdì 11 settembre 2009

“La questione non finisce qui”. Sul caso Boffo e sul suo successore. I commenti di Magister e del prof. De Marco


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“La questione non finisce qui”. Sul caso Boffo e sul suo successore

La scelta del successore di Dino Boffo alla direzione di “Avvenire” compete all’editore del giornale, cioè alla conferenza episcopale italiana. Si prevede che la decisione finale sarà presa quando, il 21 settembre, si riunirà il consiglio permanente della CEI. Di questo direttivo non fa parte il cardinale Camillo Ruini. Ma è indiscutibilmente “ruiniano” e in continuità con Boffo il candidato numero uno della stessa CEI, Domenico Delle Foglie.
“Avvenire” infatti, con Boffo direttore, ha fatto tutt’uno col “progetto culturale” lanciato dalla CEI di Ruini, cioè con quello “sforzo gigantesco di trasformare il messaggio della Chiesa in cultura popolare”, come ha detto il rettore dell’Università Cattolica, Lorenzo Ornaghi, in un dibattito a Milano lo scorso 9 settembre.
Contro la nomina “continuista” di Delle Foglie si agita però un fronte variegato, con il Vaticano in prima fila.
La segreteria di Stato punta su tre candidati: Roberto Righetto, responsabile delle pagine culturali di “Avvenire” non sempre consonante con Boffo; Giacomo Scanzi, direttore del “Giornale di Brescia” e docente di giornalismo alla Cattolica, molto stimato da Giovanni Maria Vian che dirige “L’Osservatore Romano”; Gianfranco Fabi, vicedirettore del “Sole 24 Ore” e direttore di Radio 24.
Quest’ultimo potrebbe essere l’uomo del compromesso, nel caso in cui cadesse la candidatura di Delle Foglie. Fabi è esterno agli equilibri cattolici ed ecclesiastici ed è quindi il più accettabile sia dai ruiniani che dagli antiruiniani.
In ogni caso, la discussione sul futuro di “Avvenire” si intreccia con i giudizi sull’attacco sferrato contro Boffo e il giornale della CEI.
Il sito www.chiesa ne ha dato conto in tre servizi del 31 agosto e del 3 e 10 settembre.

Qui di seguito, ecco invece sul caso Boffo l’analisi inedita del professor Pietro De Marco:

*

1. Due schieramenti simmetrici, ora espliciti ora coperti, hanno caratterizzato lo scontro nella stampa e nell’opinione pubblica dopo l’attacco del “Giornale” a Dino Boffo (28 agosto), attacco portato in un teatro di polemiche e iniziative del “Giornale” stesso, di “Libero”, e del premier Silvio Berlusconi in prima persona.

Abbiamo da un lato lo schieramento dell’intelligencija, anzitutto sensibile alla denuncia di “Repubblica” e dell’”Unità” da parte degli avvocati di Berlusconi, ma abile nel situare subito la vicenda Boffo entro il mondo onirico della guerra antiberlusconiana e antigovernativa. A questo automatismo si sono conformate voci cattoliche del laicato militante e della politica, e qualche prelato. Per alcune di queste voci più che di cattocomunismo e cattocomunisti, formula desueta, bisognerebbe parlare di cattomanicheismo e cattomanichei.

Dall’altro c’è lo schieramento della stampa e di alcuni ambienti del centro-destra, in formazione di attacco: un “surge” deciso a replicare colpo su colpo alla lunga guerra aperta da “Repubblica” e dalla sinistra, e convinto delle ragioni dell’attacco di Vittorio Feltri al direttore di “Avvenire”.

Boffo è posto per gli uni come vittima e per gli altri come aggressore, in questo caso assieme a “la Repubblica” e De Benedetti, alla famiglia Agnelli, a D’Alema, magari a Fini, insomma al composito pantheon degli “dèi che cadono e si fanno molto male”, come titolava “il Giornale” del 6 settembre scorso.

È stato talmente comodo e conflittualmente efficace costringere Boffo in questo schema duale, che a pochi è parso utile ricordare che Boffo era altra cosa da un nemico per l’area di governo. Quello che Boffo ha detto ad Alfonso Signorini di “Chi”, fatto salvo il suo diritto a dissentire poi sui tagli e sulle accentuazioni cui il giornalista avrebbe sottoposto le sue frasi, esprime bene una arcinota verità: Dino Boffo e “Avvenire” non erano in nessun modo omologabili ai nemici del premier e del governo.

