giovedì 23 aprile 2009

Conferenza dell'Onu. Buon senso della Chiesa (Brunelli)


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"Anselmo sa che a Pietro e ai suoi successori (e non ad altri) Gesù ha detto: “Conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,32); sa che a Pietro e ai suoi successori (e non ai vari opinionisti nella “sacra doctrina”, per quanto dotti e geniali) Gesù ha promesso: “Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,19); sa che a Pietro e ai suoi successori (e non all’una o all’altra colleganza ecclesiastica o culturale) Gesù ha dato il compito di pascere l’intero suo gregge (cf Gv 21,17)" (Monumentale omelia del card. Giacomo Biffi, Aosta, 21 aprile 2009)

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Conferenza dell'Onu
Buon senso della Chiesa


Lucio Brunelli

La disinformazione che ha accompagnato la preparazione e lo svolgimento della Conferenza Onu contro il razzismo è assolutamente sconcertante. E’ sembrato all’opinione pubblica che a Ginevra si andasse a celebrare un processo a Israele e che l’unico dilemma fosse schierarsi pro o contro le farneticazioni antisemite del presidente iraniano Ahmadinejad.
Date queste premesse, l’unica posizione moralmente valida non poteva che sembrare quella dei nove stati (fra cui l’Italia) che hanno deciso di boicottare i lavori della Conferenza.
Mentre al contrario vili o complici dovevano apparire tutti gli altri. Non pochi in realtà: tutta l’Africa, l’Asia, l’America latina, il mondo arabo e musulmano, un buon numero di paesi europei (fra cui Francia e Inghilterra) e naturalmente il Vaticano.
Ora, che opinioni diverse fossero possibili sulla Conferenza di Ginevra è assolutamente naturale. Ma lo stravolgimento della realtà no, questo dovrebbe indignare ogni persona dotata di un minimo senso di indipendenza intellettuale.
La prima disinformazione è stata condotta sul documento base della Conferenza, il cosiddetto Durban II.
Sui giornali italiani è stato pressocché impossibile reperire non dico il testo integrale ma almeno i suoi passaggi più importanti. Oggetto di una faticosa trattativa aveva in realtà accolto praticamente tutte le obiezioni mosse dal fronte occidentale. “Non si deve dimenticare l’Olocausto” recita il paragrafo 66. “Gli stati devono punire le attività violente dei gruppi neonazisti”, aggiunge il paragafro 60. Mentre al paragrafo 12, insieme alla chiara denuncia dell’antisemitismo compare la riprovazione dell’islamofobia e, per la prima volta, della ‘cristianofobia’.
Ai paesi occidentali aveva fatto problema l’inserimento di un paragrafo contro la ‘diffamazione delle religioni’, per il timore di una possibile limitazione della libertà di espressione. Anche su questo punto i paesi musulmani avevano ceduto.
Certo, il primo paragrafo rimandava ancora agli impegni della Conferenza di Durban del 2001, con la richiesta a Israele di porre fine all’occupazione dei territori palestinesi.
Ma nell’insieme, il nuovo documento, così emendato, appariva davvero “accettabile”.
Rovesciare il tavolo, lasciare le sedie vuote, non poteva che apparire, al resto del mondo, un atto di arroganza. Perché bisognerà pur decidere come l’Occidente intende rapportarsi con quella parte non secondaria del pianeta in cui vive più dei tre quarti della popolazione.
Dall’Asia all’Africa, dall’America latina al Medio Oriente: non si deve fare proprio alcun sforzo per immedesimarsi almeno qualche volta nel loro punto di vista? I paesi arabi e islamici hanno sottoscritto un documento che impegna (anche loro) al dovere di non dimenticare la Shoà. Non era questo un fatto nuovo, importante, da valorizzare? No, si è preferito nasconderlo.
Molto più facile centrare tutta l’attenzione sulle deliranti affermazioni di Ahmadinejad. Gravi, inaccettabili. Da condannare senza se e senza ma. Ma a quelle affermazioni aveva già risposto, in qualche modo, proprio il testo della dichiarazione finale.
Ieri il Corriere della Sera ha ospitato un editoriale di Sergio Romano che ci riconcilia con il buon senso: “Avremmo dovuto andare a Ginevra per affermare le nostre verità, rintuzzare le faziose parole di Ahmadinejad, separare i faziosi dai ragionevoli (esistono anche quelli), comprendere le ragioni degli altri, lasciare agli atti della Conferenza programmi e concetti a cui avremmo potuto fare riferimento in altri momenti e circostanze.
La Santa Sede lo ha fatto e ci ha dato, in questo caso, una lezione di laico buon senso”.

© Copyright Eco di Bergamo, 23 aprile 2009

Ottimo e ben documentato editoriale!
R.

3 commenti:

mariateresa ha detto...

sì, Brunelli è un giornalista da doppio slurp coi baffi.

Anonimo ha detto...

Forse vuol farsi perdonare un certo articolo uscito su Limes che riportava "rivelazioni" sul conclave del 2005. Ve lo ricordate? Ciò non toglie che, malgrado la slittata, è un ottimo e serio giornalista.
Alessia

mariateresa ha detto...

ero davvero convinta in buona fede che il Brunelli del conclave fosse un altro, ma ha ragione Alessia, è proprio questo Brunelli qui.
A questo proposito Magister

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/40137

Si vede che alla mia età si confondono i nomi.
Questo episodio, con Benedetto freschissimo di nomina, getta una luce profetica sulle rane dalla bocca larga.O sulle manovre in corso. O su tutte e due.