giovedì 12 febbraio 2009

“La Chiesa parla per metafore e non c’è più il popolo”. La sconfitta spiegata da intellettuali cattolici (Il Foglio)


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“La chiesa parla per metafore e non c’è più il popolo”. La sconfitta spiegata da intellettuali cattolici

Maurizio Mori, presidente della Consulta di bioetica, ha scritto sull’Unità che “Eluana ha rotto l’incantesimo della sacralità della vita”.
E’ l’essenza della vicenda: il caso Englaro ha spazzato via ciò che rimaneva di due millenni di civiltà costruita proprio sulla sacralità della vita intesa come “dono sempre buono in sé” introdotta dal cristianesimo. Le conseguenze di questa tabula rasa non riguarderanno solo i cristiani. Ma di certo l’immagine del giorno dopo – segnalata da vari editorialisti e puntualmente registrata nell’opinione pubblica corrente – è quella di una Chiesa non solo vulnerata – era già successo in passato – ma come vittima della sua stessa vulnerabilità. Di fronte all’attacco frontale reso esplicito da Mori, la chiesa non ha saputo opporsi o comunicare in modo convincente la sua posizione, è anzi stata additata come nemica del bene comune e dell’umanità. Non ha saputo far suonare le sue campane, né proporre un gesto di preghiera pubblica e nazionale. Le prese di posizione della gerarchia (non sempre coordinate, tra i toni aspri del cardinale Martino e le telefonate al Quirinale della segreteria di stato) sono state attutite nella pratica dalla melliflua retorica delle richieste di silenzio, che ha accomunato i parroci di tutta Italia al vescovo della più grande diocesi del mondo. Oppure dai silenzi veri e propri di gran parte del laicato e di quasi tutti gli intellettuali cattolici. Su tutto si è stesa come foschia la retorica di una “libertà di coscienza” trasformata nella foglia di fico del cedimento al pensiero corrente di quelli che la storica Marta Sordi chiama “i cattolici dei distinguo”. Se per certo tempo la chiesa ruiniana è sembrata battagliera e a tratti trionfante, il caso Englaro ha segnato la fine di un’epoca.

Da dove nasce questa vulnerabilità? Marta Sordi, che ha dedicato molti studi al cristianesimo antico e a come abbia saputo valorizzare il paganesimo creando un nuovo umanesimo, indica l’indubbia eccezionalità emotiva del caso: “La chiesa la sua voce l’ha fatta sentire per ciò che è nelle sue possibilità, cioè parlare alle coscienze. Ma non può certo imporre leggi”. Preferisce però puntare sull’ottimismo: “Questa volta l’impressione suscitata è stata così forte che spero serva a risvegliare le coscienze di tanti, soprattutto dei cattolici del distinguo. E infatti mi sembra che stavolta nella chiesa le voci di dissenso siano state molte meno”. Michele Lenoci, ordinario di Filosofia contemporanea alla Cattolica, distingue tra “l’essere vincenti sul piano politico-pubblico, che può anche derivare soltanto da una buona tattica, e l’essere convincenti, che è la questione molto più grave e di lungo periodo della chiesa”. Non è da oggi, insomma, che bisogna datare i segni di debolezza del cattolicesimo. Sabato scorso Lenoci era tra i relatori del convegno “Il caso E in Italia. Eluana, Eutanasia, Eversione”, organizzato dal Centro di Bioetica del suo ateneo: in verità, è stata una delle rare iniziative di rilievo pubblico che la cultura cattolica abbia saputo proporre in questo frangente.
“E’ indubbio che ci sia oggi una debolezza di consapevolezza e formazione, non tanto nella chiesa ma piuttosto nei suoi ‘intellettuali’, che poi diventa debolezza di incidenza pubblica”, spiega. “Prendiamo questo caso, ci sono cose su cui i vecchi moralisti avevano le idee ben chiare. Oggi invece una certa educazione non è più coltivata. Oggi la chiesa usa molte metafore, la vita come ‘dono’, la ‘coscienza’, ma i concetti sono più forti delle metafore. La coscienza va rispettata, certo, ma non può essere la metafora per dare ragione a tutti. E poi, un nemico acuto le tue metafore le sgonfia come un pallone. L’unico rimedio sta in una seria educazione”. Sacerdote e saggista, don Francesco Ventorino approfondisce ulteriormente i motivi di una vulnerabilità “che è del popolo cristiano”. Riflette: “Più che la domanda sul perché la chiesa non faccia delle battaglie culturali, io farei la domanda sul perché le perda quasi sempre. E la risposta è perché non c’è più un popolo cristiano che quelle verità cristiane le incarni, ne sappia dare ragione in una società in cui il cristianesimo è minoranza. La voce dei vescovi si è anche alzata, ma non è alzando la voce che si vincono le battaglie culturali. Si vincerebbero, semmai, se ci fosse un popolo con un’adeguata coscienza culturale della propria fede. Ma manca il popolo e manca la cultura.

© Copyright Il Foglio, 11 febbraio 2009 consultabile online anche qui.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Buon giorno a voi. Ho molto apprezato questa analisi sull'attuale situazione di debolezza della Chiesa. "..Coscienza culturale della propria fede.....Manca iol popolo e manca la cultura" Credo sia questa la chiave di lettura più plausibile per capire l'attuale situazione di debolezza della Chiesa. E' il problema della necessità - sostenuta ripetutamente da Papa Benedetto - della rilevanza "pubblica" della religione, che non deve rimanere relegata nel "privato".

Anonimo ha detto...

Credo abbia ragione, molto spesso noi parliamo una lingua che nessuno capisce e forse nemmeno noi stessi!!

euge ha detto...

Io credo che all'interno di questo articolo si debba fare un bel distinguo. Qui si parla di chiesa in generale; forse sarebbe meglio specificare che certi concetti non sono metafore almeno quelli espressi in modo chiaro e forte dal nostro Pontefice Benedetto XVI in più di una occasione.
Semmai, le metafore vengono usate da altri che cercano di stare con un piede in due staffe; un pò da parte della chiarezza ed un pò dalla parte del politicamente corretto; questo non solo riferito ai vescovi ed eventuali cardinali ma, anche e soprattutto a livello di parroci che hanno più contatto con quelle persone che, dovrebbero formare il popolo di Dio Che non esiste.
Il Papa usa parole inequivocabili è questa la differenza. Attenzione a questi articoli che potrebbero nascondere una velata accusa al Pontefice di usare parole difficili ed essere così poco comunicativo.

Anonimo ha detto...

Brava Eugenia! Hai centrato il problema che io, quando ho scritto il post, ho avvertito solo a livello inconscio! Infatti nel posti prima ho parlato di "Chiesa" e poi di Papa Benedetto! Questo scollamento è veramente drammatico, significa che ci stiamo abituando a questa brutta situazione in cui sempre più spesso il Papa viene lasciato solo.proprio da chi dovrebbe stargli più vicino...Continuiamo con le preghiere che lui ci ha chiesto...Carla

Anonimo ha detto...

Ho letto l'articolo di oggi di Brambilla sul Giornale dove si riportano alcuni passi del libro di un certo Mori(professore di bioetica che collabora anche sull'Unità) con la prefazione del padre di Eluana.
Beh,devo dire (anche se non me ne intendo) che da quelle parole si sente lontano un miglio una certa puzza di zolfo...
Davvero sconvolgente,soprattuto perchè le cose sono dette senza tanti giri di parole!
E poi le parole dette dal padre di Eluana sulle suore sono davvero sconcertanti!
Spero le abbia dette senza ragionare.
Antonio