Una prima conclusione: Dino Boffo è stato vittima del cosiddetto “fuoco amico” ed è stato difeso da falsi amici.

Si è cercata la distruzione di Boffo, da parte di Feltri, perché lo si è preso per un nemico, nell’ansia di sparare a vista. Se ne è data, sull’altro fronte, una protezione contingente e strumentale.
Un errore, quello che ha portato al fuoco amico, con implicazioni pesanti quanto difficili da controllare. Proprio come nella frase attribuita a Boffo, non “minacciosa” ma facile prognosi: “La questione non finisce qui e avrà pesanti conseguenze anche sul fronte politico”.
Un errore, anzitutto. Basti pensare che Feltri ha ottenuto in un attimo il risultato che anni di circolazione intracattolica di un falso diffamatorio non erano riusciti ad ottenere. Ma non solo. Con l’autogol si offrivano alle sinistre, sia politiche che cattoliche, un pacchetto che comprendeva: la fine di Boffo e della sua sapiente moderazione di “Avvenire” e di altri media; la sanzione di una presunta “fine dell’età ruiniana”; il pretesto per una ennesima campagna contro Berlusconi liberticida e contro il governo; l’occasione per tutta la sinistra di mostrarsi “defensor Ecclesiae” e per i laicati cattolici critici, per gli scontenti della Chiesa “silenziosa e indulgente con premier e governo”, un motivo di alzare la voce e proclamare giunta la stagione della “Chiesa della profezia”, in concreto la mobilitazione dei fedeli, da parte di influenti cleri parrocchiali e organi di opinione ecclesiale, alla militanza contro la moderazione e l’intelligenza delle gerarchie e di “Avvenire”, oltre che contro il governo.

2. Ma vi è qualcosa di più complesso e di maggiore spessore. Il distruttivo attacco a Dino Boffo è un “lavoro sporco” di sinistra fatto da destra, a solo vantaggio della sinistra.
In effetti l’Anonimo, ovvero il falso rapporto che diffama Boffo, risulta da molti anni anticipato da lettere anonime equivalenti, inviate ai vescovi a più riprese. La comparsa di queste carte e la loro funzione evidente sono coincise col cambio di guardia nel governo dell’Università Cattolica (cioè con la nomina a rettore di Lorenzo Ornaghi, di cui è in scadenza nel 2010 il secondo mandato) e nell’Istituto Toniolo, che dell’università è l’ente fondatore e promotore, quando in fasi successive la componente laicale “cattolico-democratica” fu messa in minoranza. Boffo stesso entrava nel comitato permanente del Toniolo. Qualcuno non ha mai perdonato all’allora cardinale presidente della CEI, Camillo Ruini, questa profonda innovazione di uomini e indirizzi nell’ateneo dei cattolici italiani. Da tale ostilità, e non dai Sacri Palazzi immaginati à la Dan Brown, proviene il “coltello di Mackie Messer” di cui parla enfaticamente “la Repubblica”.
L’obiettivo errore diagnostico e strategico di Feltri e di alcuni ambienti conservatori anche cattolici ha prodotto così il successo di uno spericolato uso di dicerie e sospetti da parte di quei nemici reali di Boffo che oggi forse se ne dicono difensori ed estimatori. Il camuffamento dei fatti è tale che qualche ingenuo, nel mondo cattolico conservatore, ha fatto propria l’allucinazione feltriana di un “Boffo di sinistra” e ha pensato a una liberazione di “Avvenire”! Eppure in questa nuova e confusa situazione la risposta al “cui prodest” è inequivoca.
Lascio da parte la questione dei problemi di governo della conferenza episcopale italiana. Ritengo che si sarebbe potuto difendere Boffo con mosse che chiarissero subito l’assurda alleanza obiettiva di Feltri con un sottobosco ostile alla linea pastorale ed ecclesiale-politica del cardinale Ruini e alla sua eredità; un sottobosco con cui i vescovi non hanno propriamente a che fare. Occorreva, e occorre, far intendere “a destra” che si stava facendo un lavoro sporco a pro di molti nemici, e alle “sinistre” cattoliche di essere compromesse proprio con ciò che stavano deprecando.
Il nodo critico dell’Università Cattolica e del Toniolo, e la sconcia ritorsione di qualche anonimo per la sconfitta della parte “cattolico-democratica” in Cattolica, era e resta la dimensione politica della cosa, non gli eventuali peccati e reati di Boffo o qualche oscillazione di “Avvenire”. La volontà di non aggravare il disorientamento palese nel mondo cattolico ha certamente prevalso nella CEI, nella concitazione del dopo 28 agosto; purtroppo, però, a danno del discernimento veridico di quanto stava accadendo, della sua portata non contingente e pubblica (altro che “vizi privati” di un singolo!), e senza poter inibire la eventualità di altri calcoli spericolati e suicidi da ogni parte.

