sabato 12 settembre 2009

Giovanni Maria Vian commenta l'omelia del Papa: Gli uomini nelle mani di Dio (Osservatore Romano)


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Gli uomini nelle mani di Dio

Durante l'ordinazione episcopale di cinque stretti collaboratori Benedetto XVI ha spiegato le letture bibliche, come fa nelle occasioni e nelle circostanze importanti.
E lo ha fatto con la consueta limpidità - una chiarezza che in Ratzinger si accompagna sempre alla profondità - usando il metodo dell'attualizzazione della Scrittura: un modo di spiegazione tradizionale nel cristianesimo sin dai tempi più antichi, che risale a Gesù stesso e affonda le sue radici nell'ebraismo.
Il Papa ha parlato ai nuovi vescovi e si è rivolto in questo modo alla Chiesa intera, svolgendo il servizio che è proprio del Pontefice, come ha sottolineato nella visita alla diocesi di Viterbo quando ha ricordato la figura del suo predecessore Leone Magno, il primo successore di Pietro di cui sia pervenuta quasi per intero la predicazione, rimasta esemplare nella tradizione della Chiesa di Roma.
Così Benedetto XVI ha spiegato ai fedeli presenti a San Pietro - come a tutti i cattolici e a quanti vogliano rivolgere la loro attenzione alle sue parole - il significato dell'essere vescovi e del servire, in ogni incarico di responsabilità, nella Chiesa. A partire dai segni della liturgia e dal senso profondo delle Scritture, convergenti nell'indicare che gli uomini sono nelle mani di Dio. A questo Dio bisogna tuttavia aprirsi - e questo significa il segno liturgico del silenzio - perché la ferita più grave è proprio la lontananza da lui.
Il compito dei vescovi e di chi vuole servire nella Chiesa è dunque prima di tutto quello di sanare la ferita della lontananza da Dio. Sull'esempio di Gesù, che descrive attraverso le parabole ciò che deve contraddistinguere quanti davvero vogliono essere servitori: fedeltà, prudenza, bontà.
Questo nella condizione umana imperfetta e segnata dal peccato non è certo facile - già al tempo di Paolo VI erano nelle comunità cristiane litigi tra correnti contrapposte - ma quanti sono chiamati alle diverse responsabilità hanno il dovere di lavorare non per se stessi, bensì per la comunità e per il bene comune. Mantenendo il cuore orientato profondamente a Dio, le cui mani accolgono e conservano ogni creatura umana.

g. m. v.

(©L'Osservatore Romano - 13 settembre 2009)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bisogna solo ascoltare in religioso silenzio e pregare dinnanzi a tanta bellezza