martedì 10 febbraio 2009

Vian su Eluana: «Le parole che più sono entrate nel cuore di tutti sono quelle del Papa, la sua delicatezza» (Vecchi)


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Vian: come nei giorni di Moro rapito C'è stato un eccesso di ideologia

Gian Guido Vecchi

CITTÀ DEL VATICANO

Qual è la cosa peggiore che può capitare adesso, direttore?

«Continuare lo scontro ideologico, questa divisione a priori, le strumentalizzazioni da ogni parte. Bisognerebbe che questa morte richiamasse anzitutto al rispetto della morte stessa».

Giovanni Maria Vian, direttore dell'Osservatore Romano, non nasconde il proprio turbamento, «i miei cari, i miei amici sono morti in casa. Le preghiere, i rosari. L'Occidente rimuove la morte. Bisognerebbe tornare a morire in casa». Sera tardi, Vian è appena rientrato nella redazione del quotidiano della Santa Sede.

«Non me lo aspettavo. Si riteneva che questa agonia terribile potesse durare più a lungo. Si pubblicavano sinossi atroci, lo scorrere dei giorni di discussione della legge e l'evoluzione prevista verso la fine. Sembravano i giorni del sequestro Moro: la morte temuta arriva ma non te lo aspetti. L'agonia. Agonia
in greco significa lotta.... Un pensiero che viene ad ogni credente è di raccomandare Eluana a quel Cristo medico di cui ha parlato Benedetto XVI domenica. Cristo medico dei corpi e delle anime. Perché anche la carne è stata salvata da Cristo».

Dal Vaticano si invita soprattutto alla preghiera, alla riflessione...

«Le parole che più sono entrate nel cuore di tutti sono quelle del Papa, la sua delicatezza. Insieme a quelle del vescovo di Eluana, il cardinale Tettamanzi, del quale abbiamo pubblicato la bellissima lettera alle suore di Lecco: a loro che hanno cercato di rispettare fino all'ultimo la discrezione, il silenzio, il pudore».

È un atteggiamento che ha condiviso anche l'Osservatore. Che direbbe a chi lamentava un eccesso di tiepidezza?

«Ognuno ha le sue opinioni e le esprime legittimamente. Ma noi abbiamo ritenuto che la via migliore fosse questo cammino di attenzione vivissima e allo stesso tempo discreta. Non abbiamo nascosto certo il nostro punto di vista. Lo ha espresso benissimo una storica raffinata come Lucetta Scaraffia, sabato pomeriggio: era una riflessione sulla dignità della morte e sul senso della morte. La morte è forse la cosa più importante della vita. E non perché la scelta cristiana sia un "dolorismo" quasi masochista, come viene polemicamente presentata. Ma proprio perché non è una ideologia né in primo luogo una morale, come ha spiegato bene il Papa nella sua prima enciclica: è soprattutto un incontro con una persona, Gesù, il Figlio di Dio che ci ha rivelato il volto del Padre: facendosi carne e vincendo la morte».

C'è stata molta ideologia?

«C'è stata soprattutto ideologia. La nostra discrezione è stata anche una scelta non ideologica: la pacatezza per cercare di capire. Non si trattava solo di rispettare un invito al silenzio che non ha rispettato quasi nessuno, paradossalmente nemmeno coloro che lo invocavano ».

Per questo il segretario di Stato Tarcisio Bertone, telefonando al presidente Napolitano, ha distinto la posizione della Chiesa dalle polemiche politiche e istituzionali italiane?

«Per capire bisogna avere la pazienza di riflettere e di distinguere.
I vescovi italiani hanno parlato con chiarezza, a cominciare dal cardinale Angelo Bagnasco in un bellissimo editoriale su Avvenire. Lo stesso Papa ha certo seguito con trepidazione questa vicenda, come la può seguire un padre: parole belle e delicate, senza fare il nome di questa nostra sorella passata per un calvario lunghissimo».

Ma le polemiche non accennano a spegnersi, chi ha firmato, chi non ha firmato...

«La Santa Sede naturalmente ha il suo punto di vista, espresso dal nostro editoriale di domenica. Non ha nascosto la sua preoccupazione come non lo aveva fatto per la sorte terribile di Terry Schiavo. Ma davanti a questo scontro di cui abbiamo scritto, queste "polemiche e contrasti giudicati dagli analisti come inediti nella storia dei rapporti istituzionali dell'Italia repubblicana", il segretario di Stato ha tenuto a dirlo in prima persona, rispetto a prese di posizione che potevano essere equivocate: non veniva meno la stima per il presidente della Repubblica e non vi era alcuna volontà di interferire nelle vicende dello Stato italiano. Uno Stato sovrano che ha istituzioni nei confronti delle quali è convinto e profondo il rispetto».

E adesso?

«Ho letto che il Senato ha osservato un minuto di silenzio. Ecco, bisognerebbe prolungarlo. I parlamentari devono fare il loro lavoro di grande responsabilità, ma il raccoglimento deve durare. Il Papa conclude sempre l'Angelus recitando il Requiem».

© Copyright Corriere della sera, 10 febbraio 2009 consultabile online anche qui.

E' bello che finalmente si riconosca la delicatezza delle parole del Papa. Ringraziamo Vian per questo.
Ieri sera ho letto lanci di agenzia al limite del ridicolo: il Vaticano attacca, la Chiesa all'attacco!
Il Papa, in questo come in altri casi, e' stato delicatissimo.
Ha parlato come un padre, un pastore, non ha lanciato anatemi o appelli ad personam.
E' stato chiarissimo, limpido, ma nello stesso tempo tenerissimo.
Lo ricordi chi ancora scrive che non scalda i cuori...per piacere
!
R.

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