3. Le cose vanno considerate con respiro. Un patologico ipermoralismo da intelligencija invade da mesi, da anni, i quotidiani, i fogli di opinione e i siti della sinistra. L’opinione pubblica cattolica antigovernativa, anche di penna ecclesiastica, ne è coinvolta e si esprime ad esempio nei vaticini allarmistici di nuovo razzismo e fascismo. Il peggio è quando la lettura quotidiana della sfera pubblica è segnata da una discriminazione secondo il valore; e uomini e atti del potere avverso sono trasformati in “inimici” personali, non “hostes” pubblici e politici. Uno sviluppo perverso, entro l’equilibrio della politica occidentale, è che il privato del sovrano diviene politico, contro la dottrina classica dei due corpi del re. Così il privato è spiato non per tutelare alcuno o alcunché, ma per colpire l’avversario pubblico e il suo potere legittimo, tradendo le regole della sfera politica.
Un dualismo gnostico – a piena conferma del celebre teorema di Eric Voegelin – ha prodotto il mito di una presenza malvagia che ha contaminato il paese. L’intelligencija ha vissuto con angoscia la propria sconfitta nell’ultimo quindicennio politico come avvento di un universo alieno, sotto il dominio di un demiurgo inferiore, cieco e malevolente. L’odio dell’intelligencija alla persona del premier è odio ontologico. Anche Boffo era da anni un bersaglio, non minore, di questo odio, tradotto nelle forme e nei linguaggi del conflitto intracattolico.
Aver reso esecutivo da parte del “Giornale”, dunque dal lato di chi governa, ciò che nella prassi dell’intelligencija resta spesso solo un conato impotente di opposizione al Principe, è un tragico errore da non ripetere. Nell’abbondante letteratura sul “fuoco amico” vi è un capitolo importante su come distinguere senza errore, sul teatro delle operazioni, l’amico dal nemico. Sarà opportuno adattare analogicamente quelle tecniche di identificazione alla sfera politica, sperando e operando perché le numerose, e già leggibili, conseguenze dell’aggressione a Boffo possano essere neutralizzate o contrastate.

(Di Pietro De Marco, Firenze).

Settimo Cielo, il blog di Sandro Magister consultabile qui.

E' triste leggere di cordate e di schieramenti.
Cio' che conta e' che il nuovo direttore sia un professionista, meglio se proveniente da ambienti lontani al mondo ecclesiastico.
Meglio ancora se si tratta di un "ratzingeriano" ossia qualcuno che sappia apprezzare e valorizzare per bene i discorsi, le omelie e l'intero Magistero del Santo Padre.
La stampa cattolica ha bisogno di un giornalista con un profilo del genere.
Non posso dire, e mi dispiace, di essere molto soddisfatta di come vanno le cose sui media legati al mondo cattolico
.
R.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Dovresti leggere l'articolo di Antonio Socci, particolarmente ostile al card. Bertone, ma non stupisce vista la querelle sul Segreto di Fatima. E' uscito su Libero, ma è accessibile dal blog di Socci. Personalmente sento di concordare solo sul post scriptum finale:
C’est Fini !”: Galli, Mieli e la Chiesa
http://www.antoniosocci.com/

N.B.: bentornata! Hai un'ottima sostituta in Roberta.
Alessia

SERAPHICUS ha detto...

Sono senz'altro interessanti le riflessioni di de Marco.

Vorrei far notare solo una cosa (tutt'ora non risolta). Al di là di "moralismi" veri o presunti (ed io aborro ogni moralismo) la questione è una sola (alla quale nessuno ha dato né una risposta né una chiarificazione: le "accuse" di Feltri (e della "velina" da molto tempo conosciuta) hanno un fondamento o no? Mi pare una domanda semplice semplice, e mi risulta ovvio che - oltre e lontano da ogni moralismo - se "le accuse" fossero veritiere, la persona in causa non può rivestire un ruolo istituzionale all'interno della chiesa cattolica. Che poi ci sono altri giuochi politici che sono brutti, lo sappiamo tutti.

Ma il nocciolo della questione è questo: Nessuno (e dico: nessuno) può, in quanto rappresentante istituzionale della chiesa, investito di una certa funzione ufficiale, separare "il privato" dal "pubblico". Non lo può un qualunque impiegato di una istituzione della chiesa (scuola, parrocchia, lo stesso Vaticano), e non lo può un direttore del giornale della CEI. Punto e basta. O vogliamo addentrarci nei meandri della più assoluta ipocrisia?

Dunque: tutte le "difese" o "aggressioni" nei confronti del personaggio in questione sono futili se prima non è chiarita questa domanda. E aggiungo di più: la risposta alla domanda dovrà avere delle conseguenze anche per l'ufficio che la persona riveste tutt'ora nell'istituzione preposta all'Università Cattolica di Milano.

E mi domando: perché ci si ostina a non chiarire?

Poi:
Non capisco Raffaella quando dice: "ci vuole una persona lontano dal mondo ecclesiastico". Che cosa significa? Di quale lontananza si sta parlando? Lontano dall'editore? Lontano dal Vaticano? Lontano in che senso? In un senso politico? Ma non sarebbe molto meglio tralasciare aspetti di natura politica e concentrarsi su un onesto lavoro giornalistico che aiuti la chiesa in Italia e la Chiesa universale?

Raffaella ha detto...

Intendo dire lontano dai movimenti e da questo o quel prelato...una figura indipendente, onesta e senza pregiudizi verso alcuno.
R.

Fabiola ha detto...

Il Prof. De Marco ha scritto, con chiarezza e in modo organico, ciò che io penso dall'inizio di questo "caso". Boffo è stato "colpito" (parlo dell'informativa anonima che girava da tempo) da coloro che poi l'hanno difeso con accanimento, perché erano interessati, più che alla vittima, ad additare il presunto Grande Colpevole. Poi ci si è messa l'insipienza di Feltri che ha, oggettivamente, lavorato per quelli che avrebbe voluto attaccare. A voler essere troppo furbi...

SERAPHICUS ha detto...

Cioè un vero uomo/donna di chiesa ;-)

Raffaella ha detto...

Bingo :-)))
R.

Anonimo ha detto...

Siete veramente convinti che un personaggio dall'esperienza e dal pelo sullo stomaco alto come quello di Feltri, si sia fatto menare per il naso con tanta facilità? Converrebbe ricordare che l'attacco alla Chiesa è partito con la pubblicazione di Vaticano Spa del giornalista Nuzzi, ieri a Panorama, oggi anche al Giornale,
Alessia

sonny ha detto...

Per Alessia
Ri Bingo!

DANTE PASTORELLI ha detto...

Fo grande stima del prof. Di Marco.
Però...Boffo è stato o no condannato per molestie sessuali? Perché non querela Feltri in modo che si possan pubblicar le motivazioni della sua condanna?
E' dignitoso ed opportuno per la Chiesa mantener alla guida di un quotidiano che è la voce della CEI un personaggio con simili scheletri nell'armadio?
Si doveva aspettar lo scoppio del bubbone? Non sarebbe stato molto più proficuo, conoscendo i precfedenti, sostituir Boffo anni fa magari offrendogli qualche carica di minor importanza, influenza ed impatto mediatico di quelle che aveva e che tuttora onserva?

Davide ha detto...

Ruiniani... antiruiniani... mah, strana terminologia da Star Trek!