lunedì 7 settembre 2009

A Bagnoregio, città di San Bonaventura, il Papa invita a cercare Dio con una fede amica dell'intelligenza (Radio Vaticana)


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A Bagnoregio, città di San Bonaventura, il Papa invita a cercare Dio con una fede amica dell'intelligenza

Si è conclusa nella serata di ieri la visita pastorale di Benedetto XVI a Viterbo e Bagnoregio. Nel borgo che ha dato i natali a Giovanni Fidanza, poi fra Bonaventura, il Papa è giunto nel pomeriggio dopo la sosta di preghiera al Santuario della Madonna della Quercia. Nella concattedrale ha venerato la reliquia del braccio di San Bonaventura e dopo il saluto del sindaco e del vescovo, in Piazza Sant’Agostino ha incontrato la cittadinanza pronunciando un discorso su San Bonaventura. Il servizio di Antonella Palermo:

Venire a Bagnoregio ha significato per il Papa compiere un viaggio nel proprio passato spirituale e intellettuale. Il discorso che ha infatti rivolto alla cittadinanza nella piazza di Sant’Agostino è stato un affettuoso ricordo del francescano San Bonaventura, uno dei maestri per la sua formazione teologica. Instancabile cercatore di Dio, serafico cantore del creato, messaggero di speranza: questi i tratti salienti che il Santo Padre ha voluto evidenziare dalla sua terra natale.
Citando quella che fu la sua tesi di abilitazione all’insegnamento, San Bonaventura e la teologia della storia (ed. Porziuncola, 2006), il Papa ha sottolineato come “alla sapienza, che fiorisce in santità, Bonaventura orienta ogni passo della sua speculazione e tensione mistica”.
Bonaventura vive nel 1200 una fede “amica dell’intelligenza” che diventa vita nuova secondo il progetto di Dio. E’ a questo modello che Benedetto XVI, da sempre affascinato ai temi del dialogo tra fede e ragione, ha voluto rimandare i teologi e i sacerdoti di oggi:

“Traccia così un percorso di fede impegnativo, nel quale ‘non basta la lettura senza l’unzione, la speculazione senza la devozione, la ricerca senza l’ammirazione, la considerazione senza l’esultanza, l’industria senza la pietà, la scienza senza la carità, l’intelligenza senza l’umiltà, lo studio senza la grazia divina, lo specchio senza la sapienza divinamente ispirata’”.

“Questo cammino di purificazione – ha spiegato il Papa alla luce de 'L’itinerario della mente a Dio’ opera fondamentale di Bonaventura – coinvolge tutta la persona per arrivare, attraverso Cristo, all’amore trasformante della Trinità”. A pochi giorni dalla Giornata per la Salvaguardia del Creato, Benedetto XVI è tornato a rilanciare la necessità di una riscoperta della bellezza del creato come dono divino”:

“Quanto sarebbe utile che anche oggi si riscoprisse la bellezza, il valore del creato, alla luce della bontà e della bellezza divine! In Cristo l’universo stesso, nota San Bonaventura, può tornare ad essere voce che parla di Dio e ci spinge ad esplorarne la presenza; ci esorta ad onorarlo e a glorificarlo in tutte le cose (cfr. ibid. I,15). Si avverte qui l'animo di San Francesco, di cui il nostro Santo condivise l'amore per tutte le creature".

“Sperare è volare”, dice San Bonaventura. “Chi spera deve alzare il capo rivolgendo verso l’alto i suoi pensieri, verso l’altezza della nostra esistenza, cioè verso Dio”. Questo il brano di uno dei sermoni del Doctor Seraphicus, scelto da Ratzinger per sottolineare – come ha fatto nella sua Enciclica Spe Salvi - la necessità di una “speranza affidabile”:

“Solo questa 'grande speranza -certezza' ci assicura che nonostante i fallimenti della vita personale e le contraddizioni della storia nel suo insieme ci custodisce sempre il 'potere indistruttibile dell’Amore'. Quando allora a sorreggerci è tale speranza non rischiamo mai di perdere il coraggio di contribuire, come hanno fatto i Santi, alla salvezza dell’umanità, aprendo noi stessi e il mondo all’ingresso di Dio: della verità dell’amore e della luce”.

A Maria, invocata proprio come Stella della Speranza, il Papa aveva rivolto la preghiera recitata al Santuario della Madonna della Quercia. Affidando alle claustrali della Tuscia le preghiere per la nascita di nuove vocazioni e per i sacerdoti – nell’anno a loro dedicato – Benedetto XVI si è congedato da questa terra lasciando un’eredità spirituale e una testimonianza a lungo attese.

Per un bilancio della visita ascoltiamo il vescovo di Viterbo, mons. Lorenzo Chiarinelli, al microfono di Antonella Palermo:

R. – La preparazione e l’attesa sono state molto intense, ma l’evento ha superato sia l’attesa che i desideri più profondi del cuore. L’incontro con il Papa ha avuto una dimensione profondamente ecclesiale: il successore di Pietro, che incontra una comunità di credenti. E si è palpata questa dimensione soprattutto nella celebrazione liturgica, dove il coinvolgimento, il silenzio, l’intensa preghiera si coglievano immediatamente in chiunque. Questo è stato uno dei momenti più belli per tutti, anche per gli osservatori più estranei. E allora il cuore si è riempito, perché è intorno all’Eucaristia che la Chiesa rivela tutta se stessa e da lì trae forza per il suo cammino.

D. - Quali frutti spirituali, Eccellenza, Viterbo e Bagnoregio possono portare con sé dopo questa visita?

R. – Il frutto importante, che non è sempre facile cogliere, è proprio questo: che la Chiesa, potremmo dire quasi con una formula, “sia sempre più Chiesa”, e cioè lo spazio dove il Signore ha la sua accoglienza e rivela la potenza del suo dono, e proprio per questo è in grado di essere nel mondo segno e strumento di un’umanità che si rinnova e di una società più fraterna. Le due realtà sono collegate: laddove l’autenticità del credere - e il Papa molto ha insistito sulla fede – diventa più profonda, lì, la germinazione sul piano sociale, culturale, delle relazioni e della convivenza umana diventa più profonda. Ecco perché il Papa dice: “Siate credenti e questo farà germogliare la pienezza del messaggio del Regno di Dio”.

D. – Qual è stato il momento che lei personalmente ha vissuto con particolare partecipazione emotiva?

R. – Ecco, potrebbe essere un’elencazione molto lunga questa, ma oltre al momento eucaristico, che è stato di grande densità, ce ne sono stati due. Uno, l’ingresso nel Conclave, perché l’abbiamo voluto spoglio, e questa nudità stava ad indicare che quello è il luogo privilegiato dello Spirito Santo, e con il Papa, laddove sono stati eletti cinque Papi. In questa sala nuda con le cinque effigi c’è stata grande emozione. E poi il ricordo del cammino del teologo Ratzinger, dagli anni ’50, con Bonaventura. Questo, credo, abbia toccato profondamente anche la memoria e le corde più vive del cuore di Benedetto XVI, che ci ha fatto uno dei regali più belli che potevamo attendere.